La speranza e il suo ruolo fondamentale nella nostra vita

Per vivere felici occorre avere sempre speranza: perché è così fondamentale e cosa fare quando si perde completamente

“Finche c’è vita c’è speranza”, recita un proverbio che deriva da un’opera di Gabriele d’Annunzio. Ma dal punto di vista psicologico queste poche parole dovrebbero essere trasformate in: “Finché c’è vita ci deve essere speranza“.

Questa attesa fiduciosa di un evento positivo, infatti, è essenziale per la nostra sopravvivenza. È un sentimento fondamentale per affrontare tutte le possibili avversità, un qualcosa che occorre coltivare anche quando abbiamo la sensazione di non farcela.

In questo articolo approfondiremo il concetto di speranza, cercando di capire insieme l’importante ruolo che gioca nella nostra vita e cosa fare quando si pensa di non averla più.

Cos’è esattamente la speranza

Dal punto di vista psicologico la speranza è un sentimento che rappresenta la nostra capacità di affrontare una situazione, avendo fiducia nelle abilità che possediamo per trovare una soluzione.

Si tratta perciò di un sopporto fondamentale per la nostra motivazione, perché senza di essa diventa difficile per noi poter cambiare e migliorare, soprattutto in situazioni che si presentano come particolarmente complesse.

Come nasce la speranza

La speranza non è del tutto innata, perché nei fatti ci contagia. Sono i nostri genitori che da piccoli, con il loro atteggiamento positivo, ci trasmettono fiducia nelle nostre capacità per avere un futuro brillante e per saper affrontare le avversità che, inevitabilmente, incontreremo lungo il nostro cammino.

È quindi il loro atteggiamento di speranza nei confronti della vita ad “insinuarsi” dentro di noi. Tuttavia, siamo proprio noi stessi, nel corso del tempo, a dover coltivare questo fondamentale sentimento che ci aiuta a superare gli eventi avversi.

La sua fondamentale importanza

Per gli studiosi approfondire il concetto di speranza non è facile perché è complesso collocarla nel mondo delle emozioni. Secondo alcuni ricercatori, non può essere definita come tale perché manca di attivazione neurofisiologica in quanto non scatena in noi delle forti reazioni fisiche, come invece fanno le emozioni primarie (vi basti pensare alla paura).

Ciò non toglie che Karl Menninger, uno degli psichiatri più influenti d’America nel secondo dopoguerra, la definì come un’attesa positiva, la fiducia in un buon risultato che, in fatto di successo, può fare la differenza.

Erik Erikson, psicologo e psicoanalista tedesco, sottolineò che la speranza è la più importante qualità che accompagna la spinta evolutiva di ogni bambino alla ricerca di una esperienza positiva.

C’è poi il punto di vista di Erich Fromm, psicanalista e sociologo tedesco, che nei suoi studi evidenziò come la mancanza di speranza porta a sperimentare paura, isolamento, indifferenza e molto altro ancora. Secondo lui, infatti, la speranza è una forza importantissima non solo per l’ideazione e il raggiungimento degli obiettivi, ma anche per la possibilità di attuare le giuste azioni.

La teoria della speranza

Charles Richard Snyder, uno dei massimi esponenti della psicologia positiva, formulò la teoria della speranza. Egli fece un esperimento grazie a cui dimostrò che le persone che ottenevano alti punteggi in un test sulla speranza, erano in grado di tollerare meglio una dura prova che veniva loro proposta dopo aver completato il quiz.

Grazie a questi risultati capì che la speranza è una sorta di interruttore per i nostri comportamenti, tanto da individuarne due componenti:

  • agentività: la convinzione di poter conquistare gli obiettivi;
  • percorsi: la certezza di poter mettere a punto dei piani utili a raggiungere determinati scopi.

Secondo lo studioso, quindi, la speranza non è una predisposizione, ma il frutto della nostra coltivazione: per averla nella nostra vita deve essere coccolata, nutrita e protetta.

