Autosabotarsi: cosa significa, quali sono i segnali e le soluzioni

Comprendere l’autosabotaggio implica riconoscere comportamenti che impediscono di raggiungere obiettivi personali o professionali, identificando segnali e lavorando verso soluzioni costruttive.

In psicologia, per autosabotaggio si intende un costrutto comportamentale volto a non farci raggiungere i nostri obiettivi.

L’autosabotaggio può essere consapevole (come quando sappiamo di agire per allontanarci dai nostri obiettivi) o, più di sovente, inconsapevole (per esempio, quando mettiamo in atto comportamenti disfunzionali senza rendercene conto).

Le cause alla base del costrutto possono essere molteplici e comprendere: disturbi d’ansia, scarsa autostima, modelli educativi, mentalità statica.

Le soluzioni comprendono terapia cognitivo-comportamentale per individuare le cause della problematica e/o insegnamento di tecniche pratiche per la gestione del cambiamento e dell’aspettativa.

Ne parleremo durante tutto l’articolo. Speriamo che, al termine della lettura, tu possa aver trovato tutte le risposte che stavi cercando.

Autosabotarsi: una definizione

La cultura occidentale è intrisa di tòpoi letterari e mitologici, che esemplificano in forma immaginifica le nostre esperienze più profonde in quanto individui. Non è un caso, allora, che il topos del “combattere contro la propria ombra” sia al centro di tanti racconti letterari e saggi psicoanalitici.

Pensiamo per esempio al Sosia di Dostoevskij, romanzo in cui l’eroe incontra il proprio doppio e si spinge fino ai meandri della follia. O a uno degli aforismi più famosi di Friedrich Nietzsche, in cui viene detto che il nostro peggior nemico siamo noi stessi.

L’autosabotaggio è allora un’esperienza universale: quell’esperienza per cui, pur pensando di voler raggiungere certi obiettivi, agiamo inconsciamente contro il nostro stesso interesse. Gli esempi potrebbero essere infiniti:

  • dobbiamo consegnare un lavoro importante entro una certa data;
  • invece di cominciare il lavoro in tempo, prendiamo una serie di impegni che vadano ad interferire con la consegna;
  • infine accusiamo il destino o il caso di averci messo i bastoni tra le ruote.

Com’è evidente, i meccanismi di autosabotaggio sono complessi e spesso inconsci: il soggetto che li mette in pratica non crede di essere colpevole del mancato raggiungimento degli obiettivi; continua ad accusare forze esterne o istanze che lui stesso ha creato.

Autosabotaggio come meccanismo di difesa

L’autosabotaggio rientra a pieno titolo nei cosiddetti comportamenti disfunzionali. Si tratta di comportamenti che possiamo mettere coscientemente in atto con lo scopo di ottenere un certo effetto (x), pur essendo inconsciamente consapevoli che ci porteranno all’effetto opposto (y). Non bisogna pensare che l’autosabotaggio riguardi solo l’ambito lavorativo o quello degli obiettivi personali, poiché si estende ad ogni area del quotidiano.

Pensiamo per un istante alle relazioni interpersonali: durante una relazione amorosa, possiamo provare un certo carico di insicurezza (l’insicurezza di poter perdere l’oggetto del nostro amore).

Ora, per rimediare a questa insicurezza, che cosa facciamo? Invece di comunicare al partner i nostri sentimenti o di agire attivamente per evitare la perdita dell’oggetto amato, rispondiamo attraverso emozioni disfunzionali come la gelosia e la rabbia. In tal modo, finiamo per allontanare l’oggetto d’amore ma anche per liberarci della nostra paura.

Scendiamo più nel dettaglio

Quando rispondiamo con la rabbia all’emozione della paura, stiamo mettendo in atto un comportamento disfunzionale. Detto in breve: ci stiamo autosabotando. Quello che vorremmo consciamente, infatti, è ottenere la vicinanza del partner; ma quello che vorremmo inconsciamente è la possibilità di liberarci dalla paura della perdita.

Ecco che agiamo per allontanare il partner, andando a sviluppare una serie di comportamenti negativi che possono innescare conflitti all’interno della relazione.

Si tratta del meccanismo tipico dell’autosabotaggio:

  • a livello conscio, desidero x;
  • a livello inconscio, desidero y;
  • agisco per ottenere y, pur pensando di star agendo per ottenere x.
  • dopo l’ottenimento di y, mi chiedo per quale ragione non abbia ottenuto x (che pure tanto desideravo).

Le cause e le soluzioni dell’autosabotaggio

L’autosabotaggio ha a che fare con meccanismi inconsci che possono derivare da traumi passati, bassa autostima, paura del cambiamento o altre motivazioni che innescano un conflitto interno all’individuo. Questo conflitto causa una “lotta di interessi” tra ciò che realmente si desidera e ciò che si pensa di desiderare.

A sua volta, la lotta di interessi porta a quel costrutto comportamentale che si è soliti definire “autosabotaggio”. In tal senso, l’autosabotaggio non è un autosabotaggio (proprio come la pipa di Magritte non era una pipa): è un meccanismo che permette all’individuo di soddisfare i propri bisogni patologici dandogli il nome di caso o di sfortuna: colpevolizzando cioè un’istanza esterna.

Per trattare questa problematica, è necessario tornare alla radice attraverso il lavoro in studio o online con uno psicoterapeuta. Lo specialista saprà individuare le cause profonde alla base del problema, andando a trattare i bisogni patologici per trasformarli in bisogni non patologici o funzionali.

Solo a quel punto, il soggetto sarà in grado di volere ciò che pensa di volere e di agire attivamente per ottenerlo. Avrà allora superato i problemi legati all’autosabotaggio.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.