Non so più cosa sia reale: percezione e dispercezione tra normalità e patologia
Scopriamo come la percezione distorta della realtà possa manifestarsi in vari disturbi mentali, come la psicosi o i disturbi dissociativi. Condividiamo informazioni su come riconoscere i segni di una percezione distorta e su come cercare aiuto professionale quando la dispercezione inizia a interferire con il funzionamento quotidiano e il benessere complessivo.
Ti capita mai di avere la sensazione di percepire la realtà in modo diverso da come la vedono gli altri? A volte ti viene il dubbio di ingigantire qualcosa, magari sull’onda delle emozioni che stai provando in quel momento, oppure di lasciarti suggestionare da un racconto che ha la capacità di confonderti e alterare la tua visione del mondo. Se ti riconosci un una di queste situazioni, ti sarà capitato di pensare "non so più cosa sia reale" e questa consapevolezza ti avrà allarmato.
Ma come possiamo stabilire se quello che stiamo percependo è reale o viene distorto dalla nostra mente? Ci sono dei casi in cui questi processi avvengono in modo patologico o si tratta di qualcosa di normale? Continua a leggere e scoprirai tutto ciò che vuoi sapere sulla percezione della realtà e sulle sue alterazioni.
Non so più cosa sia reale: percezione e dispercezione della realtà
La percezione della realtà è la nostra capacità di osservare e valutare l’ambiente intorno a noi, il nostro mondo interno e i fatti che accadono in maniera spontanea e preriflessiva. Non si tratta solo di qualcosa che ci viene dato dai cinque sensi, ma anche di una comprensione istintiva che prescinde da ogni ragionamento, qualcosa che sentiamo a pelle e sul quale facciamo affidamento.
Ma questa capacità non è infallibile, per il semplice fatto che il mondo, inteso sia come esterno che interno, non possiede solo un aspetto oggettivo, ma anche un carattere soggettivo, che dipende esclusivamente dal soggetto che lo legge. In alcuni casi, infatti, la nostra predisposizione mentale è tale da indurci a non percepire il mondo in maniera corretta, causando quindi delle dispercezioni.
Si può parlare di "distorsioni cognitive", ovvero interpretazioni disfunzionali della realtà, caratterizzate da processi di pensiero irrazionali o sbagliati.
Con "dispercezione psichiatrica" intendiamo invece un fenomeno di cui fanno parte la riduzione del numero di elaborazioni in un determinato tempo, il malfunzionamento della loro sintesi e la mancata integrazione con le altre facoltà mentali. (Dispercezione - Enciclopedia - Treccani, n.d.)
Le dispercezioni sono letture che noi diamo in modo distorto di fatti che possono anche apparire palesi agli altri, ma a noi si manifestano come alterati. Possono riguardare, ad esempio, una parte del corpo, che noi percepiamo come difettuale perché, dall’interno, non siamo in grado di osservarci con occhio oggettivo. In altri casi possiamo mettere in dubbio i sentimenti o le intenzioni di una persona con cui abbiamo avuto uno screzio e per la quale in quel momento proviamo rabbia e risentimento (ad esempio l’amore che proviamo per il partner, così come la consapevolezza che lui o lei ci ami a sua volta, possono essere offuscati subito dopo un litigio).
Come nascono le dispercezioni?
Quindi, gli episodi che ci creano confusione e ci fanno pensare "non so più cosa sia reale", possono derivare da diversi fattori, tutti legati alla nostra disposizione a cogliere la realtà che ci circonda. La maggior parte di questi non sono patologici e danno vita a fenomeni normali che tutti sperimentiamo ripetutamente nel corso della vita.
Come abbiamo visto, le nostre emozioni sono un filtro importantissimo, delle lenti colorate che possono distorcere anche in maniera evidente la realtà. Abbiamo fatto poco fa l’esempio della rabbia: quando proviamo questa emozione, è facile lasciarsi offuscare e interpretare i comportamenti degli altri in chiave negativa, in un modo che ci sembra ostile nei nostri confronti anche quando non lo è. Non ci rendiamo conto di questa percezione, perché in quel momento la rabbia funge da filtro. Allo stesso modo, la paura ci fa percepire ciò che temiamo come infinitamente più spaventoso e ogni ostacolo ci appare troppo grande da superare anche se obiettivamente non è così.
Al contrario, un’emozione positiva intensa, come una felicità travolgente, ha il potere di farci sembrare tutto più bello. Anche se si tratta di un fenomeno piacevole, è pur sempre una dispercezione, che può alterare la realtà al punto da far sparire tutti i problemi che normalmente ci preoccuperebbero. La tristezza e la solitudine, invece, hanno l’effetto opposto: colorano tutto di grigio e appiattiscono ogni stimolo positivo svuotandolo di tutto il suo valore. È ciò che accade negli stati depressivi.