Cosa alimenta la speranza

A spiegarci cosa alimenta la speranza è uno studio condotto da Johnson su un gruppo di persone malate di tumore. Una condizione che, a detta di molti, potrebbe essere priva di questa importante spinta emozionale.

Ciò che è emerso è che la speranza è composta di 10 attributi fondamentali:

  • aspettative positive: una previsione che ci spinge a sperare in un domani migliore, nonostante la malattia;
  • qualità personali: si tratta di una sorta di forza interiore, un approccio alla vita che ci spinge a risolvere i problemi;
  • spiritualità: la fede verso un un qualcosa di superiore che veglia su di noi, la fiducia che ci sia una vita dopo la morte dove rincontrare i propri cari;
  • obiettivi: fissare e raggiungere obiettivi a breve termine;
  • confort: non provare più dolore;
  • assistenza: l’aiuto da parte degli altri;
  • relazioni interpersonali: nonostante la malattia, è fondamentale mantenere relazioni con gli altri ricche di affetto, anche con coloro che danno assistenza;
  • controllo: possibilità di decidere sulle proprie cure;
  • eredità: lasciare qualcosa di valore agli altri;
  • rassegna della propria vita: riconoscere gli obiettivi raggiunti e e cosa si è fatto durante il proprio percorso di vita.

Al contrario, ciò che non alimenta la speranza è:

  • abbandono e isolamento: vale sia per i famigliare e gli amici che da parte degli operatori;
  • dolore: che diventa incontrollabile;
  • svalutazione: della propria personalità e della propria persona.

Cosa succede se non speriamo

La speranza ci aiuta a vivere e, contemporaneamente, ci fornisce i mezzi per adattarci a una malattia, ci suggerisce come ridurre lo stress e ci dona alcuni strumenti utili a migliorare il benessere psicologico e la qualità della vita in generale.

La mancanza di speranza, ovvero quando pensiamo che una brutta situazione sia insuperabile e che quindi tutti gli obiettivi che ci siamo posti siano irraggiungibili, è associata alla depressione e al desiderio di morire il prima possibile.

In sostanza siamo disperati, ovvero ci riteniamo incapaci di affrontare l’incertezza del futuro. In poche parole siamo privi di fiducia in noi stessi e che non vediamo le possibilità per cui una situazione possa risolversi in maniera positiva grazie alle nostre capacità o al supporto di chi ci vuole bene (anche delle istituzioni, in alcuni casi).

Si tratta di un sentimento che non bisogna sottovalutare per nessuna ragione al mondo perché le conseguenze possono essere terribili: la disperazione può spingerci a fare scelte autodistruttive.

Come ritrovare la speranza

Ve lo abbiamo detto all’inizio di questo articolo: “Finché c’è vita ci deve essere speranza”, e la buona notizia è che può davvero essere così. Se ci si sente disperati e non si ha più speranza, il regalo migliore che possiamo fare a noi stessi è quello di affidarci a una terapia psicologica che prevede l’uso di strategie e strumenti per tornare ad abbracciare la vita ed il futuro.

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Fonti

  • Menninger, K. Hope. Pastoral Psychol 11, 11–24 (1960). https://doi.org/10.1007/BF01759243.
  • Erikson, E. H. (1950). Childhood and society. New York: Norton.
  • Erik Fromm, La rivoluzione della Speranza, Etas: Universale 1979.
  • Snyder, C. (2002) Hope Theory: Rainbows in the Mind. Psychological Inquiry, Volume 13, Issue 4, 2002.
Serena Proietti Colonna

Approccio:
Titolo di studio
Descrizione
Dottoressa di Ricerca in Psicologia e Scienze Cognitive, fin da piccola, ho coltivato la passione per il contatto umano e l'indagine delle persone. Ho scelto di studiare psicologia per migliorare la qualità della vita degli individui. Amo viaggiare, ispirata dalla mia sorella assistente di volo.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

reviewer

Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

reviewer

Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.