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Afefobia: ovvero il fastidio di essere toccati

L’afefobia è la paura del contatto fisico o di essere toccati/di toccare. In quanto fobia, non indica una semplice paura, ma una reazione emotiva spropositata di fronte a un evento generalmente ritenuto normale o inoffensivo. 

Ma perché hai paura di essere toccata o toccato

In breve, se hai paura di essere toccata o toccato, potresti avere altre problematiche come un disturbo da stress post-traumatico, un disturbo evitante o un disturbo della personalità. 

A parere degli studiosi, infatti, l’afefobia si accompagna non di rado a queste e ad altre condizioni patologiche. In alternativa, potresti aver vissuto traumi relativi al contatto.

Come risolvere il problema dell’afefobia?

Si consiglia di seguire un percorso terapeutico capace di individuare le cause profonde del problema e di risolverle attraverso il lavoro in studio o online. Scendiamo più nel dettaglio.

Afefobia: definizione

Come accennato, l’afefobia può essere generalmente definita come fobia del contatto. Ma qual è la vera differenza tra una fobia e una paura

Lì dove la paura è una reazione emotiva naturale ad una situazione di pericolo o difficoltà, la fobia è una paura irrazionale, immotivata e dal contenuto invadente. 

Così, per esempio, se una persona ha timore di essere toccata da una persona violenta o potenzialmente pericolosa, non può essere definita afefobica.

Al contrario, se la paura si presenta in svariati contesti quotidiani, senza essere giustificata, si può a ragione parlare di afefobia.

Quali sono i sintomi dell’afefobia?

I sintomi dell’afefobia ricordano molto da vicini quelli di una crisi d’ansia. Questo perché, di fronte all’evento stressante, il soggetto fobico può sperimentare precisamente ansia, panico, sudorazione, tachicardia, nervosismo, nausea, sensazione di perdere il controllo, etc. (cioè i sintomi tipici di un attacco d’ansia).

In alternativa, l’afefobico potrebbe sperimentare pensieri invadenti o rimuginio

 Per rimuginio, si intende n tipo di riflessione eccessiva che può causare preoccupazioni di tipo ossessivo.

Così, l’afefobico potrebbe trascorrere moltissimo tempo a pensare all’oggetto della fobia, andando a peggiorare il proprio quadro clinico.

Rimuginare

L’afefobico potrebbe, altresì, rimuginare su ogni possibile evenienza (es. “Dovrò toccare qualcuno oggi? E se mi stringeranno la mano? E se dovessi incrociare un vecchio amico?”). Il rimuginio si presenta quindi come una soluzione disfunzionale:

  • per far fronte all’ansia di un possibile contatto; 
  • per cercare di prevedere possibili eventi stressanti;
  • proprio perché il rimuginio fornisce una apparente sensazione di sollievo dalla fobia.

A lungo andare, però, il rimuginio non solo non aiuta il soggetto, ma rende il pensiero fobico ancora più invadente e totalizzante. 

Effetti collaterali

Oltre a causare evidente disagio personale, sia psichico che emotivo, l’afefobia può avere effetti collaterali anche gravi sulla vita del soggetto colpito. 

Per esempio, negli adulti, l’afefobia può rendere impossibile o molto difficile intrattenere relazioni personali di natura amorosa. Ricordiamo infatti che l’afefobico non teme il contatto fisico per paura, ma in maniera del tutto irrazionale e incontrollata: questo timore può quindi riguardare anche il proprio partner.

Negli adolescenti, invece, l’afefobia potrebbe causare problematiche relazionali sia in ambito familiare che scolastico. Molti genitori si domandano infatti: perché mia figlia non vuole essere toccata?

La risposta è proprio questa: perché soffre di afefobia.

Come si cura l’afefobia?

Di fronte ad una problematica tanto invalidante, viene naturale chiedersi: come si cura l’afefobia?

Purtroppo, come testimoniano alcuni studiosi, la letteratura clinica sull’afefobia è ancora molto limitata. Così, la problematica viene generalmente inquadrata in quanto sintomo secondario di altre patologie, tra cui: 

In generale, l’afefobia potrebbe essere causata da eventi traumatici occorsi nel passato (come violenze subite o percepite). Questi eventi possono riguardare: molestie, violenze sessuali, umiliazioni fisiche, etc.

La problematica potrebbe anche essere causata dal modello relazionale esperito con le proprie figure di riferimento (es. i genitori). 

Dato che ogni caso è diverso, per scoprire una specifica causa di afefobia, ti consigliamo di rivolgerti ad un terapeuta.

Terapia psicologica

Per curare l’afefobia è quasi sempre necessario intraprendere un percorso terapeutico. Questo perché, non di rado, l’afefobia è causata da eventi che riguardano le memorie o i vissuti profondi dell’individuo. 

Una buona idea è quella di intraprendere un percorso di terapia breve strategica, un tipo di intervento mirato – prima di tutto – alla gestione della sintomatologia clinica.

Molto in generale, la terapia breve strategica tenta di lavorare sui comportamenti disfunzionali per andare a modificare le credenze disfunzionali (e non il contrario). Così, per far superare la fobia del contatto ad un afefobico, si tenterà di farlo agire in contrasto con la propria fobia. 

Per esempio si tenterà, in ambiente controllato, di fargli avere brevi e progressivi episodi di contatto. Scoprendo di non avere nulla da temere, a lungo andare l’afefobico modificherà anche la credenza virtuale (cioè la fobia vera e propria).

In alternativa, è possibile affidarsi ad un analista: si cercherà di lavorare su possibili vissuti traumatici per condurre il paziente alla verbalizzazione e al conseguente superamento del trauma. 

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.