Crescere in una famiglia arcobaleno: facciamo chiarezza sugli effetti per i figli

Esploriamo insieme gli effetti di crescere in una famiglia arcobaleno sui figli. Scopriamo come l’ambiente familiare influenzi lo sviluppo emotivo, sociale e psicologico dei bambini, esaminando i risultati di studi e ricerche sull’argomento.

Nell’ultimo periodo si parla spesso di famiglia arcobaleno, o famiglie omogenitoriali, in tema di diritti, ma ogni ragionamento dovrebbe prendere le mosse da un’altra prospettiva che deve essere considerata: quali sono i risvolti psicologici sulla crescita e sullo sviluppo dei bambini in un contesto omogenitoriale?

Quando si parla di questo argomento il problema enorme è che chi se ne occupa, ovvero la sfera politica, pensa di avere in mano delle risposte che, invece, spetterebbero alla ricerca scientifica, illudendosi di essere detentrice della verità partendo però da presupposti omofobi che derivano da una mentalità chiusa e incapace di accogliere ciò che non è convenzionale. Ma, al di là della strumentalizzazione politica, che cosa dice la ricerca sui bambini che crescono in una famiglia arcobaleno? Continua a leggere per scoprire la risposta.

Famiglia tradizionale e famiglia arcobaleno: che cos’hanno in comune?

Iniziamo a precisare che, in ogni caso, che si tratti di famiglia tradizionale o di famiglia arcobaleno, stiamo sempre parlando di un organismo che presenta alcuni punti fissi. Nella società moderna, è scorretto parlare di famiglia al singolare, dal momento che questo concetto si è allargato, arrivando a comprendere nuclei famigliari con vari tipi di strutture. Si pensi alle famiglie allargate, o al contrario a quelle monogenitoriali (o perfino unipersonali: anche una sola persona può comporre una famiglia, a livello legale), a quelle adottive, a quelle multietniche. A queste, ovviamente, si aggiungono le famiglie omogenitoriali, ovvero quelle in cui i genitori sono due ma appartengono allo stesso genere. Quindi sono due uomini o due donne.

Ma in tutte queste situazioni, per quanto possano essere variegate, c’è un denominatore comune, che non ha nulla a che fare con la struttura: ogni nucleo è costituito da un intreccio di relazioni, che contribuiscono a sviluppare un contesto di amore e reciprocità. La generatività può essere presente o meno: anche una coppia forma una famiglia, e perfino una persona singola. Non si tratta, quindi, di un concetto imprescindibilmente legato a quello di nucleo famigliare.

Ma in molti casi questo fattore c’è, ed è strettamente collegato alla genitorialità. Questa funzione è il perno sul quale viene determinata la crescita dei figli ma è anche una componente che, per alcune persone, diventa una parte della propria identità personale che ha a che fare non solo con una modificazione dell’immagine di sé e della propria rappresentazione, ma è anche relazionale e implica la necessità di trovare un equilibrio e un benessere per entrambe le parti. In più, la genitorialità è una funzione totalmente sganciata dagli altri aspetti di personalità, dalla psicopatologia così come dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.

I pregiudizi sulla famiglia arcobaleno e sull’omogenitorialità

Il passaggio che manca quando si discute dei diritti della famiglia arcobaleno è proprio questo: una persona che assume un ruolo di genitore è tale indipendentemente dal fatto che si senta uomo o donna e indipendentemente dal fatto che gli piacciano gli uomini o le donne. Questo succede perché viviamo in una società governata da parametri e canoni molto rigidi, in cui la norma è essere eterosessuali e cisgender (ovvero riconoscere che la propria identità di genere coincide con il genere assegnato alla nascita, l’esatto contrario di transgender). La diretta conseguenza è che anche la famiglia presenta dei canoni, ovvero quelli della famiglia tradizionale, composta da una mamma e un papà eterosessuali e cisgender.

Tutto ciò che esula dalla famiglia tradizionale viene visto come sopra le righe, fuori dalla norma, e la strettezza di questa mentalità chiusa ha determinato una serie di pregiudizi che, in quanto tali, sono frutto dell’ignoranza e dell’incapacità di vedere un genitore per quello che è, senza giudicare l’adeguatezza della sua persona ai canoni della società. La famiglia arcobaleno, quindi, viene travolta da una serie di stigmi omofobici e transfobici, dando per scontato che saranno i bambini che crescono in questi contesti a subire un danno nel loro sviluppo psicologico per il semplice fatto di non provenire da una famiglia tradizionale.

