Effetto Zeigarnik: cos’è e come funziona

Come funziona l'effetto Zeigarnik

L’esperimento della psicologa Zeigarnik

L’effetto Zeigarnik è un bias cognitivo, scoperto per la prima volta dalla psicologa lituana Bluma Zeigarnik. Si narra che la Zeigarnik, quel giorno, si trovasse in un piccolo ristorante di Vienna, in attesa che arrivasse la cena.

Nel frattempo, osservava con occhio attento i movimenti dei camerieri. Com’era possibile che si ricordassero perfettamente degli ordini che dovevano essere serviti, mentre, almeno in apparenza, si dimenticavano subito quelli che erano già stati serviti?

Pochi giorno dopo, la Zeigarnik tornò nel suo laboratorio per scovare una teoria che potesse spiegare quel fatto apparentemente banale. Invitò alcuni soggetti sperimentali nel suo laboratorio e diede inizio all’esperimento.

Questo esperimento, che vedremo a breve, la portò alla formulazione dell’effetto Zeigarnik, un meccanismo cognitivo che ci induce a ricordare meglio le cose irrisolte rispetto a quelle risolte. Ne parleremo nel dettaglio in tutto l’articolo, spiegando cos’è questo effetto e come funziona.

Speriamo che, al termine della lettura, tu abbia trovato tutte le informazioni che stavi cercando.

Effetto Zeigarnik: uno sguardo generale

L’effetto Zeigarnik potrebbe essere descritto come un bias cognitivo, cioè come una forma di ragionamento basata su premesse fallaci e teorie parziali. Al contrario di altri bias cognitivi, non riguarda però i giudizi che vengono formulati come avviene nell’attrition bias, quanto piuttosto il funzionamento stesso del pensiero.

Se da un lato il nostro cervello tende a trovare ordine nel caos, anche quando non esiste alcuna relazione reale (un effetto noto come apofenia), d’altra parte la nostra mente reputa più importanti le informazioni che non hanno portato ad una conclusione, perché urgenti ed essenziali, e tende a ricordarle con maggiore facilità.

Sappiamo che la psicologa Bluma Zeigarnik, nel 1927, si trovava in un caffé di Vienna. Osservava il comportamento dei camerieri e continuava a domandarsi: “Perché i camerieri ricordano perfettamente dei compiti che devono svolgere, mentre dimenticano quelli appena compiuti?”.

Alcuni giorni dopo, la dottoressa organizzò un esperimento nel suo laboratorio. Chiamò alcuni soggetti sperimentali e cominciò a fargli domande teoriche di diversa natura. Mentre i soggetti sperimentali rispondevano, talvolta la dottoressa li interrompeva e talvolta li lasciava parlare.

Alla fine dell’esperimento, la dottoressa chiese ai soggetti sperimentali di riportare alla mente le domande che erano state fatte. In generale, i risultati dimostrarono che i soggetti ricordavano meglio le domande associate a risposte incompiute piuttosto che quelle associate a risposte compiute.

La nostra mente tende infatti a distorcere la memoria dei fatti e la nostra percezione complessiva, un po’ come avviene con l’effetto Mandela. La differenza sostanziale riguarda in quest’ultimo caso la tendenza delle persone a ricordare erroneamente eventi o dettagli storici in modo diverso da come sono effettivamente accaduti.

Applicazione dell’effetto Zeigarnik nella psicologia dei film

A prima vista, l’effetto Zeigarnik potrebbe sembrare come una scoperta da poco. Insomma, a che cosa serve conoscere il funzionamento dei meccanismi di pensiero?

Eppure, ogni volta che guardiamo una serie su Netflix, è proprio al funzionamento dell’effetto Zeigarnik che stiamo inconsapevolmente attingendo. Le serie tv, tendono a terminare con un effetto climax, che in gergo tecnico viene chiamato cliffanger.

Il cliffanger coincide con il finale di un episodio, in cui un’azione molto importante viene mostrata ma solo parzialmente.

Dato che l’azione è parziale, tendiamo a ricordarci più facilmente della serie tv (della storia, dei personaggi) e a voler scoprire come vada a finire. Al contrario, quando terminiamo una serie tv, tendiamo a dimenticare con più facilità i personaggi, i dettagli e addirittura la trama, come dimostra la psicologia dei film. Avrai sicuramente sperimentato questa sensazione almeno una volta nella vita.

L’effetto Zeigarnik nella vita quotidiana

L’effetto Zeigarnik trova applicazione anche nella vita quotidiana. Quando cominciamo un compito, senza poi portarlo a termine, tendiamo a riportarlo alla memoria con maggiore facilità. Da un certo punto di vista, ciò può tensione e problemi di autostima (Teevan RC., 1988) e stress da lavoro correlato. Uno studio condotto sullo stress lavorativo ha evidenziato il ruolo della ruminazione come meccanismo di compromissione del sonno e che livelli più elevati di compiti irrisolti nell’arco di 3 mesi sono legati a un aumento dei disturbi del sonno nel fine settimana (Syrek CJ., 2016).

Inoltre, gli effetti negativi sull’umore sono più amplificati se la procrastinazione è un problema che non riguarda un solo compito, ma diverse aree della nostra vita in cui vorremmo raggiungere degli obiettivi.

A volte, la scelta di accettare lo stato corrente delle cose, è sintomo di un bias che mettiamo in atto anche se il cambiamento potrebbe essere vantaggioso o razionale. Il bias dello status quo può influenzare le decisioni in una vasta gamma di contesti, inclusi gli investimenti finanziari, le nostre scelte di consumo, le relazioni personali e persino le nostre decisioni politiche. Riconoscere l’esistenza di questo bias è importante per prendere decisioni più informate che potrebbero portare a risultati più soddisfacenti nella nostra vita quotidiana.

