Come spiegare la morte ai bambini: suggerimenti pratici per rispondere alle loro domande

Spiegare la morte ai bambini può essere difficile, ma è importante farlo in modo delicato e onesto.

La morte e il lutto sono dei temi molto delicati da affrontare: spesso parlarne provoca imbarazzo perché non sappiamo come comportarci davanti a qualcuno che soffre e abbiamo l’impressione di fare sempre la cosa sbagliata. Il risultato è che tendiamo a evitare di farlo, ma non sempre è possibile. Ad esempio, i bambini sono curiosi e fanno domande su ciò che non capiscono, e la morte è certamente uno degli argomenti che per loro rappresentano dei veri misteri.

Se è difficile parlarne tra adulti, figuriamoci affrontare la questione con i più piccoli, per questo è importante essere preparati quando arriva il momento. Il primo passo è sfatare un falso mito: contrariamente a ciò che molti di noi pensano, i bambini hanno già un concetto della morte, che può essere più o meno nebuloso o definito. Vedono la morte nelle storie raccontate dai cartoni animati, o vi sono esposti in maniera diretta senza realizzarlo pienamente. Molto dipende dall’età e anche dalle esperienze personali.

Ma quindi come spiegare la morte ai bambini? Come affrontare con loro il tema del lutto quando si trovano a doverne vivere uno importante e improvviso? Continua a leggere il nostro articolo e troverai delle linee guida che potranno aiutarti.

Perché è importante sapere come spiegare la morte ai bambini

A ogni età il bambino si approccia all’esperienza della morte in maniera diversa, ma una cosa non cambia: il suo bisogno di avere delle risposte chiare e sincere da parte degli adulti. La prima cosa da ricordare, quindi, è di non sottovalutare mai le capacità di comprensione di un bambino, perché a modo suo è in grado di percepire cosa sta accadendo, avvertendo la tristezza e la sofferenza che lo circondano.

Se non ottiene spiegazioni che siano coerenti con quanto osserva e vive sulla sua pelle, avvertirà la disarmonia e le mancate spiegazioni inducono il piccolo a tentare di trovare da solo dei nessi tra i fatti. E lo fa con i mezzi che ha, facendo riferimento solitamente a se stesso: bambini cui viene negata ogni spiegazione spesso concludono di essere loro stessi i responsabili del dolore della famiglia. Quindi, evitare il confronto può essere solo dannoso ed è al contrario importante sapere come spiegare la morte ai bambini.

Il bambino e la morte: come viene vissuto il lutto nel corso dello sviluppo

Oltre alla personalità, alle risorse individuali del bambino e al tipo di legame che aveva con la persona scomparsa, anche l’età gioca un ruolo determinante nel modo di vivere il lutto.

  • Prima dei 3 anni il bambino non ha ancora un concetto ben formato di che cosa sia la morte, ma vive comunque il senso di perdita con uno stato d’animo che è un misto tra tristezza e agitazione e, come conseguenza, provoca confusione. A quest’età, il rimedio più efficace per aiutarlo ad affrontare lo smarrimento è dedicarsi a lui con affetto e facendogli sentire la propria vicinanza.
  • Dai 3 fino ai 6 anni l’idea che i bambini hanno della morte è quella di una condizione transitoria. Non sono in grado di comprendere che la persona morta non può tornare indietro, ma nonostante questo vivono la perdita con dolore e cercano di comprendere l’accaduto ponendo delle domande. Come vedremo, la cosa migliore è rispondere con trasparenza.
  • Dai 6 fino agli 8 anni il bambino acquisisce l’idea della permanenza della morte come qualcosa di definitivo. Si interessano a tutto ciò che è correlato a questo tema, ma il vissuto emotivo non sempre viene esperito con una corretta modulazione. A quest’età si possono osservare esplosioni di rabbia e comportamenti aggressivi dettati dalla frustrazione.
  • Dagli 8 fino agli 11 anni il bambino comprende che fisiologicamente la morte equivale all’interruzione di tutte le funzioni che ci rendono vivi, ma le sue reazioni emotive e comportamentali non sono ancora adeguate e sfociano in manifestazioni esagerate.
  • Dagli 11 anni in poi il ragazzino ha una consapevolezza più completa e matura del concetto di morte, anche se le sue emozioni vengono manifestate in varie maniere, non sempre funzionali. Ma del resto, anche molti adulti fanno fatica ad approcciarsi a questi eventi che a volte possono essere davvero traumatici.

