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Che cos’è la neofobia: il rifiuto per le cose nuove

Per neofobia si intende un’atteggiamento di profonda avversione nei confronti delle cose nuove. Più nello specifico, la neofobia è spesso intesa come neofobia alimentare: cioè come rifiuto del bambino nei confronti di alimenti e pietanze nuove.

Ricordiamo che questo atteggiamento può riguardare gli adulti in casi piuttosto rari.

Le cause di neofobia possono essere biologico-genetiche o ambientali.

Infine, le ipotesi di cura comprendono esposizione allo stimolo e insegnamento attraverso apprendimento osservativo. 

Scenderemo più nel dettaglio nel corso di tutto l’articolo. Speriamo che, al termine della lettura, abbiate capito perché vostro figlio rifiuta il cibo e come agire per risolvere il problema.

Neofobia: un’introduzione

Al contrario di altre fobie specifiche, la neofobia non può essere classificata come un disturbo d’ansia; bensì come una conseguenza naturale dell’evoluzione. Gran parte dei mammiferi, ma anche dei rettili, tendono a rifiutare oggetti nuovi che vengono inseriti nel loro ambiente. 

Da questo punto di vista, la neofobia è un atteggiamento difensivo: 

  • dato che un oggetto ignoto può costituire un pericolo
  • si potrebbe tendere, inconsapevolmente, verso il suo rifiuto. 

La neofobia è dunque causata da un primitivo impulso all’auto-conservazione. Può però diventare un problema se persiste nel tempo, portando il bambino al rifiuto di un gran numero di alimenti necessari per la sua crescita. 

Perché mio figlio rifiuta il cibo? La selettività 

La neofobia non va confusa con la selettività. Proprio come la neofobia, anche la selettività tende a svilupparsi durante i 2-6 anni e indica l’apprezzamento del bambino verso alcuni specifici alimenti. Ne consegue il rifiuto verso altri. 

Se la selettività è assolutamente normale, la neofobia può costituire un problema: per il genitore o la figura di riferimento che tenta di far seguire al bambino una dieta sana ed equilibrata. 

Ricordiamo inoltre che la neofobia può estendersi anche alla maggiore età: in alcuni adolescenti, per esempio, è stata testimoniata questa problematica. 

Neofobia: quali sono i sintomi?

I sintomi della neofobia comprendono il rifiuto verso alimenti sconosciuti, nella maggior parte dei casi verso pesce, verdura e frutta. Il bambino potrebbe provare vero e proprio timore nei confronti di questi oggetti e rifiutarne il consumo. 

Altri sintomi possono comprendere: 

  • pianto;
  • nausea di fronte all’alimento.

Ricordiamo che la problematica sorge intorno ai 2-6 anni ma può svilupparsi anche più tardi. Per riconoscere un bambino neofobico, è allora importante rispondere a queste domande: 

  • mio figlio mangia meno frutta e verdura del necessario?
  • ha un repertorio alimentare limitato?
  • tende a rifiutare tutto ciò che a tavola costituisce una novità?

Sintomi a lungo termine

A lungo termine, la neofobia potrebbe comportare problematiche alimentari come carenze vitaminiche, proteiche, di fibre e altro ancora. Ecco perché, per un genitore, è tanto importante comprendere come comportarsi di fronte alla questione. Risulta inoltre assodato che i tentativi di forzare il bambino tendono a non avere alcun effetto positivo. 

Le cause della neofobia

Abbiamo detto che alcune cause riguardano il fattore genetico-evolutivo: il bambino può rifiutare il cibo per un innato istinto di auto-protezione. Altre cause possono comprendere: 

  • fattori ambientali: per esempio, il tentativo del bambino di opporsi alla figura genitoriale o richiedere attenzioni che altrimenti non riceverebbe. 
  • fattori caratteriali: come un minore piacere nel consumare il cibo e in generale nel mangiare.

Come curare la neofobia alimentare?

Curare la neofobia alimentare è necessario affinché il bambino sviluppi una dieta sana ed equilibrata, che gli fornisca tutti i macro e i micronutrienti di cui ha bisogno. Ma come si può ovviare al suo atteggiamento di avversione?

Prima di tutto, somministrare un’ampia varietà di alimenti prima dell’insorgere della neofobia alimentare è una buona soluzione preventiva. Conoscendo già gli alimenti necessari alla crescita, il bambino tenderà a sviluppare un minore atteggiamento di rifiuto. 

Se il bambino ha già sviluppato neofobia alimentare, invece, diventa necessario individuare la causa del problema e agire di conseguenza: 

  • se la causa è ambientale (atteggiamento di opposizione verso la figura di riferimento), si potrà optare per l’incontro con uno specialista che aiuti a rafforzare il legame tra genitore e figlio; 
  • se la causa è puramente genetica, si opterà per un intervento terapeutico in grado di diminuire lo stimolo ansiogeno relativo alla novità. 

In tal modo, il bambino apprenderà come discriminare tra stimoli realmente pericolosi e stimoli in cui il pericolo percepito è solo immaginario.

Conclusione

In conclusione, un certo grado di neofobia alimentare è normale durante le fasi della crescita. Si deve peraltro saper distinguere tra neofobia e selettività, cui il bambino ha pienamente diritto nella fase della scoperta dell’autonomia. Quando l’avversione diviene nociva per uno sviluppo sano, è necessario rivolgersi ad un medico per risolvere il problema nel minor tempo possibile.

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.