Nel mondo della psicoterapia esiste un numero impressionante di approcci, tra i quali rientra anche quello sistemico relazionale, detto anche sistemico famigliare. Il suo punto cardine è l’osservazione dell’individuo non come entità separata ma come persona inserita all’interno di un contesto di gruppo caratterizzato da una cultura comune e da dinamiche ben definite, ovvero la famiglia.
Se vuoi saperne di più, continua a leggere e scoprirai che cos’è e come funziona la psicoterapia sistemico relazionale.
Indice dall’articolo
La base teorica della psicoterapia sistemico relazionale
Come tutti gli approcci, anche la psicoterapia sistemico relazionale prende le mosse da una teoria che ne ha dettato i principi nel corso del tempo e del suo sviluppo. Il suo primo nucleo era la terapia generale dei sistemi, proposta da L. von Bertalanffy alla fine degli anni ‘60, esponente della rinomata Scuola di Palo Alto.
La teoria generale dei sistemi sostiene l’esistenza di una correlazione tra tutti i fenomeni che si osservano e, per questo motivo, i singoli elementi non possono essere analizzati singolarmente perché l’insieme non è dato dalla somma delle parti, ma le relazioni che intercorrono tra queste contribuiscono a renderlo ciò che è. All’interno delle relazioni umane questo significa che una realtà complessa, come una famiglia, è ciò che si osserva anche per via delle dinamiche comunicative che si instaurano tra i suoi membri.
In questo modo, si crea un sistema cibernetico caratterizzato da azioni e feedback (o retroazioni), che corrispondono all’effetto delle prime. In particolare, le retroazioni negative hanno un carattere conservativo, che mantiene lo stato iniziale del sistema, mentre quelle positive determinano un cambiamento. Il presupposto è che quando il sistema in questione è una famiglia, la tendenza è quella del mantenimento: ogni oscillazione si conclude poi con il ritorno all’equilibrio perché la famiglia tendenzialmente non varia la sua struttura.
Tra i maggiori esponenti della teoria sistemica troviamo J. Haley, che formulò la teoria del controllo. Haley pose l’accento sull’importanza della comunicazione come strumento che, in un sistema, si serve dell’interazione allo scopo di influenzare l’altro e controllare la relazione.
Anche in Italia ci sono stati importanti rappresentanti della teoria sulla quale si basa la psicoterapia sistemico relazionale, tra i quali ricordiamo Mara Selvini Palazzoli e Maurizio Andolfi. La prima, insieme al suo gruppo di Milano, ha ideato un vero e proprio modello, che prevede la successione di sei stadi in cui il comportamento disfunzionale di un membro della famiglia diventa, alla fine, espressione di una sintomatologia di malessere.
Andolfi, invece, è il fautore del modello sistemico trigenerazionale, secondo il quale la famiglia è un organismo con un proprio ciclo vitale, il cui sviluppo si dispiega in diverse fasi evolutive. Tutte sono accomunate dalla presenza di compiti evolutivi che richiedono di essere superati, ma possono comportare delle trasformazioni che rischiano di causare uno squilibrio. Ogni cambiamento richiede quindi di essere sottoposto a una riorganizzazione dei suoi effetti, in modo da arrivare di nuovo a un equilibrio, secondo un passaggio che si svolge in tutte le generazioni e viene tramandato attraverso un modello intergenerazionale.
La psicoterapia sistemico relazionale: il metodo
A partire dalla teoria generale sistemica e dagli sviluppi che ha visto nel corso degli anni, è stato poi sviluppato il metodo della psicoterapia sistemico relazionale. Questo approccio ha portato una grande novità nel mondo della salute mentale, introducendo un nuovo modo di vedere l’individuo non come singolo ma come immerso all’interno di un insieme di relazioni: l’attenzione si sposta dalla psiche della persona alla modalità con cui interagisce e si relaziona nel suo sistema, ovvero la famiglia.
Inoltre, l’accento non si pone più sul passato, come era, ad esempio, per la psicoanalisi, ma sul qui e ora, che determina una catena di reazioni circolari che riguardano tutti gli elementi del sistema, stretti in una relazione che compone la famiglia, dalla quale il singolo paziente non può essere separato.
La famiglia non solo è il punto di riferimento per comprendere l’emotività della persona, in quanto primo luogo di sviluppo e di esperienza, ma rappresenta anche il contesto culturale di primaria importanza. Va da sé che se uno dei suoi componenti esterna un sintomo, questo non è segno di un disagio individuale, ma di una dinamica disfunzionale che riguarda tutto il sistema o una sua parte.
