Disgusto, un’emozione di base che può trasformarsi in psicopatologia

Tra le emozioni di base dell’essere umano c’è il disgusto che può essere un salvavita ma anche il segnale di una psicopatologia
disgusto

Il disgusto, seppur presentandosi con un’accezione negativa, fa parte delle cosiddette emozioni primarie, quindi quelle emozioni di base che sono necessarie per la sopravvivenza dell’uomo. Oltre al disgusto, rientrano in questa categoria emozioni come la paura, la felicità, la tristezza, la gioia e la rabbia.

Esso, infatti, serve per proteggerci dal contatto con stimoli che riteniamo potenzialmente dannosi o contaminanti, che percepiamo come pericoli per il nostro corpo e/o per la mente.

Tuttavia, in alcune condizioni può rivelarsi anche il sintomo di una psicopatologia.

In questo articolo scopriremo insieme il ruolo del disgusto nella nostra vita e cosa occorre fare quando rischia di trasformarsi in qualcosa che mina il nostro benessere psicologico.

Cos’è il disgusto

C’è poco da dire e da girarci intorno: il disgusto è una sensazione spiacevole che abbiamo provato (e che proveremo) tutti. Si tratta di un sentimento di repulsione che può scattare in tantissime circostanze, come quando assaggiamo un cibo che proprio non ci piace o quando vediamo un ex nello stesso edificio in cui siamo noi.

È un’emozione che iniziamo a provare sin da quando siamo piccolissimi. In principio si presenta quando i bambini rifiutano specifici sapori e odori, mentre con il passare del tempo si ritrova a far parte di tutto ciò che per noi è ripugnante e sporco, compresi i valori, i pensieri, le persone e persino noi stessi, come sottolinea uno studio scientifico di Rozin e Fallon.

Le diverse tipologie di disgusto

Gli studi in ambito scientifico in fatto di disgusto hanno identificato diverse tipologie di questa emozione primaria. Nel descrivervele facciamo riferimento a una classificazione stilata da Rozin e collaboratori nel 1986:

  • core disgust: quello che emerge per colpa degli alimenti, animali e prodotti corporei. Il suo scopo è proteggerci dalla contaminazione;
  • animal reminder disgust: un rifiuto che riguarda anche il tatto e la vista e che scatta a causa di oggetti appartenenti ai domini dell’igiene, della morte e della violazione del corpo, quindi ferite, sangue e simili;
  • interpersonal disgust: il disgusto interpersonale, quindi il contatto diretto o indiretto con persone che si ritengono sgradevoli;
  • moral disgust: il disgusto morale, vale a dire la repulsione per gli eventi che riteniamo moralmente disgustosi. Va specificato che però risentono fortemente anche delle influenze culturali di ogni popolo.

Come si manifesta

Il disgusto è considerato un’emozione primaria anche perché prevede una specifica reazione corporea. L’espressione facciale che emerge quando siamo di fronte a qualcosa che ci genera quella sensazione che più comunemente viene chiama schifo, è nota a tutti: arricciamo il naso e solleviamo il labbro.

Se particolarmente intenso, come si può leggere in un libro di Ekman e Friesen, ci ritroviamo con le palpebre inferiori sollevate e le sopracciglia abbassate.

Va sottolineato che il rialzo del labbro superiore caratterizza anche la manifestazione di un’altra emozione primaria: la rabbia. Le due emozioni, infatti, sembrerebbero accomunate dall’aspetto morale.

I comportamenti che mettiamo in atto, invece, hanno l’obiettivo di allontanarci da ciò che scatena in noi il disgusto, e quindi ci tappiamo il naso, chiudiamo gli occhi, ce ne andiamo da una stanza e così via.

Dal punto di vista fisiologico, in noi potrebbe scattare la nausea. Il disgusto, infatti, è l’unica emozione primaria che ha una specifica attivazione fisiologica, definita persino viscerale.

