Pensiero superstizioso: credenze al limite della magia tra normalità ed eccessi

Le persone possono aderire alle superstizioni per vari motivi, inclusi il desiderio di avere un senso di controllo su eventi incerti, la tradizione culturale o religiosa, o semplicemente per il piacere di credere a qualcosa di magico o misterioso.

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Molti di noi si definiscono superstiziosi, in misura più o meno intensa. In psicologia il pensiero superstizioso viene chiamato anche pensiero magico e può essere correlato, in casi estremi, a patologie di tipo schizofrenico od ossessivo.

Nella normalità, invece, il pensiero magico svolge una funzione diversa. Continua la lettura e scoprirai quale.

Che cos’è il pensiero superstizioso

Il pensiero superstizioso è una credenza irrazionale, che consiste nell’essere convinti che esistano comportamenti, gesti e perfino pensieri in grado di determinare il futuro, senza che vi sia una razionale correlazione di tipo causa-effetto. In pratica, quando evitiamo di dire ad alta voce che non abbiamo mai fatto un incidente in macchina perché pensiamo che dicendolo potremmo tirarci addosso la sfortuna e incappare in un sinistro, stiamo facendo un pensiero magico, dato che, ovviamente, non basta dire qualcosa per scatenare un evento opposto.

Ma nessuno di noi è pienamente immune alla superstizione, ed essa esiste perché la natura stessa della mente umana la porta a cercare legami che rendano prevedibili gli eventi anche dove queste relazioni non esistono e a costo di andare contro la ragione e il pensiero scientifico e logico.

Il nostro cervello è fatto per non riposare mai, ed è indotto a cercare un senso anche dove non c’è. In pratica, il caos ci confonde perché non ci lascia riferimenti, perciò siamo tesi a individuare costantemente un modo di organizzare stimoli ed eventi. È lo stesso motivo che ci induce a individuare delle forme nel cielo mentre guardiamo le nuvole: quando ci troviamo di fronte a qualcosa che non ha un significato, vogliamo per forza dargli un senso. Lo facciamo in modo automatico, senza accorgercene e senza ragionarci consapevolmente.

Il pensiero superstizioso interviene specialmente nei casi in cui non riusciamo a spiegarci un fenomeno, e allora andiamo a ricercarne la causa in forze soprannaturali che immaginiamo esistano per forza anche se non ne abbiamo le prove. Quando si verifica un evento imprevisto o inusuale, ci riesce difficile accettare che probabilmente è stato frutto della casualità, ma piuttosto cerchiamo un legame con qualcosa che è avvenuto appena prima, ipotizzando che ci sia tra i due un rapporto causale sostenuto da un’energia sconosciuta. Si tratta di errori cognitivi di valutazione, dovuti a una necessita di trovare per forza un’interpretazione che non lasci spazio al caos e all’indeterminazione.

Ci sono diversi gradi in cui cediamo al pensiero magico. Alcuni sono decisamente innocui, come il semplice indossare un indumento portafortuna in una giornata importante, come quella dell’esame di ammissione all’università, portare con sé un oggetto caro a un colloquio di lavoro. Questi gesti ci danno un senso di sicurezza e fiducia che non avremmo altrimenti. Allo stesso modo, il pensiero superstizioso viene attuato per evitare delle sventure, come quando evitiamo di aprire l’ombrello in casa, facciamo attenzione a non rompere uno specchio per non avere sette anni di guai, oppure cambiamo strada per non incrociare quella in cui è appena passato un gatto nero.

Ma esistono anche casi estremi in cui la sicurezza che i comportamenti derivanti dal pensiero magico riescono a dare è fondamentale per prendere decisioni, come nel caso dei disturbi ossessivo-compulsivi. In altri ancora, la convinzione è talmente radicata da andare oltre la superstizione e prendere il posto della realtà. Questo succede in presenza di disturbi psicotici, in cui il pensiero magico dà luogo a veri e propri deliri (ad esempio ci si convince che i lampioni del viale di accendano al proprio passaggio).

La capacità rassicurante del pensiero superstizioso

Rimanendo nell’ambito della normale superstizione, il pensiero magico può esprimersi in forma di rituali, ad esempio i gesti scaramantici che gli sportivi fanno prima di un incontro. Questo infonde una certa sicurezza tranquillizzante, specialmente quando si sta per esporsi a qualcosa di particolarmente stressante. In questo modo, ci sembra di percepire una sorta di controllo sugli eventi. Il mettere in atto un rituale, infatti, consente di tenere a bada l’ansia, grazie all’illusione di aver fatto qualcosa per evitare un evento spiacevole. In un certo senso, possiamo quindi dire che la scaramanzia è davvero di aiuto nel migliorare le prestazioni, nel momento in cui favorisce uno stato d’animo tranquillo e toglie una minima parte dello stress.

D’altra parte, il pensiero sottostante questo meccanismo è che tutto accada per un motivo e che vi sia una relazione causale tra un gesto specifico ma completamente scollegato e una performance positiva. Credere che per ogni azione ci sia una conseguenza permette di avere un’illusione di controllo sugli eventi e, in certa misura, il potere di manipolarli.

