Storia della vergogna: da dove nasce e che cosa significa

Esplora le radici e il significato della vergogna attraverso la storia umana. Scopri come questa emozione complessa abbia influenzato la società, la cultura e il comportamento individuale nel corso del tempo.

La nostra vita è costellata dalle emozioni, che danno un significato a tutto ciò che ci accade e hanno ciascuna la sua funzione. Oltre alle emozioni primarie di gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto (alle quali alcuni studiosi aggiungono il disprezzo e la sorpresa), esistono anche quelle secondarie, anche dette sociali, perché non sono date alla nascita, ma subentrano in un secondo momento, quando i rapporti con gli altri iniziano a gettare le basi per diventare più articolati. Tra queste c’è anche la vergogna.

Tra tutte, la vergogna è forse quella che crea più disagio nel momento in cui viene provata, perché ci mette direttamente in contatto con il mondo esterno e, in un certo modo, esprime un giudizio su noi stessi, il giudizio che hanno gli altri. Potresti allora chiederti: anche la vergogna, come le altre emozioni, ha una funzione? Da dove deriva questo stato mentale? È quello che cercheremo di capire di seguito, quindi se l’argomento ti incuriosisce, non devi fare altro che continuare a leggere.

Che cos’è la vergogna?

Prima di tutto, proviamo a definire che cos’è la vergogna. Come abbiamo detto, è un’emozione secondaria, che ha per oggetto noi stessi ma, allo stesso tempo, fa sempre riferimento a qualcun altro, che ci osserva e, di conseguenza, può giudicarci. L’uomo è un animale sociale, quindi l’opinione che gli altri hanno di noi ha un valore. Da questo fatto deriva un impatto emotivo, che cambia a seconda della valutazione che immaginiamo gli altri abbiano di noi. Ad esempio, possiamo sentirci inadeguati a certe situazioni o incapaci in altre.

La vergogna, infatti, è strettamente legata a questo giudizio di valore su noi stessi dopo un fallimento, ad esempio. La misura di questo fallimento dipende da quanto abbiamo mancato gli standard che la società impone, da quanto non siamo stati in grado di rispondere alle sue regole e di rispecchiare i suoi ideali. Ecco perché la vergogna, anche se è fortemente centrata su noi stessi, è in realtà un’emozione fortemente sociale.

Se dovessimo analizzare il fenomeno che dà luogo alla vergogna, infatti, scopriremmo che la sua base è il timore di perdere dignità, credibilità, carisma, di fronte agli altri, di vedere sminuite le nostre qualità e ingigantiti i nostri difetti e le nostre mancanze. Questo rende impossibile sperimentare la vergogna da soli: occorre sempre essere esposti al giudizio dell’altro, un fatto che ci fa sentire vulnerabili perché temiamo che il nostro valore personale agli occhi degli altri sia in pericolo.

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Di fatto, si tratta del timore di essere letteralmente messi a nudo, in un modo in cui tutti possono vedere gli aspetti della nostra persona che cerchiamo di nascondere. È lo stesso processo che ci fa selezionare, ad esempio, le foto che pubblichiamo sui social: scegliamo accuratamente quelle in cui siamo venuti meglio o facciamo cose che pensiamo possano risultare interessanti. Nessuno di noi posterebbe mai una foto imbarazzante che rischia di intaccare la nostra reputazione, proprio perché ce ne vergogneremmo. Al contrario, abbiamo bisogno di un’approvazione, dei complimenti e degli apprezzamenti da parte degli altri, perché sono questi a farci sentire adeguati e con un valore.

La nascita della vergogna

Ma, a livello storico, quando la vergogna entra a far parte della nostra vita? Come abbiamo anticipato, quando nasciamo, non siamo in grado di provarla, perché la vergogna non è un’emozione primaria. I primi segnali che indicano la sua presenza si possono osservare intorno ai due anni di età, quando il bambino inizia ad acquisire un concetto di sé come essere distinto dal mondo.

Prima di allora, il bambino non ha consapevolezza di essere visibile, e quindi di poter essere esposto a un osservatore che potrebbe giudicarlo. Se ne accorge, secondo lo psicoanalista francese Lacan, durante quel periodo che lui chiama lo stadio dello specchio. In questa fase, il bambino impara a riconoscere il suo riflesso e comprende che gli altri possono vederlo perché possiede un’immagine disponibile alla vista degli altri. Da questo punto inizia un processo di identificazione, in cui il bambino diventa consapevole che ciascuno è sia osservatore che osservato e, gradualmente, costruirà il suo Essere.

