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Che cosa è la nomofobia? Analizziamo questo disturbo d’ansia

Per nomofobia si intende un disturbo d’ansia caratterizzato dalla paura di rimanere scollegati dal proprio smartphone. Chi ne soffre può avere un timore irrazionale e morboso di non avere accesso al proprio telefono, e, di conseguenza, alle possibilità relazionali da esso fornite.

Il nomofobico può sperimentare ansia, panico, distress quando rimane privo di smartphone o se si prospetta questo scenario. Può anche arrivare ad assumere atteggiamenti suicidari.

Le cause di questa patologia possono comprendere: disturbo d’ansia generalizzato, dipendenza da smartphone e altre problematiche.

Le ipotesi di cura comprendono terapia cognitivo-comportamentale e/o terapia breve strategica.

Ne parleremo in modo più approfondito nel corso di questo articolo.

Nomofobia: una definizione

Dal punto di vista tecnologico, gli ultimi vent’anni hanno costituito un’epoca senza precedenti. Gli sviluppi nel campo della telefonia mobile, con il conseguente sorgere di app di messaggistica, social-network, etc., ci hanno indotto a sviluppare un rapporto sempre più stretto con i nostri smartphone. 

Con il telefono lavoriamo, prendiamo appuntamenti, facciamo dichiarazioni d’amore e altro ancora. Proprio in questo contesto è potuta sorgere la nomofobia: un disturbo d’ansia che implica la profonda sensazione di disagio che possiamo sperimentare quando il cellulare si perde, si scarica o si rompe.

L’idea di essere, d’un tratto, “scollegati”, può farci perdere le coordinate. Tanto più se con il nostro smartphone abbiamo sviluppato un rapporto di forte dipendenza che, a parere di alcuni studi, non è poi dissimile dalla dipendenza da sostanze stupefacenti. 

Ecco che possono presentarsi alcuni sintomi anche gravi che ricordano da vicino la sintomatologia di un disturbo d’ansia. 

Quali sono i sintomi della nomofobia?

Come ogni fobia specifica, anche la nomofobia può presentarsi a diversi gradi e con diverse intensità. La patologia può implicare un senso di disagio generalizzato o arrivare fino alla disperazione e agli attacchi di panico

Cosicché, in assenza dello smartphone o di fronte al possibile scenario, il nomofobico può sperimentare: 

  • attacchi d’ansia;
  • sudorazione intensa;
  • distacco dalla realtà;
  • vertigini;
  • nausea;
  • cefalee;
  • attacchi di panico;
  • disperazione;
  • disorientamento;
  • tachicardia.

La nomofobia appare così come un disturbo d’ansia che ha un forte legame con le problematiche di dipendenza. Con esse, condivide alcuni fattori fondamentali che adesso indagheremo in breve.

Cosa fa il cellulare al cervello: smartphone e cocaina

Non è un segreto che gli smartphone possano dare dipendenza. Ma perché questo accade? Conosciamo già i sintomi a lungo termine causati dall’abuso di telefono cellulare, che possono comprendere: 

Eppure, sappiamo poco sugli effetti che questi oggetti d’uso quotidiano hanno sul nostro sistema adibito alla ricompensa. Per dirla in breve, l’utilizzo di smartphone implica il rilascio di dopamina (un neurotrasmettitore che “segnala” lo stimolo di gratificazione). La medesima cosa accade quando consumiamo certi alimenti o abusiamo di alcolici e di droga.

Ora, per ottenere la stessa gratificazione, saremo naturalmente portati a riutilizzare lo smartphone (esattamente come saremo portati a riutilizzare la cocaina). Allo stesso tempo, l’utilizzo prolungato di cellulare può atrofizzare alcune aree del cervello con effetti indesiderati a breve e a lungo termine.

Quali sono le cause della nomofobia?

Le cause possono comprendere: 

  • rapporto di dipendenza con lo smartphone;
  • problematiche pregresse come un disturbo d’ansia;
  • depressione.

Come riconoscere un nomofobico?

Esistono alcuni elementi discriminanti che ci permettono di distinguere un nomofobico:

  • utilizza il telefono regolarmente e per buona parte della giornata;
  • dispone sempre di caricabatteria portatile;
  • prova nervosismo quando si prospetta la possibilità di rimanere senza smartphone (o quando il suo social preferito si blocca o va incontro ad un guasto);
  • non riesce a discutere del problema e tende a minimizzarlo.

Per i familiari di un nomofobico (spesso un adolescente), la problematica è grave e va affrontata nel migliore dei modi. 

Come curare la nomofobia

Ad oggi, i trattamenti per la nomofobia sono molto limitati. Sappiamo che le fobie specifiche sono categorizzate come disturbi d’ansia: si potrà per principio andare a lavorare sulla problematica di ansia generalizzata per trattare la patologia.

Più in generale, di volta in volta, si tratterà di comprendere la causa individuale del problema e agire di conseguenza: 

  • vi è forse un disturbo dello spettro ansioso che avvicina il nomofobico al mondo digitale per farlo fuggire da quello reale?
  • la problematica riguarda un principio di depressione?
  • vi è dipendenza dallo smartphone?

Ecco che, dopo una corretta diagnosi, sarà possibile trattare la fobia risolvendo il problema alla radice. Vi consigliamo di rivolgervi ad un esperto se vostro figlio, un vostro amico, o voi stessi, pensate di soffrire di nomofobia. Questi disturbi tendono ad aggravarsi nel tempo ed è necessario agire con prontezza.

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.