La fobofobia (dal greco phobos, fobia) è un termine che talvolta viene utilizzato in modo informale, ma non è comunemente riconosciuto nella pratica clinica o nei manuali diagnostici ufficiali, come il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione).
Il suo significato esatto può variare a seconda del contesto in cui viene utilizzato:
- in un contesto più letterale, il termine “fobofobia” potrebbe essere interpretato come la paura della paura stessa. In altre parole, potrebbe indicare un’ansia o un timore generalizzato legato al concetto stesso di sentirsi spaventati o ansiosi;
- in un contesto più colloquiale, la “fobofobia” potrebbe essere usata per indicare la paura di sviluppare o sperimentare fobie specifiche. Ad esempio, una persona che ha sviluppato una fobia in passato potrebbe temere ulteriori esperienze fobiche.
Chi ne soffre sperimenta un grande carico di angoscia all’idea di avere una fobia o di sperimentarne i sintomi fondamentali, evidenziando una possibile correlazione con problemi relativi al controllo dell’ansia e agli attacchi di panico. Questi ultimi possono essere collegati anche ad altre tipologie di fobie, come:
- agorafobia (paura degli spazi aperti);
- claustrofobia (paura degli spazi chiusi);
- emetofobia (paura di vomitare o assistere al vomito);
- aerofobia (paura di volare).
Di conseguenza, il fobofobico ha paura di provare sensazioni d’ansia legate a un disturbo fobico o a una patologia. Allo stesso tempo, può avere paura di sviluppare una nuova fobia evitando tutte le situazioni potenzialmente pericolose o causa di psicopatologie.
In questo articolo esamineremo i principali aspetti legati a questa fobia. Una volta letto, speriamo che tutti i tuoi dubbi su questa condizione siano chiariti e che possa esserti utile nel comprendere e affrontare la fobofobia, se la stai vivendo o se conosci qualcuno che ne è affetto.
Fobofobia: scendiamo nel dettaglio
Il termine fofofobia indica due tipi di paure:
- quella legata al possibile sviluppo di una nuova fobia;
- quella legata alla possibilità di sperimentare i sintomi tipici dell’ansia o di una paura.
Chi ne soffre ha quindi un duplice timore e mette in pratica altrettante soluzioni disfunzionali o di evitamento affinché non debba incontrare l’oggetto stressante.
Il fofobico ha da un lato un legame con l’ipocondria; mentre, dall’altro lato, soffre di una particolare forma di ansia anticipatoria.
Per ansia anticipatoria, intendiamo un disturbo legato a scenari futuri. Per il fofofobico, questi scenari implicano la possibilità di sperimentare sintomatologie legate ad altri disturbi fobici.
Paura della paura: i sintomi
La maggior parte delle volte, chi soffre di fobofobia vive già un disturbo fobico e conosce a perfezione i sintomi dell’ansia e del panico. Ha quindi timore di sviluppare una nuova psicopatologia e di trovarsi ad affrontare le stesse sensazioni negative legate ad un nuovo oggetto/situazione.
Il fobofobico potrebbe non soffrire di alcuna patologia pregressa, ma vivere con il timore di svilupparne una. Anche in questo caso, il timore non è direttamente legato alla prospettiva della patologia, ma ai sintomi che potrebbe causare.
Tra questi ricordiamo:
- tremori;
- aumento della frequenza cardiaca;
- respirazione difficoltosa e sensazione di svenimento;
- formicolio;
- inquietudini.
- attacchi di panico;
- vertigini;
- nausea;
- sudorazione intensa.
Può allora mettere in pratica delle soluzioni disfunzionali come l’evitamento delle situazioni che potrebbero portare effetti indesiderati.
Parliamo di situazioni legate per esempio alla:
- claustrofobia;
- agorafobia;
- nosofobia.
E altre ancora.
Questa tentata soluzione potrebbe limitare fortemente il soggetto fobofobico e portarlo a sviluppare problematiche a lungo termine:
- isolamento;
- auto-limitazione;
- disturbi relazionali e sociali;
- evitamento di situazioni potenzialmente causa di ansia e sensazioni di disagio.
Fobofobia e ipocondria
Da un certo punto di vista, la fobofobia è legata all’ipocondria: cioè una condizione patologica di estrema preoccupazione per il proprio stato di salute.
Al contrario dell’ipocondriano però, il fobofobico vive tale preoccupazione riguardo a prospettive future.
Quali sono le cause della fobofobia?
Le cause della paura di avere paura sono variegate e possono comprendere:
- genitori ansiosi o con disturbi fobici: si parla in questo caso di apprendimento osservativo. Le reazioni delle persone che ci sono vicine a stimoli neutri, possono modificare le nostre risposte a quegli stessi stimoli;
- genitori iperprotettivi;
- esperienze traumatiche, come lutti, malattie e simili.
Anche forti carichi emotivi, non metabolizzati dal punto di vista psicologico, possono portare allo sviluppo di fobofobia.
Come i disturbi d’ansia, anche le fobie specifiche possono essere generate da cause subliminali che vanno poi a scaricarsi in atteggiamenti compulsivi.
Quanto dura la fobofobia?
Le fobie specifiche non hanno una durata predefinita. Questo significa che potrebbero svanire con il passare del tempo o, molto più comunemente, peggiorare con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni.
Il funzionamento della fobia è questo:
- un oggetto/situazione/animale/persona causa in me una risposta emozionale patologica;
- al fine di gestire la risposta emozionale, continuo a riflettere sullo stimolo perché riflettere fornisce la sensazione di gestire meglio le emozioni;
- a lungo andare, la riflessione sullo stimolo diviene compulsiva e può portare allo sviluppo di rimuginio e pensieri invadenti.
Il fobofobico potrebbe allora trovarsi a pensare all’oggetto stressante in ogni momento della giornata, limitando fortemente la propria libertà personale.
Fobofobia: ipotesi di cura
Se la fobofobia è causata dal rapporto con una figura genitoriale, si tratterà di indagare a fondo lo stile di attaccamento dell’individuo e di modificarlo di conseguenza. In alternativa, si potrebbe andare a lavorare sul disturbo d’ansia che è alla base della fobia specifica.
Ad oggi, la terapia cognitivo-comportamentale e quella breve strategica sono tra gli approcci più efficaci nella gestione e nel trattamento delle fobie.
Anche la psicoterapia junghiana è considerata un approccio valido alla decostruzione delle difese (psicopatologie) che l’individuo sviluppa nel corso della sua esistenza.
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