Quando si sviluppa il senso di colpa?

Il senso di colpa è un’emozione complessa che può essere provocata da una varietà di situazioni e circostanze.

Il senso di colpa è un’emozione secondaria di natura sociale che nasce quando una persona si rende conto di aver violato uno standard morale o culturale. Il senso di colpa dunque può provenire da una determinata condizione ambientale ma può anche essere autoimposto quando si ha la percezione personale di non essere stati all’altezza dei propri valori. Dunque è possibile provare senso di colpa quando si compie un’azione moralmente scorretta nei confronti di altre persone oppure per aver deluso se stessi e le proprie aspettative. Provare senso di colpa è un’esperienza universale che compare già nei primi anni di vita ed è strettamente collegata allo sviluppo della coscienza morale nel fanciullo.

Lo sviluppo della morale nel fanciullo


A spiegare meglio le tappe dello sviluppo del senso di colpa negli esseri umani è stato lo psicologo svizzero Jean Piaget nella sua opera “Il giudizio morale nel fanciullo”. Lo studioso era interessato a cogliere il modo in cui i bambini affrontano le questioni morali, in particolare:

  • la comprensione delle regole (chi stabilisce le regole? Le regole possono cambiare?);
  • la comprensione della responsabilità morale (di chi è la colpa? il senso di colpa è giustificato dall’azione?);
  • la comprensione della giustizia (quale rapporto esiste tra la punizione e la violazione di una norma? I colpevoli ricevono sempre una punizione?).


Piaget scoprì che le idee dei bambini su regole, giudizi morali, punizioni e senso di colpa tendevano a cambiare nel corso dello sviluppo e ha suggerito l’esistenza di due tipi principali di pensiero morale che dipendono dall’età del bambino.

La morale eteronoma


Lo stadio della morale eteronoma si sviluppa tra i 3 e i 10 anni circa ed è anche conosciuto come realismo morale. I bambini considerano la moralità come l’obbedienza alle regole che sono considerate immodificabili. Hanno dei precisi punti di riferimento che costituiscono ai loro occhi l’autorità che detta le leggi del comportamento, ad esempio genitori e insegnanti. I bambini dunque si aspettano che infrangere le regole porti a una punizione immediata e severa. In questa fase il senso di colpa nasce come risposta all’infrazione di una regola imposta dall’esterno e per questo la fase è definita eteronoma. Quando il bambino trasgredisce una regola desidera essere punito per alleviare il suo senso di colpa. Questo tipo di processo prende il nome di punizione espiatoria. Il comportamento è giudicato buono o cattivo sulla base delle conseguenze che produce indipendentemente dalle intenzioni o dai motivi di quel comportamento per questo si parla di realismo morale. Per un bambino di questa età la gravità di un danno (ad esempio rompere 10 bicchieri accidentalmente) è sempre considerata più importante rispetto all’intenzionalità (ad esempio gettare un bicchiere per terra con la volontà di romperlo).

Morale autonoma


A partire da circa 10 anni di età il bambino comincia a maturare un diverso senso della moralità. Riconosce che non esiste qualcosa di giusto o di sbagliato in senso assoluto e che la moralità dipende più dalle intenzioni che dalle conseguenze. Per questi motivi questo stadio prende anche il nome di relativismo morale. I bambini di questa età stanno cominciando a superare l’egocentrismo della prima infanzia e sviluppano la capacità di cogliere il punto di vista degli altri. Il giudizio morale dunque prende in considerazione il fatto che le regole sono fatte dagli esseri umani e per questo possono cambiare a seconda della situazione o della cultura di riferimento. Il senso di colpa in questo stadio è legato alla responsabilità morale. I bambini più grandi potrebbero non avere sensi di colpa se trasgrediscono una regola a fin di bene. Sanno che le buone intenzioni possono giustificare alcune azioni sbagliate. Viceversa il senso di colpa sarà maggiore quando il proprio comportamento può aver ferito un’altra persona anche se l’azione in sè non infrange le norme.

