Le psicopatologie non sono problemi che riguardano solo gli adulti, anzi esiste una classe di disturbi all’interno del DSM-5 (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali) che è proprio specifica per i problemi che emergono nel corso dell’infanzia. Si tratta dei cosiddetti disturbi del neurosviluppo, molti dei quali sono facilmente connessi tra loro e si presentano insieme, e alcuni di essi non sono semplici da distinguere gli uni dagli altri.
Ad esempio, il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (che abbrevieremo in ADHD), è una sindrome che ha un impatto sul comportamento e, per questo motivo, a volte viene confuso con altri disturbi appartenenti alla categoria del discontrollo degli impulsi. Se vuoi saperne di più sull’ADHD, continua a leggere il nostro articolo e avrai tutte le risposte che cerchi.
Indice dall’articolo
Che cos’è l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività)
Come abbiamo detto, L’ADHD fa parte dei disturbi del neurosviluppo, ovvero di quella categoria psicopatologica composta da problemi che iniziano a emergere durante l’infanzia. Come molti di essi, anche l’ADHD diventa più evidente durante la scuola elementare, il periodo in cui aumentano le richieste cognitive poste al bambino, che si trova a doversi impegnare in compiti a casa e lezioni a scuola.
L’ADHD nei bambini si configura come una vera e propria sindrome, ovvero un pattern di comportamento che si manifesta costantemente e in più occasioni, un insieme di sintomi che possono ostacolare lo sviluppo cognitivo del piccolo e creargli difficoltà in contesti come la scuola e le relazioni con i compagni. Come suggerisce il nome, si tratta di una problematica che ha due poli (possono essere presenti entrambi o solo uno dei due): la scarsa attenzione e l’iperattività.
Quali sono i sintomi dell’ADHD nei bambini?
L’ADHD e i suoi sintomi nei bambini cambiano configurazione in maniera importante, a seconda che prevalga il pattern di disattenzione o quello di iperattività. Il DSM-5, in ogni caso, aiuta a definire in modo chiaro le caratteristiche fondamentali per riconoscerlo. È importante ricordare che i sintomi devono essere proporzionati all’età del bambino: le aspettative devono essere coerenti con ciò che ci si attende a quella specifica età, altrimenti non si può parlare di mancanza o deficit.
La disattenzione si manifesta con una serie di difficoltà che compromettono il rendimento scolastico e devono essere riconoscibili, per la diagnosi di ADHD nei bambini, almeno sei di questi elementi:
- l’attenzione del bambino è superficiale, spesso a causa della distrazione commette errori e non riesce a focalizzarsi sui particolari, portando anche a termine il lavoro, ma in modo grossolano;
- durante la lezione, così come nelle attività di svago, non riesce a mantenere l’attenzione per un tempo accettabile;
- molte volte sembra non ascoltare quando gli si parla, ad esempio guarda altrove anche se non ci sono fonti di distrazione;
- quando gli viene assegnato un compito, lo completa senza seguire le istruzioni perché non le legge o si distrae senza ascoltare, mentre altre volte non lo termina del tutto;
- il bambino ha difficoltà a organizzare il lavoro o le attività di gioco e a gestire il suo materiale: è disordinato e sembra non avere un chiaro schema di azione;
- se un compito richiede impegno o uno sforzo particolare, cerca in tutti i modi di evitarlo oppure si rifiuta attivamente di eseguirlo;
- il suo essere disordinato lo porta spesso a perdere il materiale che gli serve;
- gli stimoli esterni sono per lui una vera calamita: ne è distratto con incredibile facilità;
- nelle attività di tutti i giorni appare svogliato e agisce in modo raffazzonato.
Anche per l’iperattività o impulsività è prevista una lista di elementi e, se questo tratto è presente nel pattern, devono essere almeno sei:
- quando è seduto ha difficoltà a stare fermo: si dimena oppure muove e sbatte mani o piedi;
- fa fatica a rimanere al suo posto quando dovrebbe stare seduto, ad esempio alzandosi continuamente in classe;
- anche quando non dovrebbe farlo, corre o salta, risultando inappropriato;
- le attività di gioco sono caratterizzate a irrequietezza e frenesia, il bambino non sembra in grado di svolgere con la tranquillità dei compagni;
- osservandolo, si ha l’impressione che sia caricato a molla o che sia tenuto attivo da un motore;
- è logorroico;
- spesso, quando gli si rivolge una domanda, è incapace di attendere la fine della frase e spara una risposta a caso;
- non rispetta il proprio turno perché non riesce ad aspettare;
- tende a prevaricare gli altri, che si tratti di un discorso (ha l’abitudine di parlare sopra gli altri) o di un gioco, risultando invadente.
