Controdipendenza affettiva: che cos’è e come si manifesta

Gli esseri umani e molte delle altre specie animali provano un naturale bisogno di amare e di essere amati. Questo bisogno è una propaggine dello stato di dipendenza assoluta in cui si nasce e si viene al mondo: il neonato dipende, nella soddisfazione di tutti i suoi bisogni fondamentali, da un’istanza esterna e lo stesso vale per la maggior parte dei mammiferi.

Anche da adulti si continua a provare un naturale bisogno di attaccamento e dipendenza, che può portare alla formazione di legami funzionali e fondati sul riconoscimento emotivo; oppure, per vie trasverse, a legami disfunzionali che sottraggono autonomia e possono generare o fondarsi sulla dipendenza affettiva.

Per dipendenza affettiva intendiamo una dinamica patologica che può portare il soggetto ad amare per soddisfare alcuni bisogni subliminali. Al contrario, una relazione sana porta il più delle volte ad avere bisogno perché si ama e non viceversa.

La controdipendenza affettiva implica il totale rifiuto della dinamica naturale di bisogno che coinvolge ogni essere umano. Colui che soffre di questa condizione, può rifiutare di legarsi emotivamente o di strutturare rapporti profondi, soffrire di filofobia o di anestesia emotiva.

Ne parleremo approfonditamente durante il corso dell’articolo. Ricordiamo che la controdipendenza affettiva può avere conseguenze anche gravi sulla vita dell’individuo e che deve essere trattata con un percorso di psicoterapia.

Controdipendenza affettiva: un ritratto

Le dinamiche di dipendenza affettiva possono riguardare le personalità dipendenti o quelle codipendenti. Com’è noto, entrambe le problematiche possono portare ad instaurare rapporti patologici con personalità narcisistiche o borderline.

Per questa ragione, la controdipendenza viene trattata di rado: appare come un problema minore rispetto alle dinamiche di dipendenza sopracitate.

In realtà, la controdipendenza può implicare un profondo disagio psicoemotivo che impedisce alla persona di rapportarsi emotivamente e apertamente con gli altri, di instaurare relazioni amorose, di rispondere al bisogno di affetto e calore che tutti gli esseri umani tendono a sperimentare.

Il controdipendente rifiuta i legami o ne costruisce solo di superficiali, avendo molto in comune con chi soffre di filofobia (o paura di amare) e anestesia emotiva.

Sintomi principali

Questi i sintomi principali della controdipendenza affettiva:

  • rifiuto di stringere rapporti profondi;
  • paura di esprimere le proprie emozioni;
  • anestesia emotiva o incapacità di elaborare i vissuti;
  • profondo distacco dai genitori e dai partner;
  • rifiuto di contatto fisico (tra cui baci e abbracci);
  • difficoltà a piangere o a chiedere aiuto.

Il controdipendente potrebbe presentarsi come una persona autonoma, fortemente interessata alla propria libertà personale e all’autonomia. In realtà, il suo comportamento ha precise spiegazioni risalenti all’infanzia o a vissuti particolarmente dolorosi.

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Cause di controdipendenza affettiva

Tra le cause di controdipendenza affettiva, possiamo ricordare le relazioni esperite durante l’età infantile. In effetti, gran parte delle dinamiche relazionali che ci interessano come adulti derivano dallo stile di attaccamento che abbiamo vissuto con le nostre figure genitoriali.

Non sorprende che il controdipendente abbia una storia spesso complicata, segnata dall’assenza di quella che lo psicologo John Bowlby chiama base sicura.

La base sicura è fornita da un legame solido con le figure genitoriali, presenti nel momento del bisogno durante la prima infanzia eppure non iperprotettive.

Quando la base sicura viene a mancare, e la figura di riferimento si presenta come assente o ambivalente, possono prodursi problematiche a lungo termine. Lo stile di attaccamento ansioso-ambivalente compare tra queste.

Si tratta di uno stile di attaccamento causato dal rapporto con figure di riferimento spesso assenti, che non hanno fornito abbastanza sicurezza al bambino durante la fase della crescita. In alternativa, le attenzioni del genitore potrebbero essere state scostanti e difficilmente prevedibili.

Il bambino ha così sviluppato controdipendenza affettiva: un meccanismo di difesa atto a proteggere da relazioni che si temono simili a quelle vissute con i genitori.

L’assenza della base sicura porta a rifiutare ogni rapporto fondato sulla dipendenza, dato che essa viene percepita come pericolosa e come fonte di profondo dolore.

L’inizio del cambiamento

La corazza del controdipendente affettivo può essere messa in crisi da un incontro, che va a oltrepassare la barriera costruita per nascondere la profonda fragilità emotiva.

In tal caso, il controdipendente può provare vergogna e imbarazzo per i propri sentimenti, o non riuscire a comprenderli essendo vittima di anestesia emotiva.

Il controdipendente vive in questi momenti una profonda crisi, perché si trova davanti ad una persona che non conosce e che si rifiuta da sempre di conoscere: se stesso. Per fuggire a tale incontro, può abbandonare una possibile relazione sul nascere così da continuare a coltivare un’immagine grandiosa di se stesso maturata per proteggersi dal ricordo traumatico.

Per questa ragione è difficile che un controdipendente affettivo si rivolga ad un terapeuta: ciò significherebbe guardare in faccia la realtà e andare alla radice del profondo dolore e del vuoto interiore che si nasconde dietro al rifiuto di ogni legame.

Il più delle volte, è necessaria una motivazione profonda per intraprendere un percorso terapeutico (come l’impossibilità di sopportare la propria condizione emotiva), così da lavorare sul meccanismo di difesa e tornare ad aprirsi alla possibilità dell’amore e del coinvolgimento emotivo.

Il controdipendente ha bisogno di supporto proprio come il dipendente affettivo o il codipendente: un incontro improvviso o una situazione inaspettata possono aiutarlo a ritrovare la strada della trasparenza e della responsabilità.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.