Disgusto e psicopatologie

Il disgusto fa parte della nostra vita e nella maggior parte delle circostanze ci serve perché ci protegge da un qualcosa che percepiamo come potenzialmente pericoloso. Ciò non toglie che, purtroppo, è anche associato a diversi disturbi psicopatologici:

In particolare l’emozione di disgusto, come riporta un articolo di Olatunji e Sawchuk, sembrerebbe essere alla base del timore di contaminazione che caratterizza il disturbo ossessivo-compulsivo: in molte circostanze i sintomi di questo malessere si strutturano attorno sull’idea di potersi sporcare e diventare, di conseguenza, disgustosi.

Il disturbo ossessivo-compulsivo

A giocare un ruolo fondamentale tra disturbo ossessivo-compulsivo e disgusto è la contaminazione, che Rachman nel 2004 ha definito come la forte e persistente sensazione di essere stati contagiati, infettati, o messi in pericolo dal contatto con una persona, luogo, oggetto sporchi, impuri, infetti o nocivi.

Diversi studi, come quello di Olatunji e collaboratori, hanno messo in luce che la propensione al disgusto e i sintomi del disturbo ossessivo-compulsivo da contaminazione hanno una correlazione altamente significativa.

Non sorprende, infatti, che queste persone possano sentirsi responsabili per la prevenzione della contaminazione, e in quanto tali si sentono anche in dovere di liberarsi dallo stimolo che ritengono contaminato e disgustoso.

Strategie per gestire il disgusto

Non possiamo fare a meno del disgusto, ma ciò non toglie che possiamo imparare a gestirlo. Certo, se un cibo non ci piace è meglio non mangiarlo perché rischiamo di sentirci male, ma nelle relazioni con gli altri possiamo sicuramente imparare a controllare le nostre reazioni, e quindi l’emozione stessa.

Possiamo scegliere di evitare una determinata persona, per esempio, oppure possiamo fare un tentativo diverso: provare ad avere con lei un dialogo costruttivo. Ciò significa che ci impegniamo a spiegare il nostro punto di vista, sottolineando anche come ci fanno sentire le azioni che riteniamo disgustose.

Se anche questa piccola strategia non porta ai risultati sperati, dobbiamo cercare di renderci conto che la sensazione di disgusto non dipende necessariamente dalla situazione in cui ci troviamo, ma dal significato che gli diamo noi. In poche parole, dobbiamo cercare di guardare il tutto da una prospettiva diversa.

Un’altra strategia che potrebbe rivelarsi vincente è la soppressione perché ci permette di annullare il disgusto sul nascere. Infine, da non dimenticare è che, soprattutto nelle condizioni più complesse, come quella del disturbo ossessivo-compulsivo, è importante rivolgersi agli esperti della salute mentale: sono dei professionisti che possiedono metodi e strumenti che ci aiutano a gestire la versione patologica di questa importante emozione.

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Fonti

  • Rozin, P., Millman, L., Fallon, A. E. (1986). Operation of the law of sympathetic magic in disgust and other domains. Journal of Personality and Social Psychology 50 (4), 703-712.
  • Ekman, P. and Friesen, W. V. (2007). Giù la Maschera. Come riconoscere le emozioni dall’espressione del viso. Firenze, Giunti Editore.
  • Olatunji, B. O., & Sawchuk, C. N. (2005). Disgust: Characteristic features, social manifestations, and clinical implications. Journal of Social and Clinical Psychology, 24(7), 932-962.
  • Rachman, S. (2004). Fear of contamination. Behaviour research and therapy, 42(11), 1227-1255.
  • Olatunji e D. McKay (Eds.), Disgust and its disorders: Theory, assessment and treatment implications (pp. 123–143). American Psychological Association.
Serena Proietti Colonna

Approccio:
Titolo di studio
Descrizione
Dottoressa di Ricerca in Psicologia e Scienze Cognitive, fin da piccola, ho coltivato la passione per il contatto umano e l'indagine delle persone. Ho scelto di studiare psicologia per migliorare la qualità della vita degli individui. Amo viaggiare, ispirata dalla mia sorella assistente di volo.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

reviewer

Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.