Strappare lungo i bordi: il commento della psicologa

Cosa ci insegna “Strappare lungo i bordi” sul benessere mentale? Un’analisi psicologica della serie evidenzia come affronta temi di ansia e identità, offrendo spunti per la riflessione personale.

Strappare lungo i bordi, una serie creata dall’eclettico autore italiano Zero Calcare, è un viaggio emozionante e toccante che attraversa tematiche di vita importanti come le complessità delle dinamiche relazionali, la ricerca del significato nella vita e l’esperienza di perdita. 

Rilasciata nel 2021, questa serie ha catturato il cuore di molti spettatori, offrendo non solo una storia avvincente ma anche un profondo sguardo nella psicologia umana.

Il significato del titolo “strappare lungo i bordi”

Cosa vuol dire strappare lungo i bordi? Vuol dire provare, inutilmente, a ritagliarsi una figura di perfezione che coincide all’immagine che abbiamo di noi stessi. 

La serie si inserisce in una profonda riflessione sulla nostra società, che spesso ci impone (in modo diretto o indiretto), un percorso predefinito nella vita. Questo percorso include l’istruzione, il lavoro, la creazione di una famiglia, l’invecchiamento e, infine, la pensione, con tempistiche che sembrano quasi obbligate. 

Chiunque si allontani da questo percorso considerato “normale” viene classificato come fuori rotta o fuori tempo, come se avesse sbagliato.

Ma se la verità fosse che possiamo scoprire chi siamo solo vivendo, e non ritagliando frammenti di carta? 

Molte persone passano la vita cercando di aderire a standard esterni o interni, ma la serie ci ricorda che la vera scoperta di sé stessi avviene attraverso l’esperienza diretta e l’accettazione delle imperfezioni

D’altronde come ci rammenta Armadillo: “Tanto se una cosa deve succedere, succede. Tutta ‘sta fretta di far succedere le cose ce l’ha messa il capitalismo”. 

Relazioni intepersonali: l’equilibrio tra Secco e Sarah

All’interno della serie emergono due personaggi chiave che svolgono un ruolo cruciale nel percorso di crescita del protagonista: Secco e Sarah, e incarnano rispettivamente due polarità delle relazioni interpersonali e delle dinamiche dell’amicizia.

Secco: il pokerista alienato

Secco è l’incarnazione dell’indifferenza e della noncuranza. La serie lo ritrae come un amico leale, ma al tempo stesso distante dalle preoccupazioni della vita.

Il suo atteggiamento noncurante, simboleggiato dalla famosa frase “Annamo a pijà un gelato?” esprime, nella sua disarmante e un po’ sfacciata leggerezza, uno stile di vita improntato al disimpegno: una via di fuga, attraverso la distrazione infantile del gelato. Dalla frustrazione al senso di sconfitta che dominano la sua esistenza alienata di pokerista virtuale.

Ma secco è davvero svogliato?

Dietro questa maschera di indifferenza si nasconde un profondo disagio emotivo. Per sfuggire a un mondo fatto di pressioni e aspettative, molti come Secco, cercano rifugio nel distacco dalla realtà.

Ed ecco allora che poker e gelato non sono capricci di un bambino, ma modi per scappare da un mondo che Secco sente come stretto, pressante e schiacciante.

Sarah: la consapevolezza

Dall’altro lato dello spettro, Sarah rappresenta l’approccio opposto. 

La serie la ritrae come una persona attenta, orientata al futuro e molto consapevole delle questioni della vita. La sua ambizione di diventare insegnante e la sua attenzione ai dettagli riflettono la sua dedizione a costruire una vita significativa. 

Ma non ti rendi conto di quant’è bello? Che non ti porti il peso del mondo sulle spalle, che sei soltanto un filo d’erba in un prato? Non ti senti più leggero?”. 

Queste parole di Sarah rappresentano una vera e propria spinta per Zero, il quale tende ad affrontare situazioni con forti paranoie e ansie. Sarah rappresenta un contrapposto vitale, incoraggiandolo a lasciar andare il peso inutile e a abbracciare il presente.

In un contesto psicologico, Sarah potrebbe simboleggiare la ricerca di scopi e obiettivi nella vita, insieme all’importanza di una pianificazione oculata.

La voce della coscienza: Armadillo

Nella serie il personaggio di Armadillo rappresenta la voce della coscienza di Zero e svolge un ruolo essenziale nell’evoluzione del protagonista.

Armadillo è un compagno scomodo ma prezioso, il cui ruolo principale è mettere in luce le incoerenze e le zone d’ombra del comportamento di Zero.

La relazione tra Zero e Armadillo è una rappresentazione ben fatta del conflitto interiore che caratterizza molte persone in momenti di stallo o incertezza nella vita. 

Armadillo incarna la parte di Zero che è consapevole di dover compiere un passo avanti nell’auto-introspezione, nell’accettazione delle proprie debolezze e nel suo processo di crescita. Tuttavia, Zero spesso si ritrova a preferire l’illusione di comfort nella sua “zona di fallimento,” piuttosto che mettersi davvero in discussione.

