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La depressione come malattia invalidante: come viene riconosciuta e le tutele a cui hai diritto

La depressione è un disturbo dell’umore che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia vede coinvolte circa 1,5 milioni di persone, mentre circa sei milioni ne hanno sofferto almeno una volta.

Un fenomeno sociale preoccupante che è riconosciuta come malattia invalidante, ossia che compromette in larga maniera la salute fisica, psichica, sociale, familiare e lavorativa.

Ciò vuol dire che le persone che ne sono affette possiedono determinati diritti poiché tale patologia psichica è stata inserita nelle tabelle ministeriali sull’invalidità.

Chi è depresso può lavorare?

Sì, chi è depresso può lavorare in quanto il riconoscimento dell’invalidità civile in una certa percentuale dipende dalla riduzione della capacità lavorativa. In sostanza, questa riduzione non pregiudica completamente la possibilità di svolgere la propria professione, ma solo la difficoltà per determinate attività in condizioni di “normalità”.

Tuttavia, nel momento in cui il medico diagnostica la depressione può decidere che sia necessario un periodo di assenza dal lavoro per curarsi.

Depressione e invalidità

Un diverso grado di percentuale di invalidità viene riconosciuto in base alla gravità della malattia.

Le tabelle ministeriali prevedono, infatti, dei limiti minimi e massimi o una percentuale fissa definita del tipo di patologia e della sua entità.

Ma a livello generale, le percentuali che consentono di fare domanda per ottenere il riconoscimento dell’invalidità sono:

Quando invece la depressione provoca un handicap mentale, motorio o sensoriale talmente grave da inibire o limitare l’integrazione lavorativa, personale, sociale e familiare, si ha diritto ai seguenti benefici di legge:

  • permessi retribuiti: diritto di assentarsi dal lavoro per 3 giorni al mese;
  • diritto di scegliere la sede di lavoro;
  • possibilità di rifiutare un eventuale trasferimento;
  • agevolazioni fiscali per l’acquisto di automobili, computer e apparecchiature informatiche;
  • diritto a detrarre le spese mediche e di assistenza.

Chiedere la malattia per depressione: cosa devi sapere

Se pensi di soffrire di depressione, oppure ti è stata diagnosticata questa malattia da un professionista della salute mentale, e ti rendi conto di non riuscire più a svolgere l’attività lavorativa, devi informare tempestivamente il tuo datore di lavoro, secondo le modalità e i termini stabiliti dal contratto o dal regolamento aziendale.

Entro due giorni dalla segnalazione devi contattare il tuo medico curante che deve verificare se, a seguito della depressione, sussiste veramente un’incapacità momentanea al lavoro, ossia se non sei in grado di svolgere l’attività a causa dello stato depressivo.

Nel caso in cui verifichi quanto appena detto, devi inviare all’Inps un certificato medico telematico in cui compagnano i giorni di cura assegnati, insieme alla data di presunta guarigione.

In seguito, devi comunicare il numero di protocollo di trasmissione del certificato medico al datore di lavoro, per consentire la verifica della prognosi e l’invio della visita fiscale.

In tutti i casi in cui ci si assenta dal lavoro per malattia – salvo eccezioni che ti racconteremo dopo – è necessario che tu sia reperibile presso il tuo domicilio per la visita fiscale, durante specifiche fasce orarie:

  • dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00, se sei un lavoratore del settore privato;
  • dalle 9:00 alle 13:00, e dalle 15:00 alle 18:00, se sei un dipendente pubblico.

Si può essere esonerati dalla visita fiscale solo se si risulta invalidi dal 67% e se la depressione è legata all’invalidità, oppure se la malattia richiede terapie salvavita, o nel caso in cui sia stata riconosciuta la causa di servizio (in qualità di dipendente pubblico).

Nelle altre eventualità, puoi allontanarti dal tuo domicilio durante le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale esclusivamente se ricorre un giustificato motivo come, per esempio, cure, visite o analisi impossibili da svolgere in orari diversi.

Durante l’assenza dal lavoro, per far scattare l’erogazione dell’importo da parte dell’Inps è indispensabile la certificazione del tuo medico. Nei primi tre giorni il tuo stipendio non viene toccato, mentre nei successivi si dimezza e dal 21esimo al 180esimo puoi percepire il 66,66% della tua retribuzione.

Depressione e aspettativa

La depressione è una vera e propria patologia e in quanto tale permette di fruire delle assenze per malattia (retribuite) sino al periodo di comporto, ossia fino a quando spetta la conservazione del posto di lavoro.

Il solo disagio personale, non accompagnato da sindrome depressiva, dà invece diritto a richiedere un’aspettativa – che però è non retribuita – per gravi motivi personali. Essa può avere la durata massima di due anni (nell’arco della vita lavorativa).

Se la depressione è causata dal lavoro

Ci sono situazioni in cui la depressione è scatenata proprio dal lavoro, come per esempio a causa dello stress lavoro correlato. Nelle circostanze in cui l’attività lavorativa o l’ambiente lavorativo portino a danni fisici e psicologici, può essere riconosciuta dall’Inail la malattia professionale.

Ciò può accadere, per esempio, nelle circostanze in cui una grave forma di depressione sia causata da un eccessivo carico di mansioni, o dal “mobbing”.

Ma per far sì che sorga una responsabilità, la depressione deve dipendere unicamente dal lavoro e non da altre cause. In tali circostanze, il lavoratore può far causa all’azienda e pretendere il risarcimento del danno, oltre al rispetto della normativa in materia di orario di lavoro e di tutela dell’integrità fisica e morale.

Nei casi di mobbing, per esempio, il lavoratore ha diritto:

  • risarcimento del danno biologico, ossia del danno alla sua integrità psico-fisica che si riflette su tutte le sue attività e capacità, compresa quella lavorativa generica;
  • risarcimento del danno esistenziale o danno alla vita di relazione e sociale;
  • risarcimento del danno morale, ovvero del danno alla sfera emotiva subìto a causa degli illegittimi comportamenti del datore di lavoro, superiori o colleghi;
  • risarcimento del danno patrimoniale, connesso alle conseguenze economiche derivanti dal mobbing: spese per le cure, per le consulenze psicologiche.

È bene sapere, però, che dimostrare il collegamento causa-effetto tra l’attività lavorativa e la depressione non è semplice e che, a prescindere da quale sia la causa scatenante, per superare una sindrome depressiva è necessario l’intervento di uno psicoterapeuta.

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.