Guardarsi dentro con l’introspezione

L’introspezione coinvolge una sorta di auto-osservazione cosciente e riflessiva, spesso per comprendere meglio se stessi, le proprie motivazioni, e le proprie esperienze.

La parola introspezione deriva dal latino e significa letteralmente “guardare dentro”. L’introspezione è un processo mediante il quale un soggetto cerca di esaminare e spiegare il più oggettivamente possibile le componenti della propria esperienza cosciente. In altre parole, l’introspezione si riferisce al riflettere su se stessi, attraverso l’osservazione interiore dei propri pensieri e sentimenti. Anche se spesso non ce ne rendiamo conto, usiamo le tecniche di introspezione quotidianamente. Gli esempi di introspezione includono i momenti in cui ci fermiamo a pensare, oppure l’insieme delle immagini che produciamo prima di addormentarci e persino le esperienze emotive.

Origini filosofiche del pensiero introspettivo


L’introspezione non è un concetto nuovo. E’ possibile rintracciare l’origine del pensiero introspettivo già nel mondo dell’antica Grecia. Gli antichi filosofi sono stati i primi a suggerire l’importanza dell’indagine psicologica interiore. Socrate credeva che le persone dovessero operare una riflessione profonda per arrivare alla conoscenza di sé, rappresentata dal suo famoso motto “Conosci te stesso“. Credeva che la verità morale potesse essere scoperta in modo più efficace esaminando i propri pensieri e sentimenti più intimi. Platone, un allievo di Socrate, ha portato questo concetto ancora più avanti. Ha suggerito che la capacità umana di ragionare e formare pensieri logici coscienti fosse l’unica strada per scoprire la verità.

Origini dell’introspezione in psicologia


Quando la psicologia è nata come scienza autonoma rispetto alla filosofia, verso la fine dell’800, ha utilizzato l’introspezione come primo metodo per studiare la psiche umana in modo razionale e oggettivo. W.Wundt, considerato il padre della psicologia moderna, utilizzava il metodo dell’introspezione per comprendere e studiare la mente e i suoi processi di base. Grazie ai suoi esperimenti presso il laboratorio di Lipsia, nel 1879 Wundt ha permesso alla nascente psicologia di affermarsi come disciplina scientifica segnando l’avvio della psicologia sperimentale. I suoi studi miravano a quantificare le componenti di base della coscienza umana scomponendole nelle loro strutture più semplici. Per questo la sua scuola di pensiero è denominata strutturalismo.

Il metodo dell’introspezione di Wundt


Wundt misurava il tempo di reazione di un soggetto a uno stimolo esterno come un lampo di luce o un suono. Per superare il problema della soggettività delle risposte Wundt ha introdotto requisiti molto specifici per rendere l’introspezione un vero e proprio metodo di ricerca scientifico. I soggetti sperimentali venivano quindi addestrati per essere in grado di riferire in modo preciso le loro reazioni agli stimoli. Anche le condizioni ambientali erano importanti: Wundt utilizzava solo stimoli ripetibili e attentamente controllati. Infine, poneva solo domande che richiedevano una risposta positiva o negativa oppure chiedeva agli osservatori di premere un tasto per rispondere.

Il metodo dell’introspezione di Titchener


Edward B. Titchener, uno allievo di Wundt, fu il primo a usare formalmente il termine strutturalismo. Sebbene Titchener utilizzasse l’introspezione come principale strumento investigativo, non era completamente d’accordo con il metodo di Wundt. Titchener pensava che quantificare la coscienza fosse un compito troppo difficile. Quindi si è concentrato sull’osservazione e l’analisi delle componenti della mente chiedendo agli individui di descrivere le loro esperienze coscienti. Titchener ha studiato tre stati di coscienza: sensazione, idee ed emozioni. Ai soggetti chiedeva di descrivere le proprietà della loro coscienza sulla base di questi elementi e segnava le risposte per arrivare a formulare la sua teoria. Ad esempio chiedeva ai soggetti di stare in una stanza estremamente fredda per 15 minuti. Lo psicologo poteva chiedere di descrivere pensieri, sensazioni corporee o emozioni provate in quella stanza. Titchener è stato l’ultimo a utilizzare l’introspezione come metodo principale nella psicologia sperimentale. Dopo la sua scomparsa, questo metodo è stato criticato per essere troppo soggettivo e inaffidabile.

