“Perché mio figlio è spesso arrabbiato? Come devo comportarmi con lui?”. Questa domanda affolla le giornate di molti genitori, che si trovano a dover affrontare disagi e problematiche causate dalla rabbia di un bambino dai comportamenti oppositivi.
In generale, i sentimenti di rabbia nei bambini possono essere causati da problematiche relazionali, carenza d’affetto, senso d’abbandono, ma anche da motivazioni non legate a problematiche psico emotive e relative alla struttura cognitiva del cervello dei più piccoli.
Come genitori, risulta fondamentale capire come approcciarsi ad un bambino arrabbiato, per evitare di mettere in atto comportamenti reattivi e motivati dalla frustrazione (come urlare contro nostro figlio).
In questo articolo, andremo quindi a vedere:
- come si comporta un bambino arrabbiato;
- cosa accade nella sua mente durante la rabbia;
- come reagire in modo funzionale di fronte a un bambino arrabbiato, avviando una conversazione utile per il genitore e per il figlio.
Speriamo che, al termine dell’articolo, tu possa aver trovato tutte le informazioni che stavi cercando.
Come si comporta un bambino arrabbiato?
In fila al supermercato, mentre si aspetta l’autobus, durante un viaggio in macchina: la rabbia di un bambino può scoppiare all’improvviso portando a gesti plateali. Pensiamo per esempio all’abitudine dei bambini di buttarsi per terra, piangere, gridare, lamentarsi.
Di fronte a tali atteggiamenti, i genitori non sanno come comportarsi. Possono allora mettere in atto comportamenti sbagliati come gridare a loro volta, andando ad aumentare la tensione e portando ad escalation di conflitto, che non fanno bene a nessuna delle due parti in causa.
Non sempre il bambino arrabbiato può essere inquadrato all’interno del Disturbo Oppositivo Provocatorio, un tipico disturbo comportamentale che si sviluppa in età infantile. La rabbia può invece scaturire dalla normale struttura neurologica del cervello dei più piccoli.
Perché il bambino si arrabbia?
Per capire la rabbia di un bambino, è necessario fare uno sforzo immaginativo. Quando siamo presi da mille impegni, sotto al sole cocente, stretti su un autobus di lunedì mattina, avremmo voglia di metterci a gridare e ad urlare. Eppure non lo facciamo. Perché mai?
Perché siamo in grado di elaborare le nostre emozioni prima che passino all’atto attraverso la riflessione o il linguaggio (cioè attraverso l’intelligenza simbolico-verbale). Nel bambino, questa capacità non è ancora del tutto sviluppata.
Si dice, allora, che il bambino tenda ad esprimere i propri vissuti attraverso l’agito senza una previa e completa elaborazione linguistica.
Inoltre, l’area preposta alla rabbia è la stessa che riguarda la paura, il ciclo sonno-veglia, la respirazione e altre funzioni fondamentali dell’organismo. La rabbia è dunque un’emozione primaria, naturale per il bambino come respirare.
Dato che il bambino non ha ancora sviluppato completamente la zona preposta a pensieri di natura più complessi (come giudizi morali, di valore e via dicendo), gli viene naturale esprimere la rabbia senza filtri. Ecco perché nostro figlio comincia a piangere, urlare e scalciare: semplicemente perché è così che gli viene naturale fare.
Come comportarsi?
Per rapportarsi ad un bambino arrabbiato, bisogna assumere un atteggiamento positivo ed empatico, che punti alla comprensione dei suoi sentimenti invece che innescare nuovi conflitti attraverso una verbalità violenta.
Nel dettaglio, bisogna porsi alcune domande:
- “Perché mio figlio è arrabbiato?”;
- “Cosa voglio fargli capire, in questo frangente?”;
- “Come devo comunicare ciò che voglio fargli capire affinché il messaggio arrivi a destinazione?”.
In tal senso, per i genitori può essere utile apprendere delle tecniche di comunicazione nonviolenta che insegnano come gestire la rabbia durante un dialogo e instaurare conversazioni pacifiche ed efficaci.
Le risposte alle domande potrebbero essere:
- “Mio figlio è arrabbiato perché tenta di comunicare qualcosa che non riesce a comunicare. Per esempio, che è stanco o ha fame”;
- “Voglio fargli capire che urlare e piangere non è il metodo giusto per comunicare il bisogno. Esistono altri metodi, come il dialogo, che possono portare ad effetti migliori in un tempo più breve”;
- “La mia comunicazione deve essere tranquilla e puntare all’insegnamento oltre che alla risoluzione del problema. Dovrei usare poche parole, senza risultare categorico o troppo netto”.
Per esempio, invece di negare al bambino un altro giro alle giostre, potrei proporgli di tornare durante il week-end, spiegandogli che è meglio aspettare per godersi un giro alle giostre piuttosto che fare tutto in fretta e furia.
Posso utilizzare metafore ed esempi, che aiutino il bambino a comprendere i concetti più complessi anche attraverso riferimenti ai suoi cartoni o film preferiti.
Supporto per i genitori di bambini arrabbiati
Essere genitori non è semplice. Si va incontro a sfide quotidiane che possono mettere a dura prova i nostri nervi e le nostre convinzioni. Bisogna sempre ricordare che le nostre reazioni, i nostri atteggiamenti, le nostre emozioni, avranno a lungo termine un impatto significativo sulla vita del bambino e sul suo modo di vivere le relazioni.
Ecco perché, prima di superare il limite, è necessario chiedere un supporto che possa aiutarci a portare avanti la dura e sorprendente sfida della genitorialità.
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