Cominciamo da una breve definizione: l’atelofobia è una psicopatologia caratterizzata dalla fobia delle imperfezioni (siano esse relative alla carriera, alle relazioni interpersonali, all’aspetto fisico).
In quanto psicopatologia, l’atelofobia ha degli effetti negativi sulla vita quotidiana del soggetto che ne è affetto. Eppure, con un percorso di psicoterapia, è possibile curare questo disturbo caratterizzato da ansia e continuo senso di disagio.
Vediamo adesso in quale maniera.
Atelofobia: cos’è e come si presenta
L’atelofobia rientra nei disturbi fobici, cioè nelle fobie caratterizzate da paura spropositata e irrazionale di tipo patologico. Si tratta quindi di un disturbo d’ansia – nel quale il soggetto, costantemente insoddisfatto di se stesso, tenta di raggiungere la perfezione senza riuscire mai a sentirsi gratificato.
L’atelofobia può quindi riguardare l’aspetto fisico (la fisionomia del volto, la forma delle labbra, il fisico, etc.): in tal caso, il soggetto fobico si percepisce come inadeguato rispetto agli standard che vorrebbe raggiungere.
Ma può estendersi a svariati altri ambiti, tra cui:
- carriera lavorativa o scolastica;
- relazioni interpersonali;
- percezione di sé.
Come si presenta l’atelofobia
All’inizio, il soggetto atelofobico potrebbe apparire come un individuo molto autocritico e perennemente insoddisfatto. Eppure, l’atelofobia diviene tale solo quando la paura relativa all’imperfezione è di natura patologica.
Cosicché, pur raggiungendo molteplici obiettivi, modificando il proprio fisico, costruendo relazioni soddisfacenti, l’atelofobico continua a percepire la medesima insoddisfazione.
L’impossibilità di ottenere gratificazione conduce il soggetto a sperimentare una serie di sintomi di natura emotiva, fisica e psicologica. Vediamo insieme quali.
Quali sono i sintomi dell’atelofobia? Come riconoscerla
L’atelofobico tende ad avere standard molto alti. Le sue aspettative, però, risultano impossibili da soddisfare: ecco che il soggetto può sperimentare frustrazione, ansia, attacchi di panico, insonnia, pensiero pessimistico, auto-svalutazione.
Inoltre, il soggetto fobico può sperimentare un alto grado di eccitazione fisica ed emotiva: prefissandosi continuamente nuovi scopi, l’atelofobico non riesce infatti a godersi neanche un attimo di riposo.
La fobia si presenta quindi come un circolo vizioso:
- mi pongo obiettivi irrealistici;
- non riesco a raggiungerli;
- provo nuova frustrazione andando a peggiorare il mio quadro clinico.
Scendiamo nel dettaglio
Quando la psicopatologia è ancora lieve, il soggetto potrebbe sperimentare una generale insoddisfazione. Lì dove la fobia aumenta di grado e intensità, i sintomi possono invece sfociare in veri e propri attacchi di panico (con relativa tachicardia, timore di morire, battito accelerato, respiro affannoso).
Gli attacchi di panico possono scaturire da eventi apparentemente senza importanza. Cosicché il soggetto, anche di fronte a normali occasioni quotidiane, potrebbe percepire un forte carico di stress e reagire di conseguenza.
Ciò che viene comunemente chiamato “attacco di panico”, ha difatti delle cause fisiologiche molto specifiche.
- Quando l’individuo percepisce una situazione come pericolosa o mortale, subisce un’attivazione dei circuiti neurovegetativi.
- L’individuo atelofobico subisce l’attivazione di tali circuiti dinanzi all’oggetto della fobia (di per sé né pericoloso né mortale): per esempio davanti ad una critica, ad un fallimento lavorativo e via dicendo.
Ecco che, col passare del tempo, l’atelofobia può divenire invalidante in svariati contesti della vita quotidiana.
Cause dell’atelofobia: perché non ci si sente all’altezza?
L’eziologia dell’atelofobia è complessa: gli studiosi concordano nell’individuare cause ambientali, genetiche e caratteriali.
Per esempio, l’atelofobia potrebbe essere causata da vissuti traumatici: aspettative troppo alte, nel corso dell’infanzia, possono portare allo sviluppo di questa psicopatologia (cause ambientali).
Anche un carattere estremamente perfezionista può contribuire allo sviluppo della fobia (cause caratteriali).
In alternativa, l’atelofobia potrebbe essere collegata alla stessa fisiologia cerebrale (cause genetiche).
Intervenire prima che sia troppo tardi
I soggetti atelofobici tendono ad avere un alto livello di fragilità emotiva. A lungo andare, il disturbo può acuirsi portando a vere e proprie sensazioni di umiliazione, ma anche a depressione e, se la fobia riguarda l’aspetto fisico, a disturbi dell’alimentazione.
Nei casi più gravi i pazienti possono anche tentare il suicidio.
Ecco perché appare fondamentale agire il prima possibile per individuare le cause specifiche del disturbo e per indirizzare il paziente sulla via della guarigione.
Metodi di cura
Curare l’atelofobia è possibile: attraverso un percorso di psicoterapia spesso accompagnato dall’assunzione di farmaci.
Tra questi farmaci compaiono:
- SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina);
- benzodiazepine;
- MAOI (inibitori delle monoamino ossidasi).
E altri ancora.
Il tipo di terapia dipenderà, di volta in volta, dalla gravità del disturbo e dal paziente specifico. In studio o online, il terapeuta tenterà soprattutto di modificare le credenze disfunzionali del soggetto fobico sostituendole con credenze più funzionali o positive.
Altri metodi di supporto possono comprendere la meditazione e lo yoga, discipline capaci di avere un effetto positivo sui disturbi d’ansia e quindi anche sull’atelofobia.
Conclusione
Sperimentare delusione è naturale: si tratta di comprendere quando la delusione è patologica e il carico emotivo troppo duro da sopportare. Curare l’atelofobia non significa togliere desiderio di competizione al paziente in cura, ma farlo approcciare alle sfide con rinnovata serenità e attenzione alla propria salute mentale.
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