Il sintomo, insomma, diventa messaggero di una sofferenza estesa, che deve essere risolta attraverso il coinvolgimento diretto di tutti gli attori del sistema famigliare: ciascuno deve metterci del suo per migliorare la situazione perché ogni comportamento del singolo determina una retroazione con conseguenze collettive.
Psicoterapia sistemico relazionale per la famiglia
Dal filone principale della psicoterapia sistemico famigliare se ne è sviluppato uno ulteriore, che sottolinea in modo particolare come questo approccio, di fatto, prenda in carico la famiglia per aiutare un paziente: la psicoterapia sistemico relazionale famigliare, basata sul principio che ciascun membro all’interno della famiglia contribuisca a determinare il benessere o il malessere emotivo di tutti gli altri componenti.
Il metodo di questo approccio prevede l’adempimento di diversi obiettivi:
- guidare la famiglia a comprendere meglio le dinamiche che la caratterizzano e il ruolo di ciascun membro nel sostenerle;
- individuare, all’interno del sistema, quali sono le risorse e quali le criticità;
- mettere a fuoco gli obiettivi da perseguire e le strategie per raggiungerli;
- potenziare le capacità comunicative per rendere il sistema più efficace e in grado di superare le difficoltà.
Il punto chiave, quindi, è individuare i modelli di comportamento e di interazione che ciascun componente apprende, anche dalle generazioni passate, e adotta come pattern costante. Nei momenti di passaggio e di crisi, queste modalità possono dimostrare le loro debolezze, ed ecco che è necessario allora riequilibrare le dinamiche in modo da ritrovare un equilibrio.
Ma non sempre l’apprendimento di nuove strategie funzionali comporta la capacità, da parte della famiglia, di applicarle con successo in autonomia. In questi momenti di particolare difficoltà la psicoterapia sistemico relazionale famigliare può essere una risorsa preziosa, anche per affrontare situazioni atipiche, come un lutto, una separazione o la presenza di una psicopatologia conclamata da parte di un membro.
Per farlo, il professionista si serve di alcuni strumenti:
- la storia trigenerazionale, coinvolgendo tre generazioni, dai nonni ai nipoti, in un percorso di psicoterapia collettiva;
- l’organizzazione della struttura della famiglia e della comunicazione tra i membri;
- l’analisi della funzione del sintomo nel mantenimento dell’equilibrio famigliare;
- la definizione della fase del ciclo di vita in cui il sistema si colloca.
Che cosa fa lo psicoterapeuta sistemico relazionale?
L’intervento di psicoterapia sistemico relazionale viene effettuato da uno psicologo specializzato in psicoterapia con questo approccio. Nonostante esistano diversi sottogruppi che determinano diverse modalità con le quali l’intervento viene realizzato, tutti hanno un fondamento in comune, che riguarda il modo in cui il sintomo viene interpretato come la manifestazione di una tensione a livello emotivo, dovuta alla presenza di un conflitto più o meno palese.
In pratica, lo sviluppo del sintomo ha uno scopo preciso, ovvero distogliere l’attenzione della famiglia sulle dinamiche disfunzionali interne per concentrarle sulla persona che manifesta la sofferenza. È, allo stesso tempo, un campanello di allarme per tutti, che indica la presenza di un problema, e una proposta di soluzione per disinnescare i potenziali rischi del problema stesso. Questa finalità mantiene in vita il sintomo, rendendolo funzionale al mantenimento dell’unità della famiglia.
Il lavoro dello psicoterapeuta sistemico relazionale consiste, in primo luogo, dell’esame approfondito della situazione presente, in un’ottica trigenerazionale in cui i singoli passaggi possono influenzare le dinamiche anche sul lungo termine. Lo scopo dell’intervento è guidare la famiglia attraverso l’apprendimento di strategie di interazione e comunicazione che possano rappresentare una soluzione al conflitto che si è creato.
Insomma, l’oggetto della psicoterapia sistemico relazionale non è la sofferenza del singolo: questa viene trascesa per portare l’attenzione sul vero problema che scatena il sintomo, ovvero le dinamiche dell’intero sistema. In questo modo, il destinatario del percorso non è il singolo, ma tutta la famiglia, che si trasforma anche in agente attivo del suo stesso cambiamento, del quale lo psicoterapeuta è guida e promotore.
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