La depressione è un disturbo dell’umore che va oltre il mero sentimento di tristezza; è un carico emotivo che perdura nel tempo, influenzando la percezione del mondo e le relazioni interpersonali.
Sebbene sia una realtà diffusa e conosciuta, la depressione materna rimane un argomento spesso trascurato.
Questo articolo affronterà un tema cruciale e spesso sottovalutato: l’effetto della depressione materna sui bambini. La madre, figura di fondamentale importanza nella vita di un bambino, diventa una sorta di “madre morta” quando è afflitta dalla depressione, creando un’assenza emotiva che può avere impatti duraturi sulla crescita e lo sviluppo del bambino.
Esploreremo le molteplici sfaccettature della depressione materna, dai suoi molteplici fattori scatenanti alle sue conseguenze specifiche sui bambini in diverse fasi della loro crescita. Inoltre, esamineremo possibili soluzioni e approcci per affrontare la depressione materna e ridurre l’effetto a lungo termine su chi è più vulnerabile, i bambini.
Cosa significa avere una madre depressa?
La depressione è un disturbo dell’umore che perdura nel tempo e che può causare sensazioni di profonda tristezza e demotivazione oltre che difficoltà nei rapporti intra ed extrapersonali. A parere del DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), esistono svariati tipi di depressione, con dei sintomi salienti che possono comprendere:
- tristezza cronica;
- anedonia;
- insonnia o ipersonnia;
- isolamento sociale;
- perdita di motivazione e altro ancora.
Ma cosa succede quando ad essere depressa è una madre? L’argomento viene trattato raramente, forse a causa della poca sensibilizzazione che la tematica della salute mentale ha in generale in Italia e nel mondo.
Ne parleremo approfonditamente nel corso dell’articolo, cercando di comprendere gli effetti che la depressione materna può avere sul bambino.
Depressione materna
La depressione materna può avere cause variegate. Se segue al parto e all’evento della gravidanza, si parla di depressione post-partum, condizioni dovuta ad un drammatico calo ormonale che interessa la donna in seguito al travaglio.
In alternativa, la madre potrebbe soffrire di una patologia pregressa o indipendente dalla gravidanza. Potrebbe anche sviluppare depressione quando il bambino è già uscito dall’età infantile e si avvia verso l’adolescenza.
In effetti, le cause della depressione sono molto variegate e possono comprendere ragioni genetiche, ambientali e caratteriali. Vari studi hanno dimostrato una componente ereditaria nel disturbo depressivo; è inoltre accertato che crescere con una figura di riferimento depressa possa contribuire allo sviluppo di depressione.
Aggiungiamo che gli effetti della depressione sui figli possono variare di molto da contesto a contesto, a seconda dell’età dei figli, del tipo di depressione di cui soffre la madre (distimia, depressione maggiore), della struttura familiare in genere e della solidità delle altre relazioni con le figure di riferimento.
Antigone e la madre morta
A parere di André Green, la costellazione di significati che ruotano attorno alla depressione materna può essere definito complesso della madre morta.
Ciò è particolarmente significativo nel caso di bambini in età infantili, incapaci di comprendere il significato della depressione e della malattia mentale. La madre morta è quindi una madre viva, fisicamente parlando, ma morta emotivamente e agli occhi del bambino, che si rapporta ad un caregiver assente, spossato, triste e spesso esausto.
La madre morta è un concetto forte e linguisticamente pregno, che fin dai tempi di Antigone interessa la società occidentale nel rapporto con la figura materna. Proprio Antigone, la figlia di Edipo, affermava di essersi data in sposa alla morte, di aver fatto della tomba una camera nuziale.
Dinanzi a questa figura spettrale, il bambino può sentirsi spaesato e rifiutato, sviluppando problematiche anche gravi dal punto di vista dello stile di attaccamento.
Effetti sul bambino della depressione materna
Gli effetti sul bambino variano da caso a caso. Fattori importanti sono l’età e quindi la maturità psicologica ed emotiva. Se il rapporto con la madre depressa avviene in età infantile, possono prodursi problematiche come:
- il bambino diviene adulto prima del tempo, andando a sostituirsi alla madre e nel lungo periodo sviluppando una personalità codipendente;
- il bambino si ripiega su se stesso, vittima di una ferita narcisistica troppo profonda che potrebbe un giorno sfociare in un disturbo narcisistico della personalità;
- in alternativa potrebbe introiettare gli atteggiamenti materni, divenendo propenso alla depressione o ad un senso di vuoto che andrà a permeare tutti i suoi vissuti.
Se invece il rapporto con la madre depressa avviene durante l’adolescenza, possono prodursi sentimenti contrastanti come rancore, rabbia, odio e simili. L’adolescente potrebbe rifugiarsi nell’abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, per rispondere ad una sofferenza emotiva apparentemente senza via d’uscita.
Ricordiamo che il depresso tende a mettere in atto tentate soluzioni, come la rinuncia, la delega e il vittimismo. Potrebbe allora aggrapparsi ai figli come all’unica speranza di salvezza o delegare loro la gestione della casa e del nucleo familiare.
Soluzioni per la depressione materna
La depressione è un disturbo subdolo, che tende a funzionare ad intermittenza o a presentarsi con continuità, e che ha ragioni legate alla neurobiologia e quindi trattabili con una certa complessità terapeutica.
Ad oggi, le nuove ricerche a livello psicofarmacologico permettono di trattare questo disturbo dell’umore con una certa efficacia, ma i casi di remissione totale sono rari e poco testimoniati.
Questo significa che, se la depressione è di natura genetica, tenderà a ripresentarsi nell’arco della vita e dovrà essere tenuta sotto controllo con un percorso terapeutico e farmacologico continuativo. Dal punto di vista terapeutico, è consigliata la terapia cognitivo-comportamentale, che può aiutare la madre depressa a superare i cosiddetti Pensieri Automatici Negativi (PAN) e cioè a superare i processi meccanici di pensiero che spesso partecipano del disturbo depressivo.
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