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Guida completa alla cleptomania

Hai mai sentito parlare della cleptomania? Si tratta di un disturbo mentale che il DSM-5 racchiude nel capitolo dedicato ai disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta. Nello specifico, proprio una difficoltà a mantenere a freno i propri comportamenti impulsivi è alla base di questo problema, che si esprime in un bisogno di rubare oggetti che la persona non riesce a controllare.

Questa definizione sembra piuttosto curiosa, ma la cleptomania può essere spiegata anche dai processi neurobiologici che avvengono nel cervello, e di seguito approfondiremo meglio questo aspetto. Se l’argomento ti incuriosisce, prosegui la lettura e scoprirai come riconoscere la cleptomania, come distinguerla dagli altri comportamenti che hanno a che fare con il furto e come si può intervenire.

Che cos’è la cleptomania?

Nel gergo comune la cleptomania è conosciuta anche come malattia del furto, e in effetti si tratta di un vero e proprio disturbo mentale che può essere ben sintetizzato da questa espressione. Tuttavia, dire che si tratta di un forte impulso a rubare non è sufficiente per spiegarne la natura. Per fare chiarezza, risaliamo alle motivazioni che guidano il furto. Queste non possono quasi mai essere identificate con una necessità estrema o l’idea di rivendere gli oggetti interessati. Anzi, solitamente le persone affette da cleptomania rubano oggetti che hanno uno scarso valore, che avrebbero tranquillamente potuto comprare, e che non sono appetibili per essere comprati da altri. In pratica, non rappresentano una fonte di guadagno e neanche qualcosa di cui l’individuo ha bisogno.

Il target, insomma, viene scelto completamente a caso, d’istinto, sull’onda del momento, potremmo dire. Infatti, ciò che determina il gesto è l’incapacità della persona di resistere all’impulso di commettere il furto.

Per questo motivo, spesso la persona non si preoccupa in modo adeguato e coerente del rischio di essere arrestata. La presenza di agenti della polizia nelle vicinanze funge da deterrente, ma una volta appurato che questa condizione non si verifichi, il cleptomane agisce senza programmare nulla. In questo modo, rischia di incorrere in conseguenze anche serie, sul piano sociale, lavorativo e legale.

Quali sono i sintomi della cleptomania?


Il DSM fornisce un valido aiuto per capire se il problema in questione è effettivamente cleptomania, stabilendo 5 criteri principali che possono essere identificati in altrettanti sintomi.

  • Il primo coincide con la definizione stessa del disturbo, ovvero il bisogno ricorrente di rubare oggetti non necessari, né per i propri scopi, né per trarne vantaggio economico. Spesso, infatti, il valore monetario della refurtiva è praticamente nullo e la persona se ne disfa oppure decide di darla ad altri.
  • A essere molto distintiva è anche il tipo di sensazione che la persona sperimenta nei momenti precedenti il furto. In quegli istanti, infatti, si sviluppa una tensione sempre crescente che sfugge al controllo della persona.
  • Il terzo sintomo (o criterio) è la parte discendente di questa parabola: una volta compiuto il misfatto, l’individuo viene pervaso da una sensazione di piacere, oppure di sollievo, secondo una variabilità interpersonale.
  • Alla base di questo comportamento, come abbiamo detto, non c’è un’azione premeditata, perciò lo scopo del gesto non è quello di mettere in atto una vendetta o una ribellione, tanto meno di danneggiare altri. È una condotta che, a livello emotivo, non è caratterizzata da rabbia o vendetta, e non è nemmeno il risultato di un’allucinazione o di un delirio.

Quanto dura la cleptomania?

L’esordio della cleptomania può avvenire a qualsiasi età, ma più spesso i primi sintomi compaiono durante l’adolescenza. Difficilmente si diventa cleptomani da adulti, anche se non è impossibile. Una volta che ha inizio, il disturbo può protrarsi anche per anni, e anche se la persona può collezionare numerosi arresti e condanne per taccheggio, questo motivo non è sufficiente a contenerlo, trattandosi di un problema di mancato controllo degli impulsi.

