Binge eating, disturbo da alimentazione incontrollata: cos’è e come si cura

Affrontare il binge eating può portare a una maggiore consapevolezza emotiva e comportamentale, consentendo di gestire in modo più sano l’alimentazione e di migliorare il benessere complessivo.

Il disturbo da alimentazione incontrollata (BED) è un disturbo alimentare caratterizzato dal consumo eccessivo, compulsivo e ricorrente di grandi quantità di cibo. A differenza della bulimia, il binge eating non è seguito da misure e pratiche compensatorie come purghe, vomito o esercizio fisico intenso. Le cause sono molteplici e da ricercarsi in fattori genetici, affettivi, sociali e neuroendocrini. Un approccio multidisciplinare, fornito da specialisti della salute mentale e medici nutrizionisti, può aiutare a capire e a interrompere il comportamento alimentare sbagliato.

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In questo articolo esamineremo il binge eating, includendo la sua definizione, la sua diffusione come disturbo alimentare, le cause sottostanti, i sintomi associati, le conseguenze e le opzioni di trattamento disponibili. Una volta letto, speriamo che tutti i tuoi dubbi su questa condizione siano chiariti e che possa esserti utile nel comprendere e affrontare il BED, se lo stai vivendo o se conosci qualcuno che ne soffre.

Cos’è il binge eating?

I disordini alimentari rappresentano una vera e propria emergenza sociale per le conseguenze devastanti sulla salute mentale di adolescenti e giovani adulti.

Il binge eating è caratterizzato dalla presenza di un’alimentazione incontrollata: le persone affette da questa patologia mangiano grandi quantità di cibo in un breve periodo di tempo. Non c’è nulla di piacevole in queste abbuffate compulsive che vengono vissute con sofferenza e dolore tanto che spesso chi ne soffre tende a disconnettersi dalla realtà, dimenticando quello che ha mangiato.

Questo disordine alimentare che a prima vista sembra sovrapponibile alla bulimia, se ne differenzia per un aspetto molto importante: una volta terminata l’abbuffata, non vengono utilizzate le pratiche compensatorie tipiche della malattia bulimica ovvero vomito, purghe o esercizio fisico intenso.

Il binge eating non dipende dalla fame e spesso sembra seguire un rituale specifico; tendiamo a mangiare il più velocemente possibile fino a sentirci dolorosamente sazi, le abbuffate avvengono in solitaria perché proviamo un senso di vergogna e, durante l’attacco di fame incontrollato o subito dopo, avvertiamo un sentimento di disgusto nei nostri confronti.

Queste sensazioni non fanno altro che alimentare il circolo vizioso fatto di emozioni negative, abbuffate e restrizioni quotidiane che tengono in vita il binge eating.

Il termine restrizione non è stato utilizzato a caso. Spesso chi soffre di questo disturbo, segue una dieta o pone delle rigide limitazioni alla quantità di cibo da ingerire. Questo concetto di deprivazione e di limiti può rappresentare una delle cause scatenanti del disturbo. In alcuni casi, può anche essere presente una forma di dipendenza da cibo, contribuendo ulteriormente al circolo vizioso. È cruciale affrontare queste emozioni profonde per un trattamento efficace della bulimia nervosa.

Riassumendo, il binge eating è caratterizzato da:

  • mangiare velocemente una quantità eccessiva di cibo in un lasso di tempo breve e senza avvertire la sensazione fisica della fame;
  • l’ingestione del cibo avviene in completa solitudine;
  • un impulso irrefrenabile, non si riesce a smettere di mangiare;
  • perdita di autostima e sensazione di vergogna durante e dopo l’abbuffata.

Il binge eating è un disordine alimentare diffuso?

A soffrire di binge eating sono soprattutto le donne anche se, a differenza di altre malattie come bulimia e anoressia, è molto diffuso tra la popolazione maschile.

La perdita di controllo sul cibo è molto comune in adolescenza, tanto che i ricercatori hanno stabilito che l’esordio di questo disordine alimentare sia da collocarsi ben al di sotto dei 20 anni, anche se a soffrirne sono soprattutto i giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 30 anni: questo intervallo di tempo tra esordio e sviluppo sembrerebbe essere la ragione della cronicizzazione del disturbo.

Spesso il disturbo da alimentazione incontrollata viaggia di pari passo con il sovrappeso: è stato calcolato che oltre il 50% dei soggetti obesi e dei pazienti in attesa di chirurgia bariatrica soffrano di binge eating.

Quali sono le cause del binge eating?

Perché soffriamo di binge eating?

Trovare la causa non è semplice perché spesso questo disordine alimentare è frutto di una serie di elementi che confluiscono e provocano la sofferenza che cerchiamo di compensare con il cibo.

Secondo alcuni specialisti, il primo step per comprendere la genesi del BED sarebbe da ricercare nelle alterazioni neurobiologiche del paziente ovvero in quel corredo genetico e biologico che ognuno di noi porta con sé.

Avere un parente stretto affetto da disturbi alimentari riscrive il nostro DNA in quanto potremmo ereditare proprio quei geni che ci predispongono al binge eating. I dati confermano questa ipotesi: il 60% degli individui che soffrono di disordini alimentari ha un parente di primo grado affetto dalla stessa patologia.