Della diagnosi fanno parte anche le conseguenze che possono derivare dall’ADHD e dai suoi sintomi nei bambini: per poter parlare di disturbo, devono essere compromessi almeno due contesti di vita, ad esempio quello domestico e quello scolastico. Significa che il bambino, in questi luoghi, può manifestare una serie di difficoltà. È più facile che rimanga indietro con l’apprendimento rispetto ai suoi compagni, dato che l’attenzione è il presupposto per tutte le attività cognitive, ma è anche più probabile che abbia delle relazioni conflittuali con i bambini della sua età, che potrebbero vederlo come inadeguato, prepotente e fastidioso.
A scuola, inoltre, se l’insegnante non comprende il significato della diagnosi, potrebbe etichettarlo come un bambino pigro, svogliato e inopportuno, che fa apposta a infastidire la lezione e a disobbedire e distrarsi continuamente per non fare il suo dovere.
Quanto dura l’ADHD nei bambini?
Il criterio temporale è fondamentale per la diagnosi di ADHD nei bambini. Prima di tutto, trattandosi di un disturbo del neurosviluppo, i sintomi devono essere presenti prima del compimento dei 12 anni. Quando il bambino è molto piccolo, diciamo prima dei 4 anni, è molto difficile riconoscere i sintomi, dal momento che a quest’età c’è una maggiore variabilità di comportamenti considerati normali.
Quando inizia a frequentare la scuola elementare, le richieste sono più difficili e ci si aspetta maggiore disciplina dal piccolo alunno: ecco perché a quest’età avvengono la maggior parte delle diagnosi.
La durata minima dei sintomi è di almeno sei mesi di presentazione costante, e il decorso può essere molto vario. A volte, con la crescita, all’ADHD si sommano comportamenti oppositivi e problemi nella condotta che rischiano di dare luogo poi ad azioni antisociali. Una buona percentuale di bambini con ADHD non guarisce mai e continua a manifestare la patologia anche in età adolescenziale e adulta, anche se la sintomatologia cambia: se nei piccoli prevale l’iperattività, in seguito la disattenzione prende il sopravvento e negli adulti ciò che può essere davvero invalidante è l’impulsività.
Quali sono le cause dell’ADHD nei bambini?
Non è possibile individuare una causa precisa dell’ADHD nei bambini, ma ci sono alcuni fattori che possono aumentare il rischio di un suo sviluppo, come la presenza di particolari tratti temperamentali (la ricerca continua di novità e la difficoltà a esercitare il controllo sul proprio comportamento).
In molti casi è stata osservata con i sintomi dell’ADHD nei bambini la compresenza di fattori ambientali negativi, come il fumo o l’alcol in gravidanza, l’abuso durante i primi anni di vita, anche sul versante della trascuratezza, l’esposizione a sostanze tossiche o un passato di adozioni. Questi elementi si osservano con maggiore frequenza nei bambini con ADHD ma non è ancora chiaro se si possa parlare di rapporto causale.
Sembra provato, invece, il peso della biologia e della genetica: se i genitori hanno o hanno avuto una diagnosi di ADHD, è più probabile che i figli sviluppino la stessa sindrome. Il modo in cui i genitori interagiscono con i bambini, invece, non è correlato al rischio di manifestazione di ADHD, ma può modificarne il decorso quando già presente.
Quali sono i rimedi per l’ADHD nei bambini?
In molti casi i miglioramenti sono possibili, una volta inquadrato il caso. Ai bambini con ADHD viene spesso proposta una terapia combinata, nella quale vengono integrati dei farmaci con un intervento educativo.
Da una parte, infatti, i farmaci stimolanti sono efficaci nel favorire le funzioni cognitive, aiutando il piccolo a concentrarsi meglio nei compiti e nelle attività scolastiche; dall’altra un approccio comportamentale lo aiuta ad acquisire strategie per controllare gli impulsi e avere dei rapporti sociali soddisfacenti e adeguati con i compagni.
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