L’effetto Mandela: uno sguardo scientifico sui fallimenti della memoria

Esplora l’interessante fenomeno dell’effetto Mandela, in cui le persone ricordano erroneamente eventi storici o dettagli culturali. Scopri come la psicologia e le scienze cognitive spiegano questi fallimenti della memoria, e quali implicazioni hanno per la nostra comprensione della mente umana.

Il cervello ha delle capacità straordinarie e alcune funzioni, come la memoria, sono attive in ogni momento della nostra giornata, andando a comporre la nostra storia e chi siamo. Ma paragonare il cervello a una macchina sarebbe poco realistico e scorretto: molti fattori possono incidere, ad esempio, sui nostri ricordi, fino ad alterarli. La memoria, quindi, non è perfetta e a volte può fallire.

Non solo capita spesso di avere delle lacune e non ricordare quel particolare dettaglio, ma può anche succedere di avere un dejà-vu (ovvero di avere la sensazione di aver già vissuto una situazione attuale in passato perché ci sembra di ricordarla), un fenomeno che tutti abbiamo sperimentato almeno una volta. A volte, invece, può capitare di avere dei veri e propri falsi ricordi. L’effetto Mandela spiega il processo della loro formazione e di seguito ne parleremo in modo approfondito.

Effetto Mandela: che cos’è?

Lo studio dei processi psichici definisce l’effetto Mandela come un fenomeno che si verifica quando un ricordo è incompleto o manca del tutto e il vuoto che lascia viene riempito da elementi falsi, dando così vita al ricordo di qualcosa che non è mai accaduto: quindi, tale ricordo non può esistere. Questa dinamica è detta anche confabulazione di memoria, e il suo punto di partenza è una mancanza mnestica alla quale il cervello cerca di sopperire. Quando il filo logico e la coerenza vengono meno, infatti, la mente cerca di trovare delle spiegazioni plausibili in modo che tutto fili liscio, fino ad arrivare a convincersi di qualcosa che non è reale.

L’espressione “effetto Mandela” per indicare le confabulazioni deriva da un evento accaduto nel 2009, durante una conferenza dedicata alla morte dell’ex presidente sudafricano. In questa occasione Fiona Broome raccontò con convinzione un episodio relativo alla scomparsa di Nelson Mandela, che lei collocava erroneamente in carcere, durante gli anni ‘80. Questo ricordo era condiviso con altre persone e molto ricco di dettagli, al punto che l’autrice non si era mai interrogata sulla sua veridicità.

Il fatto che questo presunto ricordo fosse comune a più persone ha portato gli psicologi sociali a ipotizzare che l’effetto Mandela sia legato al concetto di memoria collettiva. In pratica, a volte queste convinzioni nascono dall’opinione della massa, che interpreta in maniera scorretta le informazioni creando una specie di ricordo comune che viene dato per vero senza mai essere messo in discussione, per il semplice fatto che tutti la pensano così. Ciò accade precisamente quando non ci ricordiamo qualcosa, quindi partendo da un fallimento della nostra memoria: in questi casi diamo per buona l’opinione della maggioranza senza verificare che corrisponda alla realtà, e ce ne convinciamo a tal punto da confondere l’informazione appresa con un nostro ricordo.

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Come nasce una confabulazione?

Parlando dell’origine delle confabulazioni, iniziamo con il precisare che queste possono essere distinte in due tipologie in base al modo in cui si sono formate. Più precisamente, le distorsioni di memoria possono essere spontanee o provocate. Nel primo caso avvengono senza che ci sia stato uno stimolo, mentre nel secondo si formano nel momento in cui alla persona viene chiesto di ricordare qualcosa che però ha dimenticato in buona parte e, nel tentativo di rievocarlo, il ricordo viene riempito con un contenuto di fantasia.

L’effetto Mandela si osserva più spesso in persone che soffrono di determinate malattie psichiatriche o condizioni. Ad esempio, la si trova nella sindrome di Korsakoff, causata da una carenza di vitamina B1 che molte volte si associa all’alcolismo, ma anche nella demenza di Alzheimer, in cui la memoria è una funzione compromessa in modo evidente. Si tratta di condizioni in cui sono presenti delle vere lacune, che il cervello non tollera e sostituisce con fantasie o anche con contenuti che possono cambiare nel tempo in modo indipendente dalla volontà. Di fatto, quindi, al posto di questi vuoti si creano dei veri e propri falsi ricordi.

