Il complesso di superiorità: la storia di un’autostima fragile

Diresti mai che il complesso di superiorità è la faccia opposta di una stessa medaglia, condivisa con il complesso di inferiorità? Apparentemente sono due fenomeni opposti, ma ti sei mai chiesto come mai una persona senta il bisogno di dimostrare agli altri di essere la migliore ed eccellere in ogni cosa che fa? Le ragioni che guidano questo comportamento sono in realtà la fonte di un meccanismo molto simile a quello che scatena il complesso di inferiorità, ed ecco che la medesima dinamica si esprime in due atteggiamenti completamente diversi.

Ti incuriosisce questo argomento? Continua a leggere e scoprirai che legame c’è tra il complesso di superiorità e quello di inferiorità.

Complesso di superiorità e complesso di inferiorità: alcune definizioni

Vediamo, in primo luogo, di fare chiarezza su alcuni termini per definire di cosa stiamo parlando. Se il complesso di inferiorità rappresenta un modo di sentirsi manchevoli o difettuali rispetto agli altri e può portare a un senso di blocco e limitazione delle possibilità di azione nel mondo, il complesso di inferiorità si trova, almeno in apparenza, agli estremi opposti.

Più precisamente, con questa espressione intendiamo un sentimento di eccessiva autostima, unito a una convinzione di essere nettamente superiore agli altri relativamente a un determinato ambito (come lo sport, il lavoro, l’attrattiva fisica, l’intelligenza) oppure trasversale a diverse aree della vita. In entrambi i casi si tratta di processi di pensiero che vengono messi in atto in maniera inconsapevole, e che guidano, come diretta conseguenza, alla pratica di comportamenti coerenti con le proprie credenze. Ma è anche vero che alcune persone si rendono conto di avere un’autostima troppo bassa e di attribuirsi ingiustamente meno valore rispetto agli altri.

La scoperta del complesso di superiorità, invece, solitamente avviene in modo brusco perché la persona tende a credere veramente di essere legittimata a vantarsi ed esibire i suoi successi con gli altri. Ma ciò che è interessante è che questo processo viene attuato, spesso, in conseguenza del complesso di inferiorità, come forma di compensazione per non lasciarsi paralizzare da sentimenti e pensieri di autosvalutazione e da un’autoefficacia compromessa.

Che cosa causa il complesso di superiorità?

Il primo a parlare del complesso di superiorità e a descriverlo fu Alfred Adler, uno dei padri fondatori della psicodinamica. Secondo lui il complesso, in generale, è il risultato di una serie di pensieri e sentimenti che inducono la persona ad avere la certezza assoluta di possedere o non possedere determinate caratteristiche o qualità, una convinzione talmente radicata che no può essere smossa da nulla, nemmeno da prove schiaccianti o dal ragionamento logico.

Questo accade perché le stesse basi che determinano questo ragionamento sono molto fragili. Ad esempio, nel caso del complesso di superiorità, una persona può convincersi di essere migliore di tutti gli altri che lavorano con lui perché nota che i colleghi lo evitano, non cercano in confronto con lui o lei e riducono le comunicazioni al minimo indispensabile. Questa osservazione rappresenta la base per un’interpretazione: i colleghi cercano di isolarmi perché sono invidiosi del fatto che io sia migliore di loro.

Perché questo accade, nel concreto? Come abbiamo detto, spesso il punto di partenza per lo sviluppo di un complesso di superiorità è il suo estremo opposto, ovvero il complesso di inferiorità. A volte le convinzioni svalutanti sono così intense da rischiare di portare all’autodistruzione, rinnegando non solo tutte le qualità che si possiedono, ma arrivando anche a sabotare tutti i tentativi di miglioramento, nella certezza che tanto non c’è speranza di riuscire, solo il rischio quasi assodato di un fallimento.

Questo rende necessario trovare una forma di compensazione, dal momento che il complesso di inferiorità può essere davvero invalidante. E il modo in cui si cerca di uscire da questa difficoltà e dal rischio di rimanere paralizzati dalla paura di non essere all’altezza di qualcosa, è coprire tutto ciò che si pensa sia difettuale con una superiorità fittizia, che viene mostrata all’esterno ma non corrisponde a ciò che si sente dentro.