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Quando il senso di colpa è sano


In generale ci sono due tipi di colpa: sana e malsana. Il senso di colpa funge infatti sia da indicatore che da inibitore. Un sano senso di colpa è una risposta appropriata alle condizioni della realtà. Riconoscere di aver commesso un errore che ha danneggiato altre persone è un atteggiamento che consente di scusarsi o di accettare una punizione per la propria azione. Il sano senso di colpa ispira una persona a comportarsi nel migliore interesse sia per se stessa che per gli altri e induce a riflettere sui propri comportamenti. In questo modo il senso di colpa funge da guida per le azioni future e da indicatore dello stato di benessere interiore. Anche in riferimento all’autocoscienza il senso di colpa è sano quando si riconosce dentro di sè di aver contraddetto una regola morale interiorizzata. A questo proposito Freud afferma che l’istanza interiore che regola i nostri comportamenti sul piano morale è il Super-Io. Quando il Super-Io non riesce a porre delle barriere alle pulsioni provenienti dall’inconscio si può generare un profondo conflitto interiore tra i desideri e le norme morali. In questo caso la colpevolizzazione è una forma di punizione interna autoindotta che serve a regolare i comportamenti futuri. In assenza di un Super-Io sufficientemente solido infatti si va incontro ad una disregolazione della condotta morale. Tipico in questo senso è il comportamento non empatico di chi soffre di un disturbo narcisistico di personalità. Ma tutti i sensi di colpa sono appropriati? Esiste un tipo di senso di colpa che in psicologia è considerato malsano e disadattivo. La colpa malsana è solitamente sproporzionata rispetto all’azione, può apparire come fuori luogo ed è del tutto irrazionale. Si tratta del senso di colpa che non può essere attribuito a nessun comportamento che possa giustificarlo. Può capitare ad esempio di non riuscire a godere di un proprio successo per il pensiero di aver primeggiato su una persona che consideriamo altrettanto meritevole. Allo stesso modo è malsano il senso di colpa del sopravvissuto che sente di non meritare di aver superato un evento drammatico mentre altri sono rimasti feriti o hanno perso la vita. Infine esiste un tipo di senso di colpa generale che colpisce chi soffre di un disturbo depressivo maggiore. Si tratta di una condizione in cui il soggetto ritiene di non essere mai adeguato alle circostanze e di essere responsabile anche di situazioni in cui non è direttamente coinvolto. Il senso di colpa del depresso genera molta sofferenza e dolore e può portare la persona ad atti di autolesionismo o tentativi suicidari. In questo caso si tratta di un vero e proprio sintomo di una più ampia condizione patologica e deve quindi essere analizzato con attenzione per individuare il livello di gravità del disturbo.

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Come gestire il senso di colpa


Prima di tutto è necessario comprendere che il senso di colpa è un’emozione naturale che nasce per regolare le relazioni interpersonali e il rapporto con se stessi. La prima cosa da fare per gestire il senso di colpa è di comprendere il significato che assume nella propria vita in quel preciso momento e in quel determinato contesto. Questa presa di coscienza è fondamentale per distinguere il senso di colpa sano da quello malsano o disadattivo. L’autoconsapevolezza è dunque lo strumento più importante per cogliere gli aspetti realistici o irrazionali del proprio senso di colpa. Una volta riconosciuta l’origine del senso di colpa è utile entrare nella seconda fase, quella del perdono. Scusarsi con gli altri e perdonare se stessi sono le azioni da mettere in atto per affrontare e risolvere il senso di colpa. A partire dalla consapevolezza dello stato emotivo che si sta provando bisogna fare un passo in avanti verso l’accettazione di uno sbaglio. Tutti commettiamo errori e arrovellarsi su comportamenti avvenuti in passato non serve a cambiare le cose. Per gestire il senso di colpa in modo appropriato occorre sviluppare una buona intelligenza emotiva definita come la capacità di analizzare in modo consapevole le proprie emozioni e quelle degli altri. Essere emotivamente intelligenti significa infatti dare spazio alle emozioni e lasciare che svolgano una funzione di adattamento alla realtà.

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Revisori

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Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.