Amnesia infantile: che cos’è e come si manifesta

Per amnesia infantile si intende la difficoltà a recuperare ricordi avvenuti durante i primi anni di vita. Il termine è stato coniato da Sigmund Freud agli inizi del ‘900, per descrivere l’impossibilità di accedere alle memorie della prima infanzia da parte dei suoi pazienti.

Se per Freud l’amnesia infantile era un fenomeno dovuto ad eventi traumatici, che andavano a separare la zona conscia da quella inconscia, la medicina moderna ha avanzato nuove spiegazioni di natura ambientale e genetico-evolutiva.

Ne parleremo approfonditamente all’interno dell’articolo, andando ad indagare le cause, i sintomi e le possibili soluzioni per il fenomeno dell’amnesia infantile.

Speriamo che, al termine dell’articolo, tu abbia ottenuto tutte le informazioni che stavi cercando.

Amnesia infantile: una definizione

Capita a tutti di dimenticare eventi accaduti durante la prima infanzia. Quando la dimenticanza diviene totalizzante e va ad oscurare interi anni di vita, si può a ragione parlare di amnesia infantile.

L’amnesia infantile può essere angosciante per chi la sperimenta, perché dà la sensazione di non essere in possesso dei propri ricordi e dunque della propria vita. Molti pazienti, quando si accorgono della problematica, tentano in ogni modo di accedere alle memorie perdute parlando con i propri cari o andando a generare falsi ricordi.

A parere della psicoanalisi, l’amnesia infantile può essere causata da eventi traumatici, che portano l’adulto a dissociarsi da alcuni ricordi particolarmente dolorosi come meccanismo di difesa. I ricordi non sarebbero quindi scomparsi; bensì inaccessibili per il soggetto che li ha sotterrati al di là della zona di vigile coscienza

Cause dell’amnesia infantile

Negli ultimi anni, le cause dell’amnesia infantile sono state indagate dagli studiosi, che hanno individuato motivazioni di diversa natura legate allo sviluppo del linguaggio e ai naturali processi di apprendimento che si sviluppano durante i primi anni di vita.

Dividiamo le cause in:

  • cause legate allo sviluppo del linguaggio;
  • cause legate all’attività neurale;
  • cause legate alla metamorfosi dei ricordi;
  • cause ambientali legate al sostrato culturale.

Sviluppo del linguaggio

Di sovente, l’amnesia infantile riguarda i ricordi che vanno dal primo al terzo anno di vita. In alcuni pazienti, il periodo di cui non si ha memoria può prolungarsi ancora di qualche anno. Ma perché l’amnesia infantile riguarda proprio questa fase evolutiva?

Le ragioni sarebbero da ricercare nello sviluppo del linguaggio: facoltà che i bambini tra i due e i quattro anni cominciano ad acquisire apprendendo nuove parole e modelli verbali. Ora, quando il bambino sviluppa il linguaggio, apprende anche a rapportarsi ai ricordi attraverso questo mezzo espressivo:

  • sviluppa così una memoria verbale o memoria linguistica.

Fino ai tre anni circa, invece, il bambino si rapporta alle memorie per il tramite di sentimenti, immagini, suggestioni:

  • possiede quindi una memoria non verbale.

Divenuto adulto, il bambino continua a ricordare per mezzo del linguaggio: ecco che può avere difficoltà ad accedere a quella sfera mnemonica costruita nei primi anni di vita per il mezzo della memoria non verbale.

Il conflitto tra memoria linguistica e memoria non linguistica può porsi come causa dell’amnesia infantile.

Attività neurale

Durante i primi anni di vita nel cervello del bambino vi è un continuo movimento. Nuove connessioni neurali si formano, a mano a mano che si apprendono nuove abilità o che si vivono nuove situazioni (come il distacco dalle figure genitoriali).

Accanto alla formazione di nuove connessioni, vi è anche un movimento di “liberazione”: con la crescita, la zona preposta alla memoria autobiografica subisce modificazioni importanti che consentono al bambino di accumulare ricordi coerenti con le sue nuove abilità cognitive.

Ecco perché potrebbe essere complicato accedere a informazioni risalenti alla prima infanzia.

Metamorfosi dei ricordi

Per neurogenesi, si intende la formazione di nuove cellule nervose e cioè di nuovi elementi neuronali. La neurogenesi può essere considerata una forma di neuroplasticità, che permette al cervello di cambiare attraverso l’incontro con stimoli esterni o con l’evoluzione stessa.

Nei bambini, e cioè durante le fasi dello sviluppo fisiologico, la neurogenesi ha un ruolo preponderante. Alcuni studiosi hanno dimostrato che la neurogenesi non implica la sostituzione delle vecchie cellule nervose, bensì l’integrazione delle nuove all’interno del vecchio sistema.

Ciò implica che i ricordi non possono essere persi; vanno piuttosto a depositarsi nel cervello in una forma inedita che il soggetto non riesce a riconoscere.

Appartenenza culturale

Infine, l’appartenenza a una certa cultura può influenzare il fenomeno dell’amnesia infantile. Sembra infatti dimostrato che, diversi popoli, hanno capacità diverse di accedere ai ricordi risalenti alla prima infanzia. Ciò è possibile in base al rapporto che un determinato popolo ha con la storia e in generale con la narrazione delle origini.

Possibili soluzioni dell’amnesia infantile

Tutt’oggi, non esiste un metodo comprovato per risolvere la problematica dell’amnesia infantile. Questo perché la scomparsa dei ricordi risalenti alla prima infanzia è un fenomeno naturale che ha alla base motivazioni legate all’evoluzione neurobiologica del bambino.

Se invece l’amnesia infantile appare legata a traumi o eventi passati, è possibile rivolgersi ad uno psicoterapeuta che saprà come aiutare il paziente a metabolizzare le ferite emotive e a recuperare i ricordi perduti.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.