Stili di pensiero disfunzionali: come smettere di rimuginare

A tutti noi è capitato, almeno una volta nella vita, di essere posti di fronte a una scelta che non riusciamo a prendere con facilità, oppure a una situazione che ha degli esiti incerti e non sappiamo dove potrà portarci. Pensare a tutti i possibili risultati che deriveranno da una decisione, così come cercare di anticipare le conseguenze di eventi accaduti, sono tendenze che fanno parte della natura dell’essere umano, che ricorre alla razionalità per controllare la sua vita e ciò che teme. Questo processo ha una funzione protettiva, quella di evitare di esporci a comportamenti pericolosi, ma può anche diventare un meccanismo disfunzionale che prende il nome di rimuginio.

Se stai dando troppo spazio all’anticipazione di ciò che deve ancora accadere e temi cosa conseguirà da un tuo comportamento o una tua decisione preoccupandoti in continuazione, di seguito potrai sapere di più su come funziona il rimuginio e come smettere di rimuginare.

Che cosa vuol dire rimuginare?

Per iniziare, potremmo definire il rimuginare come una riflessione anticipatoria che raggiunge livelli eccessivi, fino a diventare una preoccupazione quasi ossessiva. Quando stai rimuginando, pensieri negativi continuano a fare intrusione nella tua mente e non riesci a scacciarli in modo da trovare un po’ di pace. La sensazione che ti rimane è di perdita del controllo sui tuoi processi mentali: senti di non poter fare a meno di fare questi pensieri e non sai come allontanarli.

La riflessione che mettiamo in atto di fronte a qualcosa che produrrà un risultato incerto, infatti, è funzionale ad attivare una sorta di problem solving che ci vuole preparare ad agire in modo efficace qualsiasi sia l’esito finale. Ma quando il futuro viene visto solo come minaccioso, automaticamente si riescono a mettere a fuoco solamente i problemi, in modo che anche le decisioni più semplici diventano, ai nostri occhi, potenziale fonte di guai. È a questo punto che la riflessione diventa rimuginio, associato a un tono emotivo ansioso.

Durante il rimuginio attiviamo una specie di dialogo interno: verbalizzare è un ottimo strumento per fare chiarezza su inconvenienti e possibili esiti e anche per esplicitare le varie ipotesi. Rimuginare quindi è una strategia che mettiamo in atto allo scopo di gestire le nostre ansie cercando di razionalizzarle, il problema è che questo processo può diventare la base per una patologia a sfondo ansioso, in cui la catena di pensieri negativi è così solida che non riusciamo a interromperla, e le riflessioni intrusive continuano a oltranza, rubandoci tempo ed energie mentali e causando delle sofferenze a livello emotivo.

Quando rimuginare diventa problematico?

Ti stai chiedendo quali sono i disturbi ai quali il rimuginio si associa più spesso? Fondamentalmente parliamo di molti dei disturbi che nel DSM-5 (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali) vengono classificati nel capitolo dei disturbi d’ansia, come il disturbo da ansia generalizzata, in cui la persona è tormentata da un continuo rimuginare che viene attivato dagli stimoli più svariati. Altri esempi sono il disturbo d’ansia sociale o la fobia specifica, in cui il target della preoccupazione è invece molto ristretto (come le situazioni sociali o un qualsiasi oggetto specifico). Infine, le preoccupazioni ossessive possono anche riguardare la paura di ammalarsi, come nel caso del disturbo d’ansia per la salute, conosciuto anche come ipocondria.

Tutti questi casi hanno in comune una iperattivazione del rimuginio che la persona non riesce a interrompere e che, a sua volta, determina una serie di comportamenti disfunzionali nel tentativo di gestire la propria ansia. Infatti, la differenza tra il rimuginare normale e quello patologico risiede proprio nell’intensità e nell’invadenza delle preoccupazioni. Non solo i pensieri negativi assorbono molto del nostro tempo che passiamo a preoccuparci senza poter fare nulla per modificare la situazione, ma hanno anche un elevato costo in termini di risorse cognitive e possono limitare fortemente la libertà di azione. Questo perché si sviluppa una sorta di preoccupazione per il preoccuparsi, che riteniamo possa diventare ingestibile. Allora, per evitare di trovarci in questo stato d’animo, semplicemente evitiamo le situazioni che potrebbero causarci ansia.

