Come sarà mio figlio: il passaggio da bambino immaginato a bambino reale

Come influisce l’immagine del bambino immaginato sul rapporto con il bambino reale? Questo passaggio cruciale per i genitori viene esplorato, sottolineando l’importanza delle aspettative e della realtà.

Il bambino immaginato rappresenta le aspettative dei genitori: sul piccolo si concentrano le loro speranze, le ansie e le fantasie. È il bambino che vorremmo avere, la nostalgia per il bambino che siamo stati o che avremmo voluto essere.

Il bambino reale è il figlio che nasce e che sarà necessariamente diverso da quello immaginato.

L’incontro tra bambino reale e immaginato è essenziale per lo sviluppo del piccolo. Colmare il divario tra sogno e realtà permette ai genitori di accettare il bambino, di ascoltarlo, sostenerlo nel suo sviluppo e nella costruzione della sua identità.

L’impatto delle immagini mentali sulle emozioni

Per capire l’importanza del bambino immaginato, dobbiamo soffermarci sul potere esercitato dall’immaginazione sulla nostra psiche.

L’attività immaginativa è una realtà neurologica che crea un forte impatto sulle emozioni perché va a stimolare l’amigdala e le aree cerebrali implicate nell’elaborazione delle sensazioni e delle emozioni e lo fa in misura maggiore rispetto all’evocazione verbale. Ci è bastato immaginare un branco di lupi affamati per provare una stretta allo stomaco.

È il potere dell’immaginazione che diventa ancora più forte quando proviamo a fantasticare su nostro figlio.

Cos’è il bambino immaginato?

Il bambino immaginato è quello che costruiamo psicologicamente dentro di noi, nel nostro profondo, e, almeno all’inizio, non è necessariamente legato alla nostra idea di diventare genitori.

Questo processo di creazione inizia durante l’infanzia nel momento del gioco e si perfeziona negli anni quando magari diventiamo zii e scopriamo i nostri nipoti, quando vediamo una giovane madre con il proprio bambino o nel momento in cui incontriamo lo sguardo del nostro partner e iniziamo a chiederci come sarà nostro figlio.

Il meccanismo del bambino immaginato all’inizio è inconscio, ci pensiamo ma in maniera del tutto casuale, costruiamo riferimenti e proiezioni più o meno concrete. È un concepimento mentale che prescinde da quello biologico.

Cosa succede quando queste due realtà si incontrano?

Il bambino immaginato: aspettative, emozioni e fantasie

Il bambino immaginato inizia a prendere forma durante la gravidanza intorno al quarto mese. Se il primo trimestre è dedicato alla preoccupazione per il benessere del feto, ai cambiamenti nel corpo della donna e nella vita a due, all’inizio del secondo trimestre la coppia si “concede” il diritto di fantasticare sul piccolo.

Ci interroghiamo sul sesso del bebè, progettiamo il modo in cui ci prenderemo cura di lui in base al nostro vissuto, ai nostri valori. Trascorriamo ore a pensare al nome e costruiamo il nostro piccolo sia sulla base di una proiezione fisica (avrà i capelli scuri della madre e gli occhi chiari del padre) ma anche organizzativa (lo allatterò, seguirò l’autosvezzamento o il co-sleeping e così via).

Il bambino immaginato non appartiene soltanto alla mamma ma a entrambi i genitori.

Padre e madre rivestono il bambino di piccole aspettative, emozioni e fantasie che derivano sia dal contesto socio-culturale nel quale vivono sia dalle loro esperienze personali e familiari. La gravidanza crea un ponte tra il vissuto infantile e adolescenziale dei genitori che viene rielaborato proprio per dare vita al bambino immaginato.

Nella donna, questo processo è fondamentale perché rappresenta l’incipit della relazione d’attaccamento che si svilupperà al momento della nascita del bambino reale.

Bambino reale e immaginato: il genitore interno

Il concetto di genitore interno di Eric Berne, il celebre psicoterapeuta che ha sviluppato il concetto di analisi transazionale, ci aiuta a capire ancora di più il significato del bambino immaginato e il motivo per cui è necessario sostituirlo con il bambino reale.

Proviamo a immaginare il genitore interno come una scatola nella quale raccogliamo e conserviamo gelosamente le interazioni sia reali che immaginarie con le nostre figure di riferimento.

Il genitore interno è quella voce che ci sussurra spesso nelle orecchie ed è il risultato di tutti quei processi che abbiamo archiviato nel nostro inconscio e che la gravidanza risveglia in maniera forte, quasi violenta.

La voce, che può essere affettuosa, critica e così via, corrisponde a un modello operativo interno con il quale dobbiamo fare i conti.

Diventare genitore non è facile perché si è chiamati ad affrontare la crisi evolutiva più pesante e faticosa dell’età adulta.

Il bambino reale

L’attività immaginaria è forte dal quarto all’ottavo mese di gravidanza ed è rafforzata da alcuni fattori molto importanti come, ad esempio, l’ecografia che ci permette di elaborare il bambino immaginato ma anche di iniziare a pensare a quello reale che vediamo così distintamente nel monitor.

In alcuni casi tale attività viene complicata dai messaggi intrusivi che ci arrivano dall’esterno e che ci propongono costantemente l’idea di un bambino perfetto che dorme tutta la notte, mangia senza problemi e così via.

I genitori interiorizzano questi processi fino al nono mese di gravidanza quando la madre inizia un percorso nuovo che parte dalla demolizione del bambino immaginato e arriva all’incontro con il bambino reale.

Questa è una delle fasi psicologiche più delicate ma indispensabili dell’intera gravidanza.

La nascita fa emergere il bambino vero, le sue caratteristiche fisiche reali, i suoi modi di comportarsi e di reagire: il compito dei genitori sarà quello di riconoscere le inclinazioni del figlio, sgombrando il campo da aspettative irrealistiche.

Bambino reale e bambino immaginato: il passaggio dal sogno alla realtà

Il bonding, l’attaccamento tra madre e figlio, è fondamentale affinché il piccolo parta da una base solida fatta di tranquillità, accettazione, protezione e sicurezza.

Soffermiamoci sull’accettazione.

Il piccolo non sarà mai conforme alle speranze e all’immaginazione dei genitori. Ogni tappa del suo sviluppo potrà mettere in discussione le speranze che abbiamo riposto in lui. Accettarlo nella sua realtà di persona unica e diversa da noi è essenziale: i figli non nascono per realizzare i sogni e le ambizioni degli adulti o per riparare ai propri errori ma per costruire la propria identità con l’aiuto dei genitori.

Da un punto di vista strettamente pratico, per la coppia convivere con il bambino vero significa accettare di modificare i propri ritmi di vita secondo quelli necessari allo sviluppo del bebè. Alcune persone lo capiscono subito, naturalmente, mentre altre hanno bisogno di un periodo di rodaggio per colmare questo divario.

Questo divario è più violento se la nascita è prematura o se il bambino ha una disabilità o una patologia. In questo caso i genitori avranno bisogno di risorse aggiuntive per riunire i due bambini, adattandosi a una realtà che non corrisponde affatto alle loro aspettative.

Un aiuto per i genitori in difficoltà

Nelle situazioni difficili o in tutti quei casi in cui non riusciamo a colmare il divario tra bambino reale e immaginato, un percorso terapeutico può aiutarci a costruire la nostra identità di genitori.

Ripercorrere la nostra storia familiare, liberandoci delle “tracce” lasciate da un passato irrisolto, e imparare ad accettare nostro figlio così com’è, vuol dire aiutarlo a crescere, a sostenerlo e guidarlo verso l’adulto che sarà domani.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.