La dispercezione e la psicopatologia
A proposito di depressione, ci sono anche dei casi in cui la dispercezione della realtà è patologica, nel senso che si deve a uno stato di salute mentale alterato che può intaccare il modo in cui avvertiamo il mondo e interagiamo con esso.
Anche in questo caso, le cause possono essere diverse, a cominciare da farmaci o altre sostanze psicotrope che possono influire sulla percezione in maniera significativa. In altri casi, un deficit nella funzionalità cognitiva (ad esempio relativo all’attenzione) oppure una demenza possono alterare il modo in cui la realtà viene percepita. Infine, un ulteriore caso riguarda lo spettro dei disturbi psicotici, che spesso includono la presenza di allucinazioni. Si tratta di dispercezioni sensoriali che il soggetto non riesce a distinguere dalla realtà, e della cui veridicità, quindi, rimane fermamente convinto anche in presenza di evidenze del contrario.
Non so più cosa sia reale: derealizzazione e depersonalizzazione
Infine, per quanto concerne la psicopatologia, un approfondimento meritano due disturbi poco conosciuti ma che sono strettamente collegati alla dispercezione della realtà e alla perdita di contatto con essa e con il mondo: la derealizzazione e la depersonalizzazione. Nel primo caso, a essere compromessa è la percezione dell’ambiente, rispetto al quale la persona si sente completamente alienata e distaccata, accusando un senso di distanza fisica e di stranezza. La realtà può essere percepita come fatua, inconsistente o addirittura non veritiera.
Nel secondo caso, invece, il senso di estraniamento avviene nei confronti della propria persona, e può manifestarsi come intorpidimento per una parte specifica del corpo, una sensazione di irrealtà di alcune di esse o la percezione che siano morte o staccate dal resto. Alcune persone hanno la sensazione di vedersi dall’esterno, come estranei al loro stesso corpo, e avvertono la loro immagine corporea come non famigliare, come altro da sé.
Cosa succede in questi casi? Sia che si tratti di derealizzazione o di depersonalizzazione, ciò che si inceppa è la percezione della propria esperienza (riferita al mondo o al sé) come reale. L’esperienza diventa così inconsistente, priva di valore, viene avvertita come non propria o ingannevole. Sono condizioni che causano profondo disagio, che spaventano molo chi le prova dando vita a stati ansiosi, attacchi di panico e paura di perdere il controllo e di stare andando fuori di testa.
Per paura dei pregiudizi che potrebbero derivare dal parlare di queste esperienze distorte, molte persone evitano di parlarne apertamente e di ammettere: "Non so più cosa sia reale". Eppure si tratta di fenomeni che, anche se raramente si strutturano in un disturbo clinicamente significativo, sono piuttosto comuni: si stima che circa la metà della popolazione sperimenti un episodio di derealizzazione o di depersonalizzazione almeno una volta nella vita.
Questi eventi possono verificarsi in concomitanza con un momento di forte stress, in cui la persona mette in atto in maniera inconsapevole un tentativo di distaccarsi dalla situazione che sta vivendo, di prendere le distanze in modo da non dover affrontare i problemi e le preoccupazioni che la stanno tormentando. In questi casi, quindi, sotto la derealizzazione e la depersonalizzazione c’è una matrice ansiosa, ma può capitare un episodio di questo tipo anche all’interno di una sindrome depressiva.
Altre volte, invece, la causa scatenante è una strutturazione difettuale della capacità dell’individuo di elaborare la realtà: quando accadono delle esperienze di vita traumatiche o che segnano un profondo cambiamento nella storia della persona, questa se ne distacca, le mette da parte in modo da non dovervi fare i conti. È ciò che viene chiamato fuga dissociativa o stato dissociativo e rappresenta, anch’essa, una forma di dispercezione della realtà.
Cosa posso fare quando non so più cosa sia reale?
Come si può uscire da questo circolo di dispercezione della realtà che ci porta a prendere progressivamente le distanze con il mondo?
Ovviamente il primo passo è capire quando stiamo avvertendo ciò che ci circonda in maniera alterata. Possiamo cercare di individuarne i sintomi come il sentirsi sconnessi dalle proprie sensazioni o dal mondo esterno, il senso di irrealtà, estraneità, stranezza, profondo distacco. Tuttavia compiere questa operazione in autonomia può essere molto difficile.
Un buon sistema è quello di cercare conferme all’esterno, specialmente per le questioni più importanti. È fondamentale non fermarsi alla nostra prima impressione, ma cercare di approfondire ogni situazione in modo da avere un quadro più dettagliato.
Una volta che avremo stabilito di cosa si tratta, potremo valutare se la nostra dispercezione della realtà si deve a un processo normale o a qualcosa di patologico. Se il caso è il secondo, la soluzione è quella di rivolgersi a un professionista della salute mentale, come quelli che lavorano su Serenis.
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