Rimuginare non è una strategia che ci aiuterà a risolvere i problemi: prova a far caso a quali sono gli oggetti dei tuoi rimuginii, e noterai che sono sempre gli stessi. Probabilmente si tratta di minacce che sono ipotizzate solo a livello teorico ma non hanno un reale fondamento. L’unico risultato è quello di sottrarre energia a funzioni importanti come la memoria di lavoro, l’attenzione, la concentrazione e la capacità di risolvere problemi. Inoltre, il rimuginio ha ripercussioni anche sul benessere, dal momento che si associa a una serie di sintomi fisici. Tra questi sono inclusi insonnia, tensione muscolare, mal di testa, irritabilità, agitazione e ipertensione arteriosa.

Come si smette di rimuginare?

Se pensi di soffrire di un disturbo d’ansia, la soluzione migliore di te è rivolgerti a un esperto. Ad esempio, Serenis ti propone l’affiancamento di uno psicologo o di una psicologa per portare avanti un percorso di supporto psicologico o psicoterapia in modalità online allo scopo di trovare l’origine delle tue ansie e sviluppare delle strategie per ridurre il loro impatto sulla tua vita. Ma ci sono anche dei piccoli accorgimenti che puoi adottare in autonomia per smettere di rimuginare, o almeno ridurre in modo significativo questo processo.

Per prima cosa, sappi che la tua mente non smette di rimuginare perché in fondo percepisci questa dinamica come utile a trovare una soluzione mentre, al contrario, prendere tutto come viene e rassegnarsi ad aspettare semplicemente le conseguenze delle proprie azioni e scelte ti sembra equivalente a disinteressarsi del problema. Ecco perché smettere di rimuginare è così difficile. Ma la realtà è diversa: il rimuginio è basato su un livello astratto, mentre per trovare una soluzione è essenziale spostarsi sul piano concreto. Quindi, invece di smettere del tutto di preoccuparti, prova a cambiare approccio modificando le domande che ti poni. Ad esempio, pensa a come potresti agire concretamente per affrontare una certa situazione. Sicuramente è una riflessione più utile.

In secondo luogo, prova a chiederti altrettanto concretamente perché stai rimuginando. Le ragioni che ti spingono al rimuginio, infatti, possono essere le più diverse. Può darsi che riflettere intensamente sui possibili scenari ti dia la sicurezza di non arrivare impreparato, o forse speri di trovare una soluzione, ma considera che nella maggior parte dei casi rischi di produrre delle conseguenze negative, come avvertire sentimenti di impotenza e di essere bloccato in un’anticipazione del futuro che non puoi prevedere. Spesso, inoltre, un’altra conseguenza è scivolare nella procrastinazione per evitare ciò che temi. Chiediti se il tuo rimuginare ha davvero uno scopo utile.

Il terzo suggerimento, quindi, è quello di separare il rimuginio utile da quello inutile: cosa può indurre ad agire per apportare miglioramenti alla situazione? Cosa invece non serve o può addirittura essere nocivo e dare luogo a emozioni negative, ad esempio aumentando l’insicurezza?

Una volta compiuto questo passaggio, quando ti accorgi che il rimuginio smette di essere funzionale, cerca di impegnare le tue energia in modo diverso, spostando la tua attenzione su altro. Scegli un’attività che ti fa stare bene e ti aiuta a ritrovare la calma. Molto indicate sono le attività fisiche o quelle che si svolgono all’aperto, perché ti consentono di concentrarti maggiormente sulle sensazioni corporee.

Stimolare i sensi è funzionale perché spostare il focus sul corpo o una sua funzione attiva aree del cervello specifiche, riducendo l’attivazione di quelle che danno origine al rimuginare. Nello specifico, l’area che si accende maggiormente con i pensieri negativi è la corteccia prefrontale, che viene collegata all’amigdala quando si producono le preoccupazioni ossessive. L’elaborazione delle informazioni che arrivano al corpo attraverso gli organi di senso recide questa connessione.

Infine, l’ultimo passo coincide con il prendere realmente in mano la situazione, senza limitarsi a cercare di tenere la mente occupata per evitare di rimuginare, ma prendendo l’iniziativa di affrontare ciò che si sta evitando. Rimuginare, infatti, porta ad alimentare l’ansia per i comportamenti e le scelte che potrebbero essere fonte di disagio. Quindi, ogni volta che cerchi di evitare qualcosa o qualcuno, prova a riflettere sul perché lo stai facendo. Pensa anche che i comportamenti di evitamento implicano delle rinunce e delle limitazioni della libertà. Portano quindi sempre più svantaggi che vantaggi: vale la pena vivere nella preoccupazione illudendosi di ridurre la sofferenza?

La psicoterapia online di Serenis

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Revisori

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Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.