Ailurofobia: significato e psicologia della paura dei gatti

Affrontare l’ailurofobia può portare a una maggiore tranquillità e libertà emotiva, consentendo di vivere senza l’ansia e il disagio associati alla presenza dei gatti.
fobia dei gatti

L’ailurofobia può essere definita come la fobia dei gatti.

In quanto fobia, l’ailurofobia tende ad essere persistente e ingiustificata.

Le cause dell’ailurofobia possono riguardare: episodi traumatici vissuti durante l’infanzia, associazioni simboliche, altre problematiche.

Leggi tutto l’articolo per maggiori informazioni. Una volta letto, speriamo che tutti i tuoi dubbi su questa condizione siano chiariti e che possa esserti utile nel comprendere e affrontare l’ailurofobia, se la stai vivendo o se conosci qualcuno che ne è affetto.

Ailurofobia: una definizione

Il termine ailurofobia deriva dal greco: lì dove aílūros significa ‘gatto’ e fobia significa paura. Chi soffre di questa sindrome, tende ad avere una paura irrazionale dei gatti.

La paura non è giustificata dal comportamento del gatto: anche di fronte ad un esemplare visibilmente inoffensivo, l’ailurofobico può sperimentare sintomi quali angoscia, ansia, nei casi più gravi attacchi di panico e altro ancora.

Questa fobia, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, è molto comune: tanto che è entrata a far parte anche dell’immaginario cinematografico e televisivo.

Ma perché alcuni soggetti hanno paura dei gatti?

La paura dei gatti: cause

Molto spesso, le fobie sono causate da credenze e/o fantasie di cui il soggetto fobico non è pienamente consapevole. Anche nel caso dell’ailurofobia, le cause possono riguardare le credenze o le memorie profonde di un individuo.

Così, per esempio, la fobia dei gatti potrebbe essere causata da un vissuto spiacevole o traumatico.

Vissuto traumatico

Per vissuto traumatico, si intende un vissuto critico che il soggetto non ha saputo metabolizzare in maniera corretta. Per fare un esempio: se, durante l’infanzia, abbiamo vissuto un particolare evento (es. siamo stati rifiutati da un genitore), e non abbiamo saputo processare l’evento sul piano psicologico ed emotivo (es. “Un genitore che rifiuta un figlio non lo ama”), potremmo finire per sviluppare una fobia, una paura irrazionale o una falsa credenza (es. “L’amore implica il rifiuto”).

Qual è il ruolo delle fobie o delle false credenze?

La fobia ha dunque il ruolo disfunzionale di difendere il soggetto da una consapevolezza ritenuta inconsciamente pericolosa (es. “Il genitore X non mi amava”), che viene sostituita con una fobia o una falsa credenza (“L’amore implica il rifiuto”).

La stessa cosa accade nel caso dei gatti. Se, durante l’infanzia, siamo stati feriti o graffiati da un gatto, potremmo sviluppare timore irrazionale di venire feriti di nuovo. Dovremmo invece metabolizzare l’evento nella maniera che segue:

  • Può accadere che un gatto usi gli artigli.
  • Ciò non implica che avverrà, di nuovo, in futuro.

Associazioni simboliche

Secondo altri studiosi, l’ailurofobia sarebbe causata da un processo di associazione simbolica capace di suggestionare l’individuo in maniera inconscia. 

Com’è noto, fin dall’antichità i gatti sono legati all’ambito del sovrannaturale e addirittura del diabolico. Nella civiltà egizia il gatto è un animale considerato divino, che intrattiene un rapporto privilegiato con Iside e con Osiride.

Nel Medioevo, il gatto nero è invece considerato come un adepto di Satana: moltissimi Papi, in epoca medievale, ordinavano di bruciare i gatti neri durante le feste o le occasioni popolari.

Associazioni e fantasie inconsce

Alcuni ailurofobici potrebbero inconsciamente essere influenzati da questo genere di credenze. Potrebbero così ritrovarsi a sperimentare angoscia e ansia di fronte ai gatti pur senza poterne spiegare o comprendere le ragioni.

Come si cura l’ailurofobia?

Rispetto ad altre fobie, l’ailurofobia non appare tanto invalidante nella vita quotidiana. Eppure, i soggetti che ne soffrono, possono percepirla con frustrazione e addirittura con vergogna o imbarazzo.

Domandiamoci allora: come si cura l’ailurofobia?

In primo luogo, se la fobia è dovuta ad un trauma passato, è consigliabile lavorare sul trauma con l’aiuto di uno specialista. In tal modo, venendo a capo del vissuto traumatico, si riuscirà anche a liberarsi della fobia e del suo ruolo disfunzionale.

Se invece non è accaduto alcun evento traumatico, il consiglio è quello di avvicinarsi ai nostri amici felini con rispetto a con la dovuta cautela.

Conoscere per non avere paura

Se vuoi superare l’ailurofobia, potresti informarti sugli animali che tanto temi: guardare documentari sull’argomento potrebbe essere d’aiuto. Ciò è dovuto al particolare funzionamento del nostro cervello.

La paura funziona, detto vagamente, in questa maniera: l’amigdala stabilisce il contenuto emotivo di una certa esperienza. Per esempio, stabilisce che l’evento X è pauroso. Allora invia specifici input ai muscoli, al sistema nervoso, etc.

A questo punto l’ippocampo analizza nuovamente l’evento, per decretare se la paura sia o meno giustificata. Se percepisce che l’evento non è pericoloso, l’ippocampo “inibisce” la reazione dell’amigdala e dunque la paura.

Ciò è, a conti fatti, quello che accade quando guardiamo un film dell’orrore. Sperimentiamo paura (input dell’amigdala), ma poi percepiamo che questa paura non è giustificata (si tratta, appunto, solo di un film). 

Conclusione

Con i gatti vale lo stesso discorso. Se noi ci informiamo sui nostri amici felini, e scopriamo che sono per la maggior parte inoffensivi, possiamo fare in modo di inibire automaticamente la risposta dell’amigdala.

Così – pur potendo sperimentare un iniziale timore – ci ricorderemo in seguito che si tratta solo di un gatto… e non di una tigre del Bengala.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.