Il pensiero superstizioso nella patologia mentale

Come abbiamo detto, essere superstiziosi, entro certi limiti, è normale: non per forza tutto ciò che facciamo deve avere una base di evidenze scientifiche, e il pensiero superstizioso è semplicemente un espediente per garantirci maggiore sicurezza. Ma in certi casi questi limiti vengono superati e il pensiero magico si concretizza in veri rituali che, se non vengono portati a termine, creano uno stato d’animo angosciante. Altre volte, invece, assume forme assurde che portano la persona a perdere il contatto con la realtà.

Pensiero superstizioso e disturbo ossessivo-compulsivo

Nel primo caso, parliamo del disturbo ossessivo-compulsivo, una patologia di matrice ansiosa, che vede l’accostamento, nella maggior parte degli individui che ne sono colpiti, di pensieri intrusivi che prendono in nome di ossessioni e di compulsioni, ovvero rituali che vengono messi in atto allo scopo di placare l’ansia che le ossessioni generano.

Questi pensieri, infatti, sono impossibili da interrompere e possono essere talmente invadenti da impedire alla persona di vivere serenamente la sua vita, compromettendone alcuni aspetti e sottraendo così tanto tempo ed energie che il soggetto non riesce a svolgere alcune occupazioni che dovrebbero essere all’ordine del giorno.

‍Ogni tentativo di sopprimere le ossessioni è inutile e l’unica risposta possibile diventa l’espletamento del rituale, che deve essere eseguito seguendo una serie di regole rigide, ad esempio ripetendo lo stesso gesto per un determinato numero di volte così da assicurarsi di averlo fatto a dovere. Solitamente non esiste una correlazione logica tra l’ossessione e la rispettiva compulsione, eppure la persona si può sentire in colpa se non agisce in modo da contenere la sua ansia ed evitare le situazioni che si temono. Queste, oltre all’ansia, possono generare anche altre risposte emotive, come il disgusto, oltre a comportamenti di evitamento atti proprio a evitare il presentarsi di circostanze che potrebbero mettere a disagio.

Nei casi di disturbo ossessivo-compulsivo la psicoterapia può essere utile per condurre la persona verso l’accettazione del fatto che non è possibile controllare ogni variabile e ci saranno sempre imprevisti che non possiamo evitare. Una resa di consapevolezza in questo senso sarà utile a ridurre i sintomi e la sofferenza che causano.

Il pensiero superstizioso e i deliri psicotici

Più difficili da gestire, invece, sono i deliri che caratterizzano lo spettro dei disturbi psicotici. In queste patologie il pensiero magico assume la forma di una convinzione certa, che non è mai contestabile, nemmeno in presenza di un’evidente prova contraria. I deliri possono essere bizzarri o non bizzarri, a seconda che il loro contenuto sia o meno plausibile.

Nel caso specifico dei disturbi psicotici, possiamo identificare il pensiero superstizioso con un particolare tipo di deliri, ovvero i deliri di riferimento. Si tratta della convinzione che qualsiasi stimolo proveniente dall’ambiente o dagli altri sia indirizzato a se stessi. Ad esempio, una persona può essere convinta che una canzone abbia un significato particolare e sia indirizzata nello specifico proprio a lui o a lei. In questi casi, i riturali vengono messi in atto nella certezza che manipoleranno la realtà. Ad esempio, si può essere convinti che imitando una pecora si riuscirà a far piovere, quindi metterà in pratica questo rituale e, qualora casualmente iniziasse a piovere nel giro di poco tempo, la persona vedrà delle conferme alla sua credenza.

Si tratta di condizioni che vanno oltre la psicopatologia classica e che necessitano di un aiuto farmacologico per poter tenere a bada i deliri e gli altri sintomi correlati a questi disturbi, che possono seriamente compromettere il funzionamento lavorativo e sociale di chi ne soffre.

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Domenico De Donatis
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Domenico De Donatis è un medico psichiatra con esperienza nella cura dei disturbi psichiatrici. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Parma, ha poi ottenuto la specializzazione in Psichiatria all'Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Registrato presso l'Ordine dei Medici e Chirurghi di Pescara con il n° 4336, si impegna a fornire trattamenti mirati per migliorare la salute mentale dei suoi pazienti.

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Dott.ssa Martina Migliore
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Romana trapiantata in Umbria. Laureata in psicologia e specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Ex-ricercatrice in Psicobiologia e psicofarmacologia. Visione pratica e creativa del mondo, amo le sfide e trovare soluzioni innovative. Appassionata di giochi di ruolo e cultura pop, li integro attivamente nelle mie terapie. Confermo da anni che parlare attraverso ciò che amiamo rende più semplice affrontare le sfide della vita.

FRFederico Russo
Federico Russo
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Psicologo e psicoterapeuta con 8 anni di Esperienza. Iscrizione all’Ordine degli Psicologi - Regione Puglia, n° 5048.

Laurea in Psicologia clinica e della salute, Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia presso l'Istituto S. Chiara.

Crede che la parte migliore del suo lavoro sia il risultato: l’attenuazione dei sintomi, la risoluzione di una difficoltà, il miglioramento della vita delle persone.