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Rupofobia o paura dello sporco: cos’è e come funziona

La rupofobia fa parte dei disturbi fobici (categorizzati dal DSM-5 come disturbi dello spettro ansioso) e indica la paura dello sporco. Al contrario del misofobico, il rupofobico non teme tanto la contaminazione quanto lo sporco in sé. 

Dinanzi all’oggetto stressante o allo scenario potenziale, può sperimentare: ansia, panico, tremori e altri sintomi che coinvolgono l’aspetto psicosomatico.

Per ovviare alla paura, il soggetto rupofobico può mettere in atto delle compulsioni, cioè veri e propri rituali finalizzati alla gestione dell’ansia e dello stress.

Questi rituali comprendono: il lavarsi continuamente le mani, disinfettare costantemente oggetti e superfici, evitare contatti con certi tipi di alimenti e altro ancora. A lungo termine, il rupofobico può arrivare ad isolarsi socialmente per evitare il contatto con l’oggetto della sua paura.

Tra le cause di rupofobia ricordiamo patologie pregresse come disturbo ossessivo-compulsivo, esperienze traumatiche e componenti genetiche.

Ne parleremo approfonditamente in tutto l’articolo, spiegando quali sono le possibili soluzioni e le ipotesi di cura.

Rupofobia: un disturbo d’ansia

I disturbi fobici sono a tutti gli effetti dei disturbi d’ansia, in cui il soggetto scarica l’angoscia percepita in un oggetto/situazione/animale/persona che assume la connotazione simbolica di una fobia.

Per esempio, un soggetto potrebbe aver vissuto esperienze traumatiche durante la prima infanzia e aver sviluppato un senso di inferiorità o di malessere esistenziale. 

  • invece di affrontare direttamente l’esperienza traumatica;
  • questo soggetto potrebbe scaricare l’angoscia in una formazione psicopatologica, qual è appunto un disturbo fobico.

Potrebbe allora sviluppare un timore ossessivo e morboso nei confronti dello sporco, in quanto risposta difensiva ad una problematica più profonda e il più delle volte inconscia.

Come funzionano le fobie?

Ma come funzionano concretamente le fobie? Molto in generale, l’individuo percepisce uno stimolo come particolarmente stressante. Nel caso del rupofobico, questo stimolo è lo sporco.

Dinanzi allo stimolo stressante, il soggetto sperimenta i sintomi tipici di un attacco d’ansia, che comprendono: 

Nella psicologia comportamentale, tali sintomi possono anche essere chiamati risposta. 

Analizziamo le compulsioni

Ecco che, per evitare una certa risposta (che comporterebbe dolore e sofferenza emotiva), il rupofobico può mettere in atto delle compulsioni atte alla gestione dello stimolo ansiogeno. Può allora: 

  • lavarsi compulsivamente le mani;
  • evitare di toccare superfici;

e altro ancora. Queste compulsioni, che portano sollievo apparente al rupofobico, in realtà non fanno altro che aggravare il problema. A lungo andare, infatti, le compulsioni saranno causa di pensieri sempre più invadenti e porteranno al peggioramento generale del quadro clinico.

Quali sono le cause della rupofobia?

Le cause di questa patologia sono variegate e possono variare da individuo a individuo. Un’esperienza traumatica vissuta durante la prima infanzia, come un abuso o un rapporto patologico con una figura genitoriale, possono essere causa di rupofobia.

Anche un processo di condizionamento classico può essere alla base del problema: 

  • se ho contratto una grave malattia a causa della sporcizia; 
  • sarò naturalmente portato a concepire lo sporco come uno stimolo pericoloso;

Ricordiamo che il condizionamento può avvenire anche per via indiretta e cioè per apprendimento osservazionale. Se ho vissuto in terza persona l’insorgere di una malattia causata dalla sporcizia, o se sono cresciuto a stretto contatto con un rupofobico, sarò più propenso allo sviluppo della patologia. 

In alternativa, la causa potrebbe essere genetica: è ormai dimostrato che una certa propensione alla fobia viene trasmessa di genitore in figlio.

Per concludere, alcune patologie pregresse come il disturbo ossessivo-compulsivo possono causare la rupofobia. 

Come vive un rupofobico?

Per evitare l’incontro con lo stimolo ansiogeno, un rupofobico potrebbe arrivare ad isolarsi socialmente compromettendo la propria vita quotidiana. Potrebbe altresì sviluppare pensieri intrusivi e insopportabili che, nei casi più gravi, potrebbero portare a tentativi di suicidio.

Ricordiamo inoltre che i disturbi fobici tendono a peggiorare nel tempo, poiché le soluzioni disfunzionali (come le compulsioni) non fanno altro che esasperare il problema rendendo la fobia ancora più totalizzante.

Appare allora fondamentale rivolgersi ad uno specialista al primo insorgere dei sintomi sopradescritti.

Come si cura la rupofobia?

A seconda della causa specifica, sarà adottata una certa strategia terapeutica finalizzata a: 

  • la gestione dello stimolo ansiogeno;
  • la cura delle patologie pregresse come il disturbo ossessivo-compulsivo;
  • l’elaborazione di un’esperienza o un vissuto traumatico che ha comportato l’insorgere della patologia.

Per il trattamento dei disturbi fobici, sono in genere adottate la terapia cognitivo-comportamentale o la terapia breve strategica. Entrambi questi modelli possono portare visibile beneficio al paziente in tempi rapidi e con strategie incentrate sulla risoluzione del problema.

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.