Generalmente questi sono plausibili, al punto che potrebbero essere scambiati con eventi realmente successi e diventare così impossibili da distinguere dai ricordi veri. Diventano a pieno titolo parte della nostra memoria. La teoria della traccia sfuocata (detta anche fuzzy trace theory) ha provato a trovare una spiegazione a questo processo: la memoria normalmente registra i ricordi su più livelli, in modo disgregato, dividendo diversi elementi come i dettagli fisici o i significati. Quando un significato si sovrappone alla traccia di un’esperienza vera si crea un falso ricordo.

Sono quindi diversi frammenti a produrre una confabulazione e questa dinamica viene studiata principalmente da due ambiti: le neuroscienze, che si occupano di illustrarla, e la psicopatologia, l’ambito in cui essa è più facile da osservare.

Ad esempio, una persona che soffre di amnesia dopo aver avuto un ictus cerebrale, ha subito un trauma o è affetta da demenza, si trova con dei grandi buchi di memoria che semplicemente riempie con la versione più scontata, la successione di eventi più probabile che sarebbe potuta accadere. In questo modo la confabulazione si distingue dal delirio, che invece spesso presenta un contenuto assurdo e non viene mai messo in discussione dalla persona, che continua a credervi anche se ci sono delle prove schiaccianti che ne dimostrano la falsità.

Lo studio dell’effetto Mandela in psicologia e psichiatria

La distorsione di memoria che ha luogo con le confabulazioni non ha ancora trovato una spiegazione definitiva ed esaustiva, ma tra i fattori probabili che possono determinarla c’è sicuramente la suggestionabilità. Si tratta, infatti, di un fenomeno che si verifica più spesso in persone che facilmente si lasciano convincere da quanto detto da altri o dal senso comune, senza preoccuparsi di metterlo in discussione.

A livello clinico, però, la confabulazione è considerata come un sintomo quando si accompagna a un disturbo mentale ma non come una sindrome a sé stante, anche se può dare luogo a una sofferenza importante. Ad esempio, se l’effetto Mandela consegue da un trauma subito, la persona può avere un vissuto di paura, vergogna e timore che la situazione possa degenerare fino a farle perdere il controllo sulla propria memoria e la propria capacità di distinguere ciò che è reale da ciò che è invenzione. Inoltre, un comportamento che può essere messo in atto come conseguenza è l’isolamento.

Ma durante un percorso psicologico o di psicoterapia non è insolito imbattersi nei falsi ricordi, ad esempio nel caso del gaslighting. Questo termine indica una condizione in cui la persona è convinta che la sua memoria sia difettosa, che i processi che creano i ricordi e li richiamano alla mente non funzionino come dovrebbero perché qualcuno li sta manipolando. Questa credenza distorta è comune in casi di abuso di sostanze, ad esempio si osserva a seguito di un uso pesante e continuativo di cannabis o altre droghe.

Riconoscere i falsi ricordi, come abbiamo detto, è molto difficile dal momento che il loro aspetto è del tutto simile a quello dei ricordi autentici e anche i contenuti sono coerenti e verosimili. Per questo motivo può essere utile richiedere un consulto con un professionista e Serenis è una piattaforma di colloqui psicologici online per la quale lavorano psicoterapeuti e psicoterapeute altamente formati, che saranno in grado di accogliere le necessità di ciascuno e fare ordine sia nella memoria della persona, sia nei suoi sentimenti di disagio e sofferenza.

Occorre, però, precisare che non per forza le confabulazioni devono preoccupare. Qui torniamo al discorso iniziale, in cui abbiamo detto che il cervello non è una macchina né un computer: fa parte della natura umana e, in quanto tale, può commettere degli errori. Considera che ogni volta che richiamiamo alla mente un ricordo, il nostro cervello lo manipola e, inevitabilmente, lo modifica, anche in misura molto piccola. Ma tante modifiche consecutive possono causare un’alterazione significativa. Questo è un processo normale, per il quale la memoria che plasma parte di ciò che siamo viene essa stessa plasmata da noi.

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Revisori

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Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.