Il metodo dell’introspezione di Mary Whiton Calkins


Mary Whiton Calkins, la prima donna ad essere presidente dell’American Psychological Association (APA) è stata una delle psicologhe che non ha rinunciato a usare l’introspezione nella sua ricerca nonostante le forti critiche rivolte al metodo. Calkins aveva studiato con William James, il fondatore di una scuola di pensiero chiamata funzionalismo, ma non ha potuto conseguire la laurea ad Harvard, perchè in quell’epoca l’università non accettava le donne. Nonostante Calkins non usasse l’introspezione come metodo principale nella sua autobiografia del 1930 ha dichiarato: “le stesse scienze fisiche si basano in ultima analisi sulle introspezioni degli scienziati; in altre parole, le scienze fisiche, lungi dall’essere del tutto libere dalla soggettività, devono descrivere i loro fenomeni nei termini talvolta diversi di ciò che i diversi osservatori vedono, sentono e toccano.” Calkins credeva infatti che qualunque scienza che crede di essere oggettiva non potrà mai esserlo veramente in quanto gli scienziati sono prima di tutto dei soggetti. Secondo Calkins il sé cosciente doveva essere la base dello studio della psicologia e ciò l’ha portata a sviluppare una teoria introspettiva personalistica secondo cui coscienza ed esperienza del sé vengono studiati in relazione agli individui stessi.

Sebbene l’uso dell’introspezione per raccogliere prove psicologiche si sia dimostrato imperfetto, non si possono ignorare i contributi dell’introspezione allo studio della psicologia. L’introspezione può essere un modo efficace per accedere all’autoconoscenza e all’autoconsapevolezza in molte forme di terapia utilizzate oggi. Inoltre, diverse discipline psicologiche odierne utilizzano l’introspezione come approccio supplementare alla ricerca e al trattamento, tra cui la psicologia cognitiva e la psicoanalisi.

Il valore dell’introspezione nella conoscenza di sè


Anche se il metodo introspettivo introdotto dai primi psicologi della storia è oggi considerato superato e poco efficace, l’introspezione rimane una questione molto affascinante che merita di essere approfondita. Alcuni studiosi credono che l’introspezione sia vicina ad una sorta di processo percettivo diretto verso l’interno anziché verso l’esterno. Goldman, ad esempio sostiene l’idea che l’introspezione sia un processo percettivo che coinvolge l’attenzione: “L’attenzione sembra agire come un organo di orientamento nell’introspezione, analogo al vedere con gli occhi o all’annusare con il naso“. Ma cosa significa dire che l’introspezione è come la percezione? Sotto quali aspetti? Come sottolinea Shoemaker, per molti aspetti l’introspezione non coinvolge un organo dedicato come l’occhio o l’orecchio, ma necessita di un approccio della mente rivolto verso una credenza o un desiderio. E’ come se si potesse riuscire a monitorare attraverso rappresentazioni mentali i contenuti di questi processi che portano a sviluppare emozioni o desideri. Un interessante studio condotto dagli psicologi Nichols e Stich dimostra ad esempio che le persone autistiche pur avendo una conoscenza teorica molto scarsa della mente, riescono a monitorare molto bene i loro stati mentali come dimostrato dalla loro capacità di descrivere se stessi nelle autobiografie o in altre forme di self-report. Al contrario, le persone schizofreniche sono ottimi teorici degli stati mentali ma monitorano molto male i propri stati mentali, ad esempio non riescono a riconoscere determinate azioni come proprie e si sforzano di riferire o negare l’esistenza di alcuni loro pensieri.

Come imparare a guardarsi dentro?


Decidere di dedicarsi ad una conoscenza più approfondita di se stessi è una formula vincente per aumentare il senso di autostima, la percezione positiva di sè e migliorare il rapporto con gli altri. Ci sono moltissimi modi per entrare in contatto più profondo con il nostro sè. La letteratura, l’arte, la musica, il cinema ad esempio sono strumenti incredibili che servono a stimolare la riflessione interiore. Molte delle considerazioni che facciamo su di noi provengono dall’esperienza di una lettura particolarmente intensa o dalla visione di un film emozionante. Per questo motivo per entrare in contatto con il proprio mondo interiore si può attingere all’intera produzione artistica fatta di quadri, poesie, romanzi introspettivi o film psicologici capaci di sollecitare il processo di sviluppo dell’autocoscienza. Il mondo dell’arte, attraverso i suoi simboli, è capace di indurci a sviluppare un pensiero su noi stessi e stimolare anche una riflessione più razionale su quello che stiamo vivendo emotivamente. Allo stesso modo, anche in assenza di particolari problemi o bisogni contingenti, può essere utile iniziare un percorso psicologico con l’obiettivo di scoprire nuove parti di sè e conoscersi più in profondità.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.