Perché reiteriamo negli errori: il mito di Sisifo (e un po’ di Freud)

La figura di Sisifo 

Quando si parla del Mito di Sisifo, spesso il primo pensiero va al saggio di Albert Camus, pubblicato nel 1942. Nel libro, così come nel mito, Sisifo viene descritto come il più furbo tra gli uomini. Così furbo da ingannare persino gli dèi, che al momento della sua morte lo condannano a una tremenda punizione: ogni giorno deve spingere in cima a una montagna un enorme macigno, che puntualmente rotola a valle, costringendolo a ripetere questa azione all’infinito.

Il personaggio di Sisifo simboleggia tutto ciò che non ha uno scopo: il principe delle cause perse, l’emblema dell’uomo che si impegna in attività che non hanno alcun esito. Dal punto di vista psicologico, la sua condanna ricorda un processo che avviene molto spesso nelle nostre vite, e che ne caratterizza l’andamento: la coazione a ripetere.

Cos’è la coazione a ripetere

È un concetto postulato dal padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, partendo dal suo lavoro sulla libido. Secondo Freud, l’essere umano è spinto a cercare il piacere: questo in genere. A volte, però, accanto alla ricerca del piacere, alla pulsione di vita, può esserci la pulsione opposta, quella di morte, che ha lo scopo di riportare la mente a uno stato di stasi, e ad annullare le tensioni.

Freud per primo parla della coazione a ripetere come un incessante tornare indietro a situazioni di disagio e di sofferenza. La persona tende a ricreare momenti o esperienze dolorose. Questo processo è inconscio e forzato: lo stesso termine coazione sottolinea la coercizione che sta dietro questa ricerca del dolore.

La nostra mente è più affezionata all’equilibrio che al cambiamento, che spesso ci provoca spavento o ansia. Si dice omeostasi l’insieme di forze che mantengono la psiche in uno stato di equilibrio, anche quando questo equilibrio è una fonte di sofferenza. La sofferenza, come esperienza individuale, a volte è più sopportabile di un cambiamento. Fa più paura ciò che non si ha mai vissuto, rispetto a ciò che si conosce (anche se fa male). Il nostro cervello predilige gli automatismi, è un economizzatore: preferisce esperienze già note, per le quali può attuare risposte immediate.

A volte, quindi, tendiamo a ripetere in maniera compulsiva, nella vita quotidiana, situazioni spiacevoli in cui ci si sente parte passiva. E come Sisifo, ci costringiamo a trasportare un enorme masso in cima alla montagna, per poi dover ripetere il gesto all’infinito, chiedendosi nel mentre quando (e se) avrà fine.

Come uscire dalla coazione a ripetere

Per uscire dalla coazione a ripetere, dobbiamo capire che non siamo una parte passiva. Prendiamo alcune delle classiche esperienze di ripetizione che potresti aver sperimentato in una relazione, o come genitore:

“Li trovo tutti io i traditori”

“Ogni persona che conosco mi abbandona”

“Mi comporto come si comportava mio padre con me”

Chi esprime questi pensieri, spesso pensa di essere inerme, come uno spettatore seduto in platea che guarda la propria tragedia, in quella che potremmo definire una profezia che si auto-avvera. La chiave per capire le dinamiche della coazione a ripetere, e per scrollarsele di dosso, è comprendere le proprie responsabilità: la forza del meccanismo sta nella mancanza di consapevolezza.

Se siamo poco consapevoli dei nostri stati emotivi ci è più facile mettere in atto meccanismi inconsci (come la coazione a ripetere) che aiutano il cervello a difendersi da un evento spiacevole. Quindi continuiamo a fare le stesse scelte, a circondarci di persone che potrebbero fare del male, a cercare l’amore o l’affetto in qualcuno che non può o non vuole darlo. E soprattutto, a sentirci vittime di un mondo arido e malvagio.

Il primo passo per uscire dalla coazione a ripetere è divenire consapevoli della propria responsabilità attiva. La consapevolezza consente di focalizzare l’attenzione sulle proprie scelte ed emozioni. Non è un processo facile, ma può diventare più semplice con l’aiuto di un o di una professionista.

La psicoterapia può essere uno strumento utile per svegliare il proprio grado di consapevolezza e allenare l’attenzione, così da scovare i comportamenti volti a ripetere il trauma.

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Bibliografia

Camus A., Il Mito di Sisifo, 1947;

Freud S., Al di là del principio di piacere, 1920;

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.