Le fasi del ciclo vitale: sfide e opportunità

La narrazione sulle diverse fasi del ciclo vitale di Zero evoca il lavoro teorico di Erikson, uno psicoanalista noto per la sua teoria dello sviluppo psicosociale, che ha evidenziato come ogni fase della vita sia caratterizzata da sfide specifiche e conflitti interni.

Il passaggio da un’età all’altra, dal momento in cui Zero è un adolescente a quando affronta le complessità dell’età adulta, ci permette di esplorare le sfide tipiche di queste transizioni. 

Nei primi episodi vediamo Zero a 17 anni, nel disperato tentativo di affrontare gli interrogativi sull’identità personale e sul suo ruolo nella società. A questa età, secondo Erikson, si inizia a progettare un’immagine di quella futura persona a cui vogliamo assomigliare.

È il momento in cui cerca di capire chi è quale strada vuole seguire nella vita.

“E allora noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché c’avevamo diciassette anni e tutto il tempo del mondo”.

Da qui, il desiderio comune che si ha a questa età, di avere “tutto il tempo del mondo” per costruire le proprie vite e di seguire un percorso predefinito. Tuttavia, la realtà è spesso diversa, e il passaggio all’età adulta porta con sé una maggiore consapevolezza delle sfide e delle responsabilità. 

La serie qui ci ricorda che la vita è spesso una serie di ostacoli e opportunità che richiedono auto-riflessione, crescita e adattamento.

Dalla percezione dell’onnipotenza alla consapevolezza della propria umanità

“Ho pensato che c’era qualcosa di incredibilmente rasserenante nell’essere un filo d’erba. Che non faceva la differenza per nessuno. E non c’aveva la responsabilità per tutti i mali del mondo”. 

Questa frase riflette l’aspetto fondamentale di questa fase: Zero sta sperimentando il passaggio dalla percezione di onnipotenza tipica dell’adolescenza all’accettazione della propria umanità e abbandona la pretesa di poter cambiare il mondo intero da solo.

Il passaggio dalla percezione dell’onnipotenza alla consapevolezza della propria umanità è una tappa significativa nello sviluppo personale, in cui si affronta la realtà delle proprie limitazioni

Questa consapevolezza può essere dolorosa, ma è anche una pietra miliare fondamentale nel percorso di crescita. Zero sta imparando a bilanciare le aspettative su se stesso e a riconoscere che non può portare il peso del mondo sulle spalle. È un momento di liberazione e maturità.

La perdita e il processo di lutto

Il tema della perdita, in particolare la perdita di Alice, è centrale e porta il protagonista ad attraversare un processo di lutto

“La cicatrice non passa, è come una medaglia che nessuno ti può portare via. Perché è una cicatrice.”

Le cicatrici, sia fisiche che emotive, rappresentano le esperienze dolorose o traumatiche nella vita di una persona. Le perdite significative, come la morte di una persona amata, possono lasciare cicatrici emotive profonde, che possono non scomparire completamente. Queste cicatrici rappresentano il nostro legame con il passato e le esperienze che abbiamo vissuto.

Le cicatrici emotive rimangono con noi, ma non devono necessariamente essere viste come un peso insostenibile. Invece, possono essere considerate come “medaglie” che simboleggiano la nostra resilienza e la nostra capacità di guarire.

Le cicatrici emotive possono fungere da costante promemoria delle persone che abbiamo amato e delle esperienze che abbiamo condiviso con loro. 

Lutto e perdita: la ricerca del significato

Spesso, quando affrontiamo la morte di qualcuno, siamo spinti a cercare una spiegazione o una motivazione, il che può essere particolarmente vero quando la morte sembra inspiegabile o improvvisa.

Tuttavia, le persone sono intricate e multidimensionali: molte delle loro motivazioni possono rimanere insondabili dall’esterno, a volte per sempre. La morte di una persona può essere il risultato di molte variabili, spesso non completamente comprensibili.

A questo propostio Sarah ci ricorda:

“Le persone sono complesse: hanno lati che non conosci, hanno comportamenti mossi da ragioni intime e insondabili dall’esterno. Noi vediamo solo un pezzetto piccolissimo di quello che c’hanno dentro e fuori. E da soli non spostiamo quasi niente. Siamo fili d’erba, ti ricordi?”

Conclusioni

Questa straordinaria serie ci insegna che è del tutto normale, a qualsiasi età, sentirsi come fili d’erba che cercano di delineare i propri bordi nella trama imprevedibile della vita. 

Non esistono sentieri prestabiliti, né confini netti che definiscano chi siamo. 

La vita è una tela in continua evoluzione, e spesso ci troviamo confusi, incerti, senza sapere chi siamo o cosa vogliamo. 

Siamo tutti in una costante ricerca, imparando a vivere e ad accettare che la vita è un intricato disegno in cui i contorni si delineano solo vivendola pienamente. E in questo strappare lungo i bordi, i nostri bordi e non quelli imposti dal contesto sociale in cui siamo, troviamo la nostra autenticità, la nostra unicità e la magia di essere umani.

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Ludovica Feliziani

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Descrizione
Anima solare e (quasi) psicologa clinica, sono la blog manager di Serenis. Qui unisco il mondo della psicologia a quello del copywriting. Credo nell'importanza di imparare dagli errori, nella comunicazione aperta e nella condivisione, cuore di tutto ciò che faccio.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

reviewer

Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.