Come spiegare la morte ai bambini: gli assiomi fondamentali

A seconda del momento evolutivo in cui il bambino si trova, quindi, il modo in cui la morte gli verrà spiegata dovrà essere coerente e adatto alle sue capacità di comprensione. Posta questa premessa, ci sono alcuni elementi, di cui ti parliamo ora, che non devono mai mancare, anche se vengono declinati nel rispetto dell’età del piccolo.

  • Anche se non è facile, il primo pilastro per spiegare la morte ai bambini è la sincerità. Mentire su questo tema non fa che scatenare ulteriori dubbi nella mente del bambino, che quindi alimenterà la sua idea della morte come di qualcosa di misterioso e incomprensibile, al di fuori della sua portata e, quindi, ancora più inquietante. Il bambino percepisce il senso di incertezza e imbarazzo dell’adulto che cerca di dargli risposte evasive e non veritiere, quindi piuttosto è meglio ammettere di non avere una risposta da dargli.
  • Il linguaggio deve essere ponderato con l’età: i bambini piccoli hanno molto bisogno di metafore e immagini per comprendere i concetti astratti. In tenera età può essere facilitante partire dalla descrizione fisica della morte, ovvero che significa smettere di respirare, mangiare e dormire, e il cuore non batte più. È possibile anche che il bambino chieda conferma molte volte: la ripetizione è uno strumento fondamentale per l’apprendimento. Alcuni bambini tempestano gli adulti di domande, mentre altri cadono nel silenzio e riprendono il tema in seguito.
  • Può essere utile una preparazione: condividere all’interno della famiglia, con altri adulti, le possibili risposte da dare al bambino, aiuterà a essere pronti in ogni evenienza e a condividere una linea comune.
  • Attenzione anche agli eufemismi e alle risposte imprecise. Il bambino ha bisogno di trovare delle risposte alle sue domande, di comprendere, quindi è controproducente creargli confusione usando espressioni come andare via, riposare e dormire al posto di dire che una persona è morta. Oltretutto, è importante che il bambino comprenda la netta demarcazione tra la morte e il sonno.
  • Essere schietti non significa essere rudi e insensibili: il bambino in lutto soffre e allo stesso tempo è confuso, quindi ha bisogno di essere rassicurato, anche perché potrebbe nascondere dentro di sé altre paure, come quella che qualcun altro possa morire. In questi casi, la paura deve essere normalizzata e accolta, ma rispondendo con sincerità sul fatto che tutti prima o poi muoiono, ma ci sarà sempre qualcuno a prendersi cura del bambino.
  • ‍Ricorda che ogni bambino ha bisogno del suo tempo per elaborare le risposte che vengono date alle sue domande sulla morte e possono avere delle reazioni peculiari. Ad esempio, può capitare che dopo averne discusso ostentino indifferenza o disinteresse, tornando a giocare apparentemente come se nulla fosse. Questo perché hanno bisogno di metabolizzare le loro esperienze e quanto apprendono poco per volta e ciascuno ha bisogno di un tempo diverso. È importante essere consapevoli di questo e lasciare che sia il piccolo a dettare i suoi ritmi.
  • Allo stesso tempo, può essere molto utile dimostrarsi aperti e disponibili a riprendere ancora l’argomento, in caso il bambino abbia ancora dei dubbi o desideri porre altre domande. Ma tutto senza insistere: è necessario cogliere i momenti in cui i bambini desiderano avere un confronto senza allontanarli, ma non devono nemmeno essere forzati. È sempre fondamentale parlare con rispetto ai piccoli, prestando attenzione ai loro sentimenti e alle loro angosce e facendo passare il messaggio che è importante sentirsi liberi di esprimere le proprie emozioni, per quanto negative. Non bisogna aver vergogna di mostrarsi fragili e impotenti di fronte ai bambini: non è fondamentale solo sapere come spiegare la morte ai bambini, ma anche insegnare loro a gestire il carico emotivo che ne deriva nella consapevolezza che tutti possono aver bisogno di una spalla su cui piangere, anche i grandi.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.