L’urofobia, volgarmente chiamata sindrome della vescica timida, indica la paura di non riuscire ad urinare in situazioni che implicano la compresenza di altri soggetti (bagni pubblici, spogliatoi). L’urofobico ha dunque timore di non poter urinare se altre persone sanno che sta urinando.
Questa paura è di natura fobica: non si riferisce quindi a un timore motivato e razionale, ma ad una paura morbosa che il soggetto non è in grado di gestire né controllare.
I sintomi più comuni della psicopatologia sono ansia anticipatoria, compulsioni relative all’uso del bagno, pensieri intrusivi e/o fantasie relative a scenari potenziali (cioè a scenari in cui il soggetto non riesce ad urinare).
L’urofobia è un disturbo subdolo, perché è tra le principali cause di ansia e angoscia che a loro volta possono causare difficoltà fisiologica ad urinare (Boschen, 2008). Si tratta di un circolo vizioso da cui spiegheremo esattamente come uscire.
Le ipotesi di trattamento comprendono invece: terapia cognitivo-comportamentale o approccio breve strategico per una rapida ed efficace risoluzione del problema.
Leggi tutto l’articolo se vuoi saperne di più sull’urofobia, scoprendo quali sono le cause, quali le conseguenze e quali le possibili soluzioni.
Urofobia: la paura di non poter urinare
Le fobie sono categorizzate come disturbi d’ansia; non deve sorprendere se con essi intrattengono un rapporto privilegiato a livello diagnostico. Prendiamo per esempio il disturbo d’ansia sociale: un soggetto prova timore incontrollato, panico e disagio di fronte a situazioni di socialità comunemente considerate inoffensive.
Nel caso dell’urofobia avviene la stessa cosa: l’urofobico sperimenta vera e propria paura di fronte al pensiero di non riuscire ad urinare, come se questo costituisse un pericolo reale e non soltanto immaginato.
La fobia è quindi una paura patologica, morbosa, immotivata e irrazionale, che può spingere il soggetto ad adottare comportamenti compulsivi che a lungo andare possono peggiorare il quadro clinico.
Come funziona l’urofobia?
L’urofobia è un disturbo particolarmente subdolo, in cui le conseguenze possono essere scambiate per cause contribuendo al convincimento psicopatologico del soggetto affetto da fobia.
Spieghiamoci meglio:
- il soggetto urofobico, a causa della patologia, può sperimentare ansia e tensione emotiva e psicofisica;
- com’è dimostrato, questa tensione può poi causare difficoltà nella minzione e altre problematiche legate all’orinazione.
Ecco che, la convinzione psicopatologica, va a rafforzarsi convincendo il soggetto della veridicità delle sue paure.
Quali sono i sintomi dell’urofobia?
Tra i principali sintomi di urofobia, ricordiamo:
- agitazione;
- attacchi d’ansia;
- cefalee;
- dolori alla zona genitale (causati dalla bassa frequenza della minzione);
- attacchi di panico;
- disagio a trovarsi in certi luoghi come bagni pubblici, o a partecipare a talune occasioni come feste, viaggi, etc.
Strategie disfunzionali di difesa
Come tutti i soggetti fobici, anche questi individui possono mettere in pratica delle strategie disfunzionali di evitamento o controllo atte a combattere lo stimolo ansiogeno. Le strategie disfunzionali funzionano così:
- uno stimolo (a) mi causa profonda angoscia;
- per non sperimentare il disagio legato allo stimolo o risposta (b);
- evito certi atteggiamenti che potrebbero mettermi di fronte all’elemento stressante.
Per esempio, potrei evitare di assumere liquidi per non dover urinare (a); non utilizzare il bagno per lunghi periodi di tempo e così via. I meccanismi di difesa forniscono sollievo apparente dalla problematica fobica; a lungo termine, possono portare allo sviluppo di compulsioni e aggravare il quadro clinico del paziente.
Altre cause
Altre cause di urofobia possono comprendere:
- esperienze traumatiche come malattie della prostata e della zona genitale;
- depressione;
- disturbi dello spettro schizofrenico.
Per ogni caso, il medico curante si occuperà di fornire una diversa diagnosi così da offrire al paziente il miglior metodo di cura.
Come si cura l’urofobia?
Se le cause dell’urofobia non sono fisiologiche, è consigliabile affidarsi ad uno psichiatra o a un terapeuta. Il modello terapeutico più utilizzato per il trattamento delle fobie è quello cognitivo-comportamentale (CBT) o la terapia breve strategica.
Quest’ultimo modello funziona a stampo costruttivista:
- si fonda cioè sull’assunto per cui l’azione precede la conoscenza, sia da un punto di vista terapeutico che esistenziale.
Così, con un esempio banale, se il bambino può apprendere qualche cosa (la matematica), è perché ha dapprima agito nel mondo circostante (ha dovuto contare). La categoria si applica anche ai disturbi fobici:
- per curare una fobia, non è necessario destrutturare il modo di pensare del paziente affinché egli possa poi cambiare il suo modo di agire;
- ma è necessario fargli cambiare modo di agire, affinché possa poi cambiare schema di pensiero.
Si tratterà, allora, di fornire una corretta diagnosi per individuare le cause specifiche del problema; e in seguito lavorare sui comportamenti abituali del paziente per destrutturare lo schema disfunzionale di pensiero che è causa di fobia.
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