In pratica, più una persona appare sicura e mette in risalto quanto è superiore rispetto agli altri, più è intensa la sua percezione di manchevolezza, che cerca di mascherare con un’immagine di sé illusoria in cui finisce per credere, ma fino a un certo punto. Anche se dentro di sé la persona nutre dubbi sulle sue effettive capacità, tante volte una semplice illusione di essere migliore degli altri è sufficiente a compensare il complesso di inferiorità.

Conseguenze del complesso di superiorità

Ma a livello pratico, il risultato non cambia: sono proprio questi dubbi, insieme al timore di non essere effettivamente all’altezza delle aspettative, a mantenere i comportamenti di evitamento che potrebbero smascherare la sua finzione. L’ipotesi di agire per dimostrare effettivamente la propria bravura non viene mai presa in considerazione dall’individuo con complesso di superiorità, che invece ha interesse nel mantenere il tutto su un piano fittizio, illusorio e astratto.

Per quanto concerne le conseguenze, quindi, il complesso di superiorità non è particolarmente funzionale, se non per il fatto che l’illusione sulla quale si basa pervade anche le credenze della persona stessa che, in questo modo, riesce a mitigare la sua sofferenza. Ma è anche vero che in questo modo la persona acquisisce una fiducia immotivata nelle sue capacità che fa automaticamente apparire gli altri decisamente peggiori di lui ai suoi occhi.

In tal modo, è facile che la persona diventi competitiva, senza tuttavia arrivare a provare a dimostrare alcunché, ma semplicemente provocando gli altri nella convinzione di avere già la vittoria in tasca e di non potere che uscire trionfante da un confronto, finché rimane sul piano indiretto. L’atteggiamento subisce quindi un mutamento radicale: l’autostima ipertrofica rende la persona prepotente, presuntuosa e a volte anche aggressiva e denigratoria verso gli altri.

A volte si può arrivare a un eccesso, quando non viene raggiunto l’obiettivo desiderato. Ad esempio, se la persona con complesso di superiorità sente di meritare una promozione sul posto di lavoro e non riesce a ottenerla, entra in una modalità in cui ritiene che ogni mezzo sia lecito per raggiungere il suo scopo, mettendo in atto a tutti gli effetti dei comportamenti antisociali e colpevolizzando chiunque pur di non assumersi le proprie responsabilità, un atto che altrimenti potrebbe distruggere la sua autostima.

Il complesso di superiorità nella pratica clinica

Il complesso di superiorità, insieme a tutto ciò che comporta, può risultare in una compromissione a livello sociale. Ovviamente, chi mette in atto questa dinamica, infatti, si rende odioso agli occhi degli altri, che cercheranno di mantenersi più possibile alla larga. Tutto ciò può portare la persona a sentirsi isolata e a sviluppare, di conseguenza, dei disturbi come la depressione, l’ansia o il disturbo di panico.

Come intervenire per evitare tutto questo? Partiamo dal presupposto che, prima di tutto, è essenziale accertarsi che non vi sia una condizione clinica che determina il complesso di superiorità. Ad esempio, nel disturbo bipolare, durante la fase maniacale, la persona può sviluppare dei deliri di grandiosità, in cui la sua autostima cresce a dismisura fino a farla sentire invincibile e a mettere in atto dei comportamenti potenzialmente molto pericolosi per se stessa e per gli altri.

Il disturbo bipolare necessita di cure specifiche, ma nella maggior parte dei casi il complesso di superiorità insorge in modo indipendente da esso, come compensazione per il complesso di inferiorità. In questi casi la soluzione è rivolgersi a un professionista che sia in grado di guidare l’individuo attraverso un processo di acquisizione della fiducia in se stesso che è alla base di tutta questa dinamica. Serenis è una piattaforma che propone dei percorsi di supporto psicologico o di psicoterapia online tramite i quali, con l’aiuto di un esperto, sarà possibile uscire da questo circolo vizioso.

Come abbiamo detto, infatti, nonostante le apparenze, anche il complesso di superiorità, esattamente come quello di inferiorità, può essere molto invalidante in quanto blocca la persona impedendole di prendere l’iniziativa, per non rischiare di far crollare il castello di illusioni. La consapevolezza, invece, è il primo passo per riappropriarsi della propria esistenza, ritrovando se stessi e accettando ogni parte di sé come componente di un individuo unico e irripetibile.

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Revisori

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Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.