Le traiettorie con le quali la cleptomania si presenta sono essenzialmente tre:

  • cleptomania sporadica: in questo caso si presentano episodi una tantum, seguiti da lunghi periodi tranquilli;
  • cleptomania episodica: i periodi contrassegnati dai furti e quelli senza sono piuttosto lunghi e si equivalgono come durata;
  • cleptomania cronica: l’andamento degli episodi di furto è discontinuo.

Che cosa causa la cleptomania?

A livello di dinamica dell’episodio di furto, possiamo dire che l’azione del cleptomane è innescata semplicemente dall’incapacità di resistere all’impulso. La sensazione di tensione alla quale accennavamo prima, infatti, svanisce solo quando ci si è impossessati dell’oggetto: diciamo, quindi, che non ci sono motivazioni materialistiche o di vendetta. Al contrario, una volta che la conquista è avvenuta, c’è una breve sensazione positiva di soddisfazione e gratificazione, che però spesso può essere seguita da vergogna o senso di colpa, al punto che alcuni cleptomani rendono la refurtiva di nascosto, rimettendola dove l’hanno trovata, oppure la accumulano in segreto, in modo che nessuno possa trovarla e scoprire cos’hanno fatto.

Dato che la cleptomania si presenta a periodi, questi dipendono solitamente da un evento scatenante che, nella maggior parte dei casi, è un accumulo di tensione e stress che viene sfogato in questa maniera.

Tuttavia, la neurofisiologia ci propone una spiegazione più scientifica e oggettiva: la presentazione dell’impulso e della difficoltà a opporvi resistenza si deve all’attività dei circuiti cerebrali che funzionano tramite neurotrasmettitori. In particolare, a giocare un ruolo fondamentale è il sistema dopaminergico: la dopamina è il neurotrasmettitore che viene rilasciato quando veniamo sottoposti a uno stimolo che ci attrae molto. In pratica, la forte presenza di dopamina ci predispone alla ricerca dell’oggetto per avere una ricompensa, cioè la soddisfazione di averlo conquistato. Una volta ottenuto, la dopamina cede il passo alla serotonina, che induce gratificazione.

Pare che nella cleptomania siano questi due circuiti a presentare delle anomalie, esattamente come avviene nei disturbi da dipendenze comportamentali. Di fatto, quindi, questa patologia mentale presenta, a livello biologico, gli stessi segni del gioco d’azzardo patologico, per fare un esempio.

A livello genetico, invece, non è ancora chiaro se ci sia una predisposizione. Ma le indagini statistiche rilevano che i genitori di persona che soffrono di cleptomania presentano più spesso altri disturbi mentali, ad esempio il disturbo ossessivo-compulsivo o un disturbo da abuso di sostanze.

I rimedi per la cleptomania

Per trattare la cleptomania non esiste una metodologia standardizzata che sia in grado di adattarsi a tutti i pazienti. Questo anche in ragione del fatto che raramente questa patologia si presenta da sola: il più delle volte è accompagnata da un altro disturbo. Ad esempio, non è insolito trovarla insieme a una depressione, che può anche essere conseguente alla presa di coscienza di avere un discontrollo degli impulsi.

Allo stesso modo, in contemporanea può esserci un disturbo bipolare: in questi casi i furti avvengono durante le fasi di mania o ipomania, quando tenere a bada la forza che spinge a rubare è ancora più difficile. Infine, frequente è anche l’associazione con altri disturbi del comportamento di tipo impulsivo, come il gioco d’azzardo patologico.

Quindi, per affrontare la cleptomania, ha senso prima di tutto risalire alla sua origine e avere un quadro completo della situazione clinica del paziente. In seguito sarà possibile, grazie a un percorso di psicoterapia come quelli proposti da Serenis, mettere in pratica delle strategie che condurranno alla riconquista del proprio benessere a 360 gradi. Rivolgersi a un esperto è fondamentale per impedire al problema di aggravarsi e di generare ulteriore disagio e sofferenza compromettendo sempre più aspetti della vita quotidiana.

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.