Lasciare casa dei genitori: un processo complicato

Il processo di distacco dalla casa dei genitori è spesso complicato e può risultare doloroso per i giovani d’oggi. Tanto più che la crisi da COVID-19, la crisi finanziaria e altri elementi hanno contribuito a generare un generale senso d’insicurezza nella popolazione più giovane.

Eppure il distacco è necessario sia dal punto di vista dei genitori, che devono abituarsi alla maturazione emotiva e psicologica dei loro figli, che dei figli stessi, i quali hanno il dovere di svincolarsi dalla situazione di dipendenza emotiva ed economica per avviarsi verso il compimento dell’età adulta.

Capita spesso che siano i genitori a rivolgersi ad un terapeuta, per affrontare i momenti di solitudine che si possono vivere in seguito al distacco; altre volte, invece, sono i giovani che cercano supporto per affrontare l’allontanamento o per non ferire i genitori durante questa fase delicata.

Ne parliamo approfonditamente nel corso dell’articolo. Speriamo che, al termine della lettura, tu abbia trovato tutte le informazioni che stavi cercando.

L’equazione del distacco dai genitori

Il distacco dalla casa genitoriale funziona come un’equazione, il cui risultato dipende da molti fattori che hanno interessato la vita familiare fino a quello specifico momento.

Per esempio, se si vive in un contesto familiare di forte codipendenza, potrebbe essere maggiormente doloroso abbandonare un genitore in difficoltà o con problematiche di alcolismo o tossicodipendenza.

Ciononostante, anche in condizioni di benessere familiare, svincolarsi può risultare difficile. Ricordiamo che la casa familiare è l’ambiente in cui è probabilmente avvenuta la costruzione della base sicura durante l’infanzia: lasciare la casa, a un livello metonimico non raro nelle dinamiche interiori, può far percepire sensazioni di spaesamento e di profonde metamorfosi.

Consapevolezza

Prima di lasciare la casa genitoriale, è necessario un lavoro di consapevolezza e di dialogo con gli altri membri della famiglia. Ciò può avvenire sia da parte del genitore, che deve supportare il figlio in questo momento complicato; che da parte del figlio, il quale deve sforzarsi di comprendere i sentimenti di smarrimento che possono presentarsi in una madre, in un padre, in un fratello o in una sorella.

Fondamentale comprendere che lasciare la casa dei genitori non significa distaccarsi emotivamente da loro, ma da un luogo fisico certamente ricco di memorie e di significato interiore.

Il luogo rimarrà vivo e presente: saranno le dinamiche ad essere mutate.

Ciononostante, una separazione attuata nel modo corretto non inficia in nessun modo i rapporti interpersonali familiari; mentre una separazione traumatica o priva di dialogo può andare a erodere anche le relazioni più forti e apparentemente stabili.

Da parte del genitore è necessario non mettere in pratica dinamiche di manipolazione come:

  • colpevolizzare il figlio;
  • esplicitare il profondo bisogno che si vive per farlo sentire in colpa;
  • cercare di ritardare il momento del distacco con ogni mezzo possibile.

D’altro canto, anche il figlio ha importanti responsabilità:

  • se desidera lasciare la casa familiare, come sottolineato, deve instaurare un dialogo sano e una comunicazione assertiva se la situazione lo richiede;
  • se invece non vuole compiere il gesto, pur avendo raggiunto l’età o la condizione giusta per farlo, deve indagare le motivazioni che lo tengono fermo al punto di partenza.

Molto spesso situazioni di ansia, angoscia, dipendenza affettiva, rapporti con un genitore narcisista, possono influenzare inconsciamente la scelta di rimanere legati alla casa dei genitori.

Situazioni di difficoltà quando si lascia casa

Le più grandi difficoltà si presentano quando un genitore ha una personalità bisognosa e un figlio una personalità moving torward. Ciò può avvenire sia in presenza di difficoltà relazionali evidenti che subliminali e fondate sulla manipolazione mentale.

L’individuo con personalità moving torward tende a concentrare tutte le sue energie sull’altro, che si trova in difficoltà (spesso per non dover affrontare eventi traumatici e impossibili da metabolizzare). Ecco che, se ciò avviene in un rapporto genitore-figlio, può crearsi una situazione difficile da gestire che rende impossibile il distacco dalla casa dei genitori.

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Anche situazioni di fobia come la paura della morte possono rendere molto difficile il distacco. Questo sia che la tanatofobia sia causata da una iperprotettività genitoriale, che vuole a tutti i costi difendere il figlio dai potenziali pericoli del mondo esterno; che da una fobia specifica del più giovane, il quale teme che allontanarsi implichi perdere tempo prezioso che si potrebbe invece vivere con il genitore.

Certamente è difficile superare questa fase, in cui i genitori non sono più giovani come una volta e possono apparire fragili, talvolta lontani, malinconici; bisogna sforzarsi di comprendere che impostando i comportamenti sulla base delle paure, a lungo andare si raggiungerà una situazione psicoemotiva limite che potrebbe causare psicopatologie anche gravi.

Chiedere supporto quando si lascia casa

Come sosteneva un vecchio filosofo, nell’esistenza tutto cambia fatta eccezione per il cambiamento. Ecco perché è fondamentale approcciarsi in maniera funzionale alle metamorfosi che possono interessare le nostre vite e che dipendono dalla normale evoluzione dell’esistenza umana.

Se si incontrano difficoltà in questa o in altre situazioni quotidiane, è possibile chiedere supporto ad un terapeuta in studio o online.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.