La noia: uno stato d’animo funzionale o una condizione esistenziale?

La noia può influenzare il benessere mentale e emotivo di una persona, spingendola a cercare nuove attività o sfide per rompere la monotonia e ripristinare l’interesse e l’energia.

La noia è uno stato d’animo famigliare a tutti noi e sicuramente anche a te sarà capitato di sperimentarla innumerevoli volte nel corso della vita. A volte dura pochi minuti, segnando un momento di attesa o di passaggio, mentre altre si protrae fino a diventare il tono prevalente della nostra esistenza.

Ma ci sono dei casi in cui la noia deve preoccupare? Può darsi che diventi troppa? Continua a leggere e avrai le risposte a tutte le tue domande.

Che cos’è la noia?

Prima di tutto, facciamo chiarezza su cosa intendiamo con la parola noia. È un’emozione che sperimentiamo quando stiamo facendo qualcosa che non troviamo stimolante, oppure quando non stiamo facendo nulla perché siamo indecisi, ad esempio, oppure non abbiamo spunti o motivazioni per fare qualcosa. È una condizione diversa dall’ozio. Quest’ultimo, infatti, è una scelta: ovvero, quando oziamo, decidiamo deliberatamente di non fare nulla o di dedicarci ad attività abbastanza passive, come guardare la TV o appisolarci sul divano. La noia, invece, non ha questo carattere di intenzionalità, è la diretta conseguenza di un’attività monotona, ripetitiva, oppure della non-azione.

Quindi, ciò che causa la noia è l’insoddisfazione, mentre ciò che ne deriva direttamente è la frustrazione per non riuscire a trovare una via di uscita dal tormento che questa condizione provoca. La noia, infatti, innesca un circolo vizioso di inattività che ci predispone sempre più a essere riluttanti verso qualsiasi proposta per passare all’azione. Ma conoscere questo meccanismo rappresenta, allo stesso tempo, la soluzione per mettere un freno e darsi una spinta per modificare le cose. In certi casi, come vedremo tra poco, il sentirsi annoiati è esso stesso il motore per un’azione.

A volte, addirittura, la noia può essere il punto di partenza per pianificare un progetto, oppure per cimentarsi in qualcosa di creativo e di unico. Non sempre, quindi, dobbiamo riferirci alla noia come a una condizione negativa, perché dal desiderio di uscire da una situazione statica, di stallo, che rischia di divenire insopportabile, può innescarsi un momento di crescita e scoperta di noi stessi.

Perché ci annoiamo?

Ti è mai capitato di chiederti “perché mi annoio?” Facciamo un passo indietro, cercando di capire la dinamica che innesca la noia. Da secoli gli studiosi provano a rispondere a questa domanda, tra i quali molti filosofi. Colui che ha dato più rilievo alla noia è sicuramente Arthur Schopenhauer. Egli definiva la noia come una condizione esistenziale, anzi, come la tonalità prevalente della vita. Secondo lui, infatti, l’esistenza umana è come un pendolo che oscilla continuamente tra la noia e il dolore.

Proprio il dolore viene preso come punto di partenza: lo proviamo quando ci accorgiamo che ci manca qualcosa di cui abbiamo bisogno o che semplicemente desideriamo. Quindi la volontà, il desiderio, per il semplice fatto di esistere, è la sorgente della noia. Per placare questa sofferenza, iniziamo una fase di ricerca, rappresentata proprio dal tragitto dell’oscillazione. Quando troviamo ciò che cercavamo, il momento di gioia e soddisfazione è breve ed effimero: a queste emozioni positive subentra subito la noia. La conquista, infatti, ha dato senso alla ricerca, ma una volta raggiunta, non sappiamo cosa fare di ciò che abbiamo trovato, e l’oggetto perde di interesse.

