La respirazione è uno dei comportamenti biologici più importanti nella vita di ogni essere umano. Avviene sia in modo involontario, cioè tramite meccanismi gestiti dal sistema nervoso autonomo (ad esempio durante il sonno), sia in modo controllato, attraverso meccanismi intenzionali e ben calibrati, sotto il controllo del sistema nervoso centrale.
Com’è noto, la respirazione è suddivisa in due fasi: l’inspirazione e l’espirazione. È importante ricordare che la vita mentale, composta di pensieri, emozioni e sensazioni, si palesa spesso alla testimonianza di ogni persona come evento talvolta “autonomo”, verso cui scendere a compromessi. Le emozioni e gli stati d’animo, i pensieri, le immagini e le sensazioni che insorgono “spontaneamente” nel mondo interiore sono capaci di influenzare l’attività respiratoria.
La respirazione consapevole può diventare uno strumento essenziale per agevolare una igiene mentale più equilibrata, tendente all’armonia interiore, che sappia riflettersi sulla dimensione psicosomatica dell’individuo. In questo modo diventa un’espressione del vivere non più automatica, ma partecipata. Permette al corpo di influenzare la psiche e alla psiche influenzare il corpo.
Come psicoterapeuta e praticante mindfulness sono da sempre affascinato dal respiro, dalla sua apparente “semplicità” e dal giovamento che se ne può trarre. Voglio descrivere una pratica che, durante la psicoterapia, promuovo con entusiasmo per agevolare il percorso: uno strumento di autonomia nella propria quotidianità, che possa donare la capacità di promuovere autoconoscenza psicofisiologica, integrando le scoperte e gli sviluppi interiori che la psicoterapia favorisce. Si tratta di un’integrazione di più tecniche originate dalle esperienze di vari studiosi e praticanti: dagli insegnamenti derivati dalla mindfulness di Kabat Zinn, dalle ricerche del biofeedback cardiaco dell’HeartMath Institute, dagli studi sulla compassione di Gilbert e autocompassione di Neff.
Immaginiamo di sederci, magari su un pouf, su un letto o su una sedia, in un luogo silenzioso, senza troppe distrazioni esterne. A occhi chiusi o aperti, iniziamo con delicatezza a osservare il respiro. In questa fase, che ci sarà probabilmente solo le prime volte che ci si approccerà all’esercizio, possiamo familiarizzare con il respiro, maturando consapevolezza non solo dell’aria che entra e che esce, ma anche di come si muova il torace, di come risponda il corpo all’inspirazione e all’espirazione, del fatto che forse verrà da deglutire, dei primi sentimenti che emergono. Il vero esercizio sta racchiudere l’inspirazione e l’espirazione intorno ai 4 secondi, sviluppando nel tempo la capacità di giungere a 6 secondi per ogni fase. Può sembrare un tempo lungo, ma con la pratica è possibile raggiungerlo.
È fondamentale convogliare l’attenzione al centro del petto, immaginando dell’aria o una luce che entra e che esce da quel punto, passando dal cuore. Proponendo a noi stessi un’atmosfera di cordialità, benevolenza e placidità, è importante riconoscere l’esercizio non tanto come una operazione medica, ma come un atto di gentilezza e di amore. Qualunque cosa succeda, andrà bene. Il fatto di proporsi di stare attenti al respiro, al corpo, concentrandosi sul petto, accettando di provare a non controllare pensieri e sentimenti, seppur spiacevoli, lasciando che si presentino e vadano per la loro strada, rende disponibile uno spazio che sarà riempito dai meccanismi della psiche; non saranno nostri nemici, né significa che stiamo sbagliando. Al contrario, sono la testimonianza dell’emergere di dinamiche interiori che cercano di venire alla luce per essere trasformate.
La respirazione consapevole è capace di modificare l’attività del sistema nervoso autonomo, ribilanciando il sistema nervoso simpatico e parasimpatico e influenzando anche il sistema immunitario. Durante questa pratica si usano due importanti facoltà psicologiche: l’intenzione e l’attenzione, due funzioni sostenute dalla naturale capacità del nostro sistema nervoso. La sola intenzione di agire volontariamente, con attenzione e lentezza, gentilezza e disponibilità, provoca una iniziale riconfigurazione dell’attività del sistema nervoso centrale, con un riflesso su quello ormonale. Questa pratica è connessa al riequilibrio del comportamento cardiaco.
La scelta dei 6 secondi non è casuale. La ricerca ha osservato che i barocettori aortici e carotidei (cellule specializzate a percepire un cambio di pressione, posizionate sull’arco dell’arteria e della carotide) raggiungono il picco della loro attività quando la respirazione è intorno a 6 secondi per fase. Questa pratica ha come organo bersaglio proprio il cuore, che raggiungendo un nuovo equilibrio e un funzionamento più flessibile influenza le due branche del sistema nervoso autonomo, riflettendosi sulla fisiologia cerebrale, sia a livello nervoso che circolatorio.
Il cuore è coinvolto anche mediante l’atto immaginativo (in psicologia si parla di “imagery”): l’attenzione al centro del petto permette di contattare il plesso cardiaco, modificandone la fisiologia. L’immaginazione ha la possibilità di influenzare la fisiologia del corpo. Esistono aree cerebrali deputate a sostenere l’immaginazione corporea. In via diretta perché la pratica dell’esercizio serve ad accogliere i pensieri, le immagini e l’ambiente affettivo, aumentando la tolleranza e la capacità di sostenere le emozioni che sopraggiungono. Ma le emozioni si trasformano anche per via indiretta, attraverso una rinnovata fisiologia del corpo, perché la respirazione stimola un cambio di configurazione autonomica e quindi una rinnovata risposta affettiva. L’ascolto attivo e gentile delle sensazioni durante la pratica sono registrate nel cervello e integrate con gli altri vissuti, sviluppando una più forte integrazione psicosomatica e un “senso dell’io” più integrato.
Una delle più interessanti conseguenze dell’esercizio, in virtù del parallelo percorso psicoterapeutico, è l’enorme quantità di metafore, pensieri e immagini che si fanno strada nel vissuto della persona. Potremmo considerarle come la traduzione del linguaggio fisiologico in codici che la psiche può accogliere, e che ci informano di cosa stia avvenendo nel nostro mondo interiore – un po’ come un sogno vissuto da svegli. Non ultime, le intuizioni si offrono come importanti strumenti per la nostra evoluzione, derivanti dall’integrazione di psiche e corpo, rendendo noi stessi una unità più integrata.
La pratica può essere di grande beneficio per chiunque soffra di ansia, soprattutto generalizzata, e attacchi di panico e depressione, sebbene sia preferibile avere sempre qualcuno di competente al fianco per apprenderne le fondamenta e le risposte. È anche una forma di meditazione, utile strumento per l’evoluzione personale e la propria trasformazione verso nuovi valori che guidano la nostra vita e che possono emergere proprio da quella iniziale nuova intenzione di osservarsi, testimoniarsi e accogliersi.
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Bibliografia (fonti principali)
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