La narrazione del binge eating è complessa e multifattoriale e non può prescindere dalla peculiarità di chi ne soffre.

Questo disturbo è una risposta che tenta di placare e dare un ordine a tutte quelle emozioni che fanno parte di un vissuto spesso complesso e difficile da gestire, è una difesa disfunzionale o una fuga da una realtà che ci fa sentire a disagio o inadeguati.

In qualche caso è la risposta ad abusi, critiche ricevute dai genitori durante l’infanzia per il proprio aspetto o il peso o l’esposizione a continui conflitti familiari.

L’età è una causa e insieme un fattore di rischio: durante l’adolescenza la scarsa autostima, la sensazione di non essere mai abbastanza, di non sentirsi accettati e di non accettarsi sono dei trampolini di lancio ideali per il binge eating.

Non sottovalutiamo inoltre l’elemento dieta. Molte persone che presentano un disturbo da alimentazione incontrollata hanno una storia fatta di continue restrizioni alimentari che li portano a limitare eccessivamente le calorie, un comportamento che può scatenare il desiderio di abbuffarsi, soprattutto se, in concomitanza, si soffre di disturbi d’ansia o depressione.

Infine il fattore endocrino. Da qualche tempo la ricerca ha evidenziato una serie di dati molto importanti che riguardano l’influenza di ormoni come l’insulina e la leptina nelle genesi delle abbuffate.

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Quali sono i sintomi del binge eating?

I sintomi tipici del binge eating sono sia comportamentali che fisici. Vediamoli nel dettaglio.

Sintomi comportamentali

  • Acquistare e accumulare cibo in quantità eccessiva.
  • Mangiare velocemente e da soli.
  • Mangiare anche se non si ha fame e fino a sentirsi dolorosamente sazi.
  • Irritabilità e sbalzi d’umore.
  • Tendenza all’isolamento.

Sintomi fisici

  • Difficoltà nell’addormentarsi e insonnia.
  • Stanchezza.
  • Gonfiore e aumento di peso.
  • Frequenti problemi digestivi.

Capire il prima possibile se noi o qualcuno vicino a noi soffre di binge eating è fondamentale per chiedere aiuto e fermare un disturbo che, come vedremo, può rivelarsi invalidante e mettere in serio pericolo la nostra salute.

Facciamo attenzione quindi ad alcuni segnali come ansia, scarsa autostima e depressione, a sentimenti di vergogna e senso di colpa dopo le abbuffate, alla perdita di controllo sul cibo e sull’abbuffata stessa o allo stress provocato dal mangiare in compagnia.

Quali sono le conseguenze del binge eating?

Il BED può esporre a una serie di effetti fisici a lungo termine, alcuni dei quali possono essere permanenti. Tra i più importanti ricordiamo:

  • ipertensione;
  • colesterolo alto e cardiopatie;
  • diabete di tipo 2;
  • danni allo stomaco e all’esofago;
  • difficoltà di concepimento e infertilità.

Come si cura il binge eating?

Il trattamento del binge eating deve essere il più possibile multidisciplinare: un team composto da medici, psicologi, psichiatri e nutrizionisti può assicurare un intervento globale capace di coprire diversi aspetti della vita del paziente.

Il focus è aiutarlo a recuperare il necessario controllo emotivo e alimentare e a rivedere tutte le abitudini e le routine non salutari. I vari percorsi terapeutici hanno infatti lo scopo di fornirgli gli strumenti più indicati per gestire lo stress e l’emotività, senza dimenticare il comparto familiare e sociale.

La terapia può essere individuale o di gruppo, L’approccio che da i migliori risultati a lungo termine è il modello cognitivo-comportamentale che permette di dare una nuova definizione al rapporto con il cibo che non viene più interpretato come risposta a uno stimolo negativo o un’urgenza emotiva.

In qualche caso, il terapeuta può scegliere la terapia dialettico comportamentale (DBT) per aiutare il paziente ad apprendere tecniche e modalità utili per rimanere focalizzato sul momento presente e per controllare meglio emozioni, disagi e stress.

Infine, la psicoterapia interpersonale (IPT) può essere adottata come approccio terapeutico per permettere al paziente di comprendere, gestire e risolvere i sentimenti negativi derivanti dalle interazioni sociali e le sensazioni di inadeguatezza e disagio che lo portano a mangiare in maniera incontrollata.

Un approccio all’alimentazione spesso consigliato per migliorare il proprio rapporto con il cibo è quello della mindful eating. Si tratta di una pratica che incoraggia le persone a rallentare, a essere attente alle sensazioni fisiche, emozionali e mentali legate all’atto di mangiare, e a prestare attenzione agli stimoli interni ed esterni che influenzano le scelte alimentari. Si basa dunque sull’essere consapevoli e presenti durante il consumo di cibo.

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Il 15 marzo si commemora la “Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla“, dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare. Queste patologie rappresentano una sfida per la salute pubblica e richiedono un’attenzione particolare sia dal punto di vista sanitario che sociale, data la loro diffusione crescente e l’insorgenza sempre più precoce. Tra i meno noti ma ugualmente diffusi vi sono anche l’atto di masticare e sputare (chewing and spitting) e la vigoressia. In questo blog troverai tantissimi altri articoli che parlano di salute mentale.

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Redazione

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

reviewer

Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.