Ma la noia è insostenibile per un lungo periodo, e in breve subentra un nuovo dolore dato da un altro oggetto del desiderio che ci accorgiamo mancare. In questo modo, il pendolo comincia a oscillare nuovamente, scandendo un altro momento della nostra esistenza. Infatti, una semplice e momentanea soddisfazione non sarà mai in grado di compensare tutte le cose che mancano a ciascuno e che nel corso della vita faranno sentire il loro richiamo.

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A che cosa serve la noia?

In base a quanto ha scritto Schopenhauer, quindi, potremmo dire che la noia è un sentimento funzionale? In un certo senso sì, perché il rimanere in una posizione statica e priva di movimento ci induce a trovare una motivazione per spostarci. Ovviamene non deve trattarsi di una condizione grave, perché per uscire dalla noia è necessario uno sforzo attivo che richiede, in quantità variabile, impegno.

Inoltre, non possiamo certo dire che la noia sia sempre negativa. A tutti capitano dei momenti morti, ad esempio quando stiamo aspettando qualcuno per un appuntamento, l’orario per uscire, o siamo fermi in stazione in attesa del treno. Queste sono le occasioni in cui il pensiero si mette in moto e ci induce a ragionare su noi stessi o su una situazione che ci turba e che non sappiamo come gestire. La noia è uno stato d’animo che ci permette di concederci uno spazio completamente nostro, che possiamo utilizzare per riflettere e fare luce sui nostri processi mentali. Ciò proprio in virtù del fatto che la noia sospende l’azione.

Quando la noia diventa un problema?

Ma è anche vero che non tutta la noia è positiva, anzi ci sono dei casi in cui assume delle forme particolari e diventa indice della presenza di un disturbo mentale, o almeno di un malessere. In questi casi parliamo di apatia, una condizione in cui non abbiamo voglia di fare nulla, tutto perde colore e ogni attività che ci dava piacere ci diventa indifferente o troppo faticosa da mettere in atto.

Quando siamo apatici, infatti, ci sentiamo completamente svuotati delle nostre energie e anche le attività piacevoli sembrano richiedere un enorme sforzo. Automaticamente, ogni cosa perde di interesse e ci chiudiamo in noi stessi e nella nostra non-azione divenendo sempre più distaccati dal mondo. È ciò che succede nei casi di depressione.

Insieme all’apatia e all’abulia (ovvero l’incapacità di trarre piacere da qualsiasi cosa), troviamo anche un appiattimento della capacità di avvertire le emozioni, che rappresentano il canale principale di collegamento con la realtà. La depressione, infatti, si manifesta come un graduale ritrarsi della persona nel suo mondo interno, tagliando tutti i collegamenti con l’esterno e favorendo la nascita e lo sviluppo di pensieri di svalutazione del sé, valutazioni di incapacità, sentimenti come la tristezza, l’abbandono e il senso di colpa, tutti elementi che alla lunga risultano autodistruttivi. Non solo, infatti, peggiorano il tono dell’umore ancora di più, ma precludono ulteriormente ogni possibilità di azione.

Quando chiedere aiuto?

In base a quanto abbiamo detto finora, quindi, a volte la noia può giocare un ruolo di protezione, permettendoci di vivere in un attimo sospeso fino a che non decideremo di interromperlo, all’interno del mondo dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti, un mondo che è perfettamente controllabile e nel quale non possono accadere imprevisti. Ci consente di rimanere fermi a riflettere, al riparo dagli stimoli che ci bombardano ogni giorno e sono continua fonte di stress.

Ma non sempre questa modalità è funzionale, dal momento che l’incapacità di uscire dal circolo della noia può produrre una condizione che abbraccia un periodo sempre più lungo, fino a che questo stato d’animo non diventa cronico e non subentra la depressione. Ci sono situazioni in cui l’apatia diventa così invadente da impedire il normale svolgimento delle attività quotidiane, arrivando a distruggere il mondo dell’individuo.

Questa sensazione non deve mai essere sottovalutata. Se sospetti di soffrire di depressione, potresti trarre un grande beneficio da un percorso di psicoterapia o di supporto psicologico.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.