Dopo lo stadio dello specchio, l’emozione della vergogna si amplia fino a toccare ambiti diversi da quello dell’immagine corporea, come si osserva durante le interazioni con i genitori. In particolare, quando il bambino attua un comportamento sbagliato, la vergogna può accompagnarsi alla sensazione di non essere accettato dal genitore che lo sta rimproverando, oppure a un senso di inadeguatezza che può portare a una svalutazione di sé. Ciò accade specialmente quando non viene indicato come cattivo solo il comportamento, ma anche il bambino stesso inteso come intera persona.

Il giudizio dei genitori, infatti, in quanto alterità principali, è fondamentale per il piccolo, che ha bisogno della loro guida per imparare a destreggiarsi tra le difficoltà e identificarsi come persona sicura, capace e con un suo valore. Al contrario, colpevolizzarlo per una condotta non ottimale rischia di accentuare il senso di vergogna inteso come paura di non essere all’altezza delle aspettative di mamma e papà.

Il fenomeno della vergogna

A livello visivo, la vergogna è una delle emozioni che sono più facilmente riconoscibili, dal momento che provoca una serie di modificazioni fisiologiche nel corpo che si notano in modo più o meno evidente a seconda delle persone.

In effetti, ci sono dei segnali che potremmo individuare come espressioni molto comuni della vergogna, primo tra tutti il rossore. Da una parte questo sembra una maschera che vuole proteggerci dall’esposizione al giudizio, mentre dall’altra comunica con forza come ci sentiamo, facendo sapere agli altri che quella situazione non ci piace, ci mette a disagio. Al rossore si può accompagnare una sudorazione eccessiva, che tenta di far fronte a una sensazione pervasiva di calore. Il corpo può irrigidirsi o accelerare le funzioni vitali, come la respirazione o il battito cardiaco, esattamente come succede quando ci sentiamo in pericolo.

Un cenno particolare va allo sguardo: un’altra manifestazione della vergogna è l’evitare di incrociare lo sguardo dell’altro, che sia cercando di nascondersi o semplicemente abbassando o voltando la testa in modo da guardare da un’altra parte. Lo sguardo dell’altro ci giudica, e cerchiamo di sfuggirgli perché ci aspettiamo che la valutazione sia negativa. Una verità di cui parlava anche il filosofo francese Sartre, definendo lo sguardo come “incarnato“, cioè immerso in una realtà in cui la stessa persona è oggetto guardato e soggetto che guarda. Ecco allora come dalle interazioni e dalla consapevolezza che gli altri ci vedono, inizia il processo di identificazione nei bambini e, per gli adulti, nasce il bisogno di controllare il modo in cui appariamo per negoziale l’opinione che gli altri hanno di noi.

Vergogna e senso di colpa: qual è il legame?

Come abbiamo detto, la vergogna si associa spesso alla paura, ma anche a un altro stato mentale, ovvero il senso di colpa. Tra le due emozioni possiamo trovare sia punti in comune che differenze. Per quanto riguarda i primi, possiamo sintetizzarli così: vergogna e senso di colpa sono emozioni sociali, consapevoli, che nascono da un confronto tra le aspettative della società e la nostra capacità di farvi fronte, si scatenano in conseguenza di un fallimento o un comportamento sbagliato e contribuiscono a costruire la nostra identità.

La distinzione principale tra vergogna e senso di colpa, invece, è nell’oggetto delle due emozioni: la vergogna si lega a un giudizio rivolto alla persona, mentre il senso di colpa da riferimento a un’azione. Ciò implica che, anche se non pensiamo di meritare il perdono, il senso di colpa, a meno che non si accompagni a un disturbo mentale come la depressione, non ha riflessi sull’immagine di sé. Il timore, quindi, si concentra sulla possibilità di essere puniti, mentre nel caso della vergogna consiste nella paura di perdere la propria dignità a causa di un fallimento che potrebbe dipingerci negativamente agli occhi dell’altro e determinare un abbandono.

Se molto accentuate, sia la vergogna che il senso di colpa possono dare luogo a malesseri importanti, per i quali può essere fondamentale e decisivo chiedere aiuto a un professionista.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.