L’effetto Zeigarnik, di conseguenza, ci aiuta a comprendere quali sono i compiti che riteniamo irrisolti e ci spinge a portarli a termine.

Se pensi di non riuscire a portare a termine i tuoi obiettivi, potresti intraprendere un percorso di coaching per affrontare e cogliere nuove sfide e opportunità personali, o magari raggiungere un livello di efficienza più alto sul lavoro. Se stai pensando di migliorare i tuoi investimenti, potresti leggere il nostro articolo sui bias di ancoraggio e come agiscono sulle nostre decisioni.

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Comprendere l’effetto Zeigarnik per la gestione del tempo e la motivazione

Tutte le teorie sulla gestione del tempo, si fondano sull’effetto Zeigarnik: è ormai noto che per raggiungere dei macro-obiettivi conviene porsi micro-obiettivi come tappe in un percorso complessivo.

Ad esempio, una persona che esibisce il bias del pavone potrebbe iniziare molte attività o progetti con l’intento di impressionare gli altri, senza tuttavia completarle fino alla fine. L’effetto Zeigarnik potrebbe entrare in gioco in questo scenario facendo sì che le attività incompiute o le promesse fatte vengano ricordate maggiormente. Studi successivi condotti da Hedwig von Restorff riferirono inoltre che la nostra memoria è migliore per informazioni isolate che per quelle non isolate, un fenomeno noto da tempo come effetto von Restorff (MacLeod CM., 2020).

Questo perché, se ci poniamo degli obiettivi a breve termine (e li completiamo), tenderemo più facilmente a dimenticarcene, talvolta alimentando la nostra overconfidence. Se invece inseriamo i micro-obiettivi in una cornice di senso più ampia, l’effetto Zeigarnik ci spingerà a ricordarli con maggiore intensità e ci metterà nella condizione di “risolvere l’irrisolto”. Questo processo può aiutarci nell”organizzazione del tempo, specialmente quando iniziamo un nuovo lavoro, o acquisiamo nuove competenze. In questi casi è fondamentale sviluppare autoconsapevolezza e umiltà nel valutare le proprie abilità e conoscenze, per non incorrere nell’effetto Dunning Kruger.

Ecco perché la teoria della psicologa lituana trova spazio di applicazione nel campo della psicologia positiva e nella teoria della decisione. Può infatti essere utilizzata a nostro vantaggio per comprendere i nostri vissuti interiori, per realizzare degli scopi a lungo termine e aumentare la motivazione.

Come si manifesta l’effetto Zeigarnik in amore e nelle relazioni

L’effetto Zeigarnik si estende anche alle relazioni interpersonali, creando delle dinamiche complesse e a volte frustranti. Quando una relazione romantica si conclude senza una vera risoluzione, lasciando nodi non sciolti, i nostri pensieri e le nostre domande si amplificano e rimangono persistenti.

Questo può rendere difficile il superamento della relazione. La nostra mente, infatti, è programmata per cercare una risoluzione, ripensare agli eventi e a tentare di capire cosa sia andato storto. Il senso di incompiutezza può causare un’incessante autovalutazione e una ricerca di senso nel passato, alimentando sensi di colpa e fantasie su ciò che sarebbe potuto essere.

Altre volte, invece, le aspettative che abbiamo su una persona possono influenzare il comportamento di quest’ultima, portando alla realizzazione delle aspettative stesse, come osservato attraverso l’effetto Pigmalione.

Le nostre percezioni e il nostro pensiero possono infatti influenzare il nostro comportamento e la nostra memoria in modi sorprendenti.

Questo aspetto è noto soprattutto nei bias di conferma e cioè nel modo in cui interpretiamo le informazioni in linea con le nostre convinzioni preesistenti. Se nutriamo una profonda stima del nostro partner, potremmo interpretare le sue azioni in modo più favorevole, ignorando o minimizzando segnali che potrebbero indicare problemi nella relazione.

Tuttavia, quando una relazione finisce, questo ciclo di pensieri intrusivi può danneggiare l’autostima e il benessere emotivo, portando le persone a ripensare costantemente alla relazione e a desiderare di riprendere i contatti con la persona amata. Gli hindsight bias, ad esempio, ci dimostrano che dopo aver appreso la fine di una relazione, le persone tendono a credere erroneamente che avrebbero potuto prevederla.

Accettare che alcune relazioni finiscono senza una conclusione definitiva e concentrarsi sul proprio benessere emotivo ci aiuta ad andare avanti anziché rimanere bloccati nel passato.

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Fonti

  • MacLeod CM. Zeigarnik and von Restorff: The memory effects and the stories behind them. Mem Cognit. 2020 Aug;48(6):1073-1088. doi: 10.3758/s13421-020-01033-5. PMID: 32291585.
  • Moot SA 3rd, Teevan RC, Greenfeld N. Fear of failure and the Zeigarnik effect. Psychol Rep. 1988 Oct;63(2):459-64. doi: 10.2466/pr0.1988.63.2.459. PMID: 3222411.
  • Syrek CJ, Weigelt O, Peifer C, Antoni CH. Zeigarnik’s sleepless nights: How unfinished tasks at the end of the week impair employee sleep on the weekend through rumination. J Occup Health Psychol. 2017 Apr;22(2):225-238. doi: 10.1037/ocp0000031. Epub 2016 Apr 21. PMID: 27101340.
Federico Russo

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.