Purtroppo, i pregiudizi di cui la famiglia arcobaleno è vittima non sono gli unici, ma rientrano tra le file di una lunghissima serie di stereotipi che si rivolgono a mole categorie. Ad esempio, anche i bambini con malformazioni o qualsiasi tipo di ritardo sono, nella maggior parte dei casi, oggetto di stigma e, spesso e volentieri, anche di prese in giro. Questo a indicare che tutti i tipi di diversità fanno fatica a essere accettati dalla maggioranza considerata normativa.

Non si tratta, quindi, di un limite che deve essere imputato direttamente, ad esempio, ai genitori omosessuali che compongono una famiglia arcobaleno, ma da attribuire direttamente alla chiusura mentale sociale. Pertanto, il modo corretto di agire è quello di svolgere un lavoro di sensibilizzazione e corretta informazione per contrastare l’ignoranza, generatrice di pregiudizi e stigmi. Se dessimo credito alla realtà dei fatti, ciò che scopriremmo potrebbe stupirci: l’altra faccia della medaglia, infatti, è che i bambini che crescono con genitori che si sentono a proprio agio con il loro orientamento sessuale possono vivere serenamente e, anzi, sviluppano una flessibilità che a molte persone manca, insieme a strategie più efficaci contro l’omofobia.

I dati della ricerca sulla famiglia arcobaleno

Ora prendiamo i dati alla mano e scopriamo cosa dice la ricerca sui bambini che crescono in una famiglia arcobaleno. Partiamo dai dubbi che la società nutre: il timore che il loro sviluppo sessuale possa subire alterazioni, così come di una maggiore difficoltà nel trovare la propria identità di genere; la possibilità che vengano compromessi altri aspetti e che questi bambini siano più esposti e vulnerabili alla presentazione di sintomi psichiatrici, disturbi di personalità, problemi relativi al comportamento e all’adattamento scolastico, sia in termini sociali che accademici. Infine, potremmo dire paradossalmente, un’ultima preoccupazione riguarda il rischio che questi bambini diventino oggetto di stigmatizzazione e discriminazione per via degli stessi pregiudizi che il contesto alimenta.

A partire da questi presupposti, menzioniamo lo studio intrapreso dall’American Academy of‍ Pediatrics allo scopo di analizzare gli effetti dell’avere uno o entrambi i genitori omosessuali sui bambini che crescono in una famiglia arcobaleno e sulla loro salute psicologica. A questo scopo venne consultato un ampio bagaglio di letteratura scientifica relativa allo sviluppo sociale ed emotivo dei bambini, al processo di formazione dell’identità di genere e definizione dell’orientamento sessuale, e delle capacità di adattamento dei genitori, considerando educazione, comportamento e stile di personalità.

Ciò che emerse fu una completa mancanza di correlazione tra l’orientamento sessuale dei genitori e la capacità e il successo dei figli nell’adattarsi a livello sociale ed emotivo, tanto meno con eventuali problematiche comportamentali. In pratica, autostima bassa, sintomi depressivi, rendimento scolastico e abilità relazionali emergono con intensità diverse in maniera del tutto indipendente dal nucleo famigliare in cui il bambino è cresciuto. Quindi, chi fa parte di una famiglia arcobaleno ha le stesse possibilità di tutti gli altri di presentare una sofferenza psicologica, indice che l’omosessualità dei genitori non rappresenta un fattore di rischio per la loro salute mentale.

Che cosa possiamo concludere sulla crescita in una famiglia arcobaleno?

In conclusione, quindi, abbiamo le prove che la scienza non sia affatto in linea con i pregiudizi che vigono nella nostra società, che sono piuttosto il frutto di una cultura chiusa che non ammette facilmente la diversità, guardandola con diffidenza e cercando di lasciarla ai margini piuttosto che conoscerla e comprenderla. La mancanza di informazione è ciò di cui i pregiudizi si nutrono e ciò che li mantiene in vita, rischiando di dare luogo a propagande che possono avere dei risvolti davvero dannosi per le minoranze, che rischiano di vedere limitati i loro diritti.

Qual è quindi la soluzione? Ampliare i propri orizzonti, mettendo da parte i luoghi comuni e affidandosi a ciò che dice la ricerca, se proprio abbiamo bisogno di un punto di riferimento oggettivo. I dati parlano chiaro: ciò che determina l’essenza di una famiglia non è la sua struttura, ma la presenza di un legame di amore che intercorra sia tra i genitori che tra loro e i figli. Non è l’orientamento sessuale dei genitori, ma la serenità con cui lo vivono a svolgere un ruolo importante per il benessere dei figli.

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Avvertenza

In questo articolo parliamo di “donne” e “uomini” per semplicità, ma avere questi o quei genitali non determina necessariamente l’identità di genere. Ci sembra giusto sottolinearlo.

Redazione

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.