Che cos’è realmente l’intelligenza? C’è un modo oggettivo e scientifico per definirla e tracciare il profilo cognitivo di una persona? Nel corso del tempo gli psicologi hanno cercato di dare una risposta a queste domande e il risultato di questi sforzi sono stati i test che misurano il quoziente intellettivo.
Di seguito cercheremo di capire quali sono i principali strumenti utilizzati dai professionisti, cosa indagano e qual è il loro valore e significato.
Indice dall’articolo
Il quoziente intellettivo: le origini
La storia dei test di intelligenza è fortemente intrecciata con il concetto di quoziente intellettivo (anche detto QI), ovvero un numero che indica il punto in cui una persona si colloca, a livello cognitivo, rispetto alla media della popolazione. Si tratta, infatti, di un dato che deve essere letto tenendo conto dell’età anagrafica, in modo da collocare il punteggio all’interno dello sviluppo individuale.
Il primo test che si proponeva di attribuire un valore numerico all’intelligenza venne sviluppato dallo psicologo francese Binet nei primi anni del Novecento. Si tratta della Scala Binet-Simon, che si poneva l’obiettivo di individuare gli alunni con difficoltà nelle materie scolastiche proponendo al bambino diversi esercizi per calcolare la sua età mentale. A partire da questo dato, veniva dedotto il quoziente intellettivo, rapportando età mentale ed età biologica.
I moderni test di intelligenza
Da allora sono stati fatti molti passi avanti, che hanno potato alla nascita di nuovi test per la misura del QI, con fondamenta scientifiche più solide. La prima evoluzione fu la Stanford-Binet Intelligence Scale, che riprese la Scala Binet-Simon migliorandola. Ma questo strumento mostrò in breve tempo i suoi punti deboli, ad esempio era piuttosto difficile da somministrare agli adulti Una notevole limitazione, alla quale si propose di rimediare quello che oggi è il test di misura del quoziente intellettivo più utilizzato dai professionisti, ovvero la WAIS (acronimo di Wechsler Adult Intelligence Scale). Ad essa si affianca una controparte destinata a bambini e ragazzi fino a 17 anni non compiuti, che prende il nome di WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children).
Questi strumenti vedono l’intelligenza come composta da più fattori, che interagiscono tra loro e possono compensarsi. A livello pratico, quindi, al paziente viene proposto un insieme di esercizi che si occupano di misurare diversi indici. Ciascuno di essi risulterà in un punteggio parziale e, al contempo, diventerà parte del punteggio globale: è quest’ultimo a essere propriamente detto QI.
Come si calcola il QI con WAIS e WISC?
Nello specifico, gli indici misurati sono:
- comprensione verbale, ovvero padronanza del linguaggio, sia in termini di comprensione che di capacità di espressione;
- ragionamento visuo-percettivo, che viene esaminato da esercizi di logica che partono da stimoli visivi;
- memoria di lavoro, ossia la capacità di mantenere a mente delle informazioni sulle quali svolgere dei compiti;
- velocità di elaborazione, sostanzialmente la prontezza di reazione e ad effettuare dei ragionamenti.
Questa metodologia vale sia per la WAIS che per la WISC, che producono un punteggio complessivo che corrisponde al QI generale e quattro punteggi parziali, ciascuno dei quali rispecchia uno di questi aspetti. Ogni persona ha dei punti di forza e di debolezza e capita spesso che alcuni punteggi siano più alti di altri. In ogni caso, il quoziente intellettivo si misura con riferimento a una media ideale di 100.
Partendo da questo presupposto, la maggior parte delle persone totalizza un QI compreso tra 85 e 115. all’interno di questa fascia, si parla di quoziente intellettivo nella norma, che può avvicinarsi al limite basso o a quello alto. Al di sotto e al di sopra di questi due punteggi, troviamo una fascia medio-bassa (tra 85 e 70) o medio-alta (tra 115 e 130).
Il 70 è considerato il limite al di sotto del quale si inizia a parlare di deficit cognitivo. Nella pratica clinica, infatti, alla persona che totalizza un QI al di sotto del 70, è possibile fare diagnosi di disabilità intellettiva. Invece, nel secondo caso, ovvero quando il valore supera il 130, si può parlare di plusdotazione. Contrariamente a quanto si pensa, questa condizione non ha solo aspetti positivi, ma può anche causare delle difficoltà. Spesso, infatti, viene scoperta durante il periodo scolastico e i bambino o il ragazzo, paradossalmente, accusa un rendimento basso, perché si annoia e non viene adeguatamente stimolato a impegnarsi.
Ma anche un test scientificamente valido come quelli che vengono utilizzati per calcolare il QI di adulti e bambini ha le sue limitazioni e non è sufficiente a descrivere le doti di una persona. Infatti, oltre a quella intesa come strettamente cognitiva, esistono altri tipi di intelligenza, come quella sociale (la capacità di rapportarsi con le persone), artistica (la creatività e la predisposizione all’estetica) o quella corporea (che si esprime sotto forma di elevate prestazioni sportive, ad esempio). Potremmo andare avanti all’infinito a elencare altri tipi di intelligenza che non sono presi in esame dai test tradizionali, ma ciò non vuol dire che non abbiano un valore, dal momento che rendono unica ciascuna persona.
Quando si utilizza il test del QI?
Un’ulteriore domanda che può sorgere è: quando è utile sottoporsi a un test che misuri il quoziente intellettivo? In clinica solitamente lo si utilizza in caso ci siano diversi tipi di sospetti.
Ad esempio, può darsi che lo psicologo o la psicologa si trovi di fronte a un paziente con delle debolezze, e in questo caso porre una diagnosi di disabilità intellettiva può comportare alcuni vantaggi. Nei casi dei bambini è possibile richiedere l’affiancamento di un insegnante di sostegno a scuola, che aiuti il ragazzino nello svolgimento delle attività scolastiche. Inoltre, ci sono dei casi in cui, anche per gli adulti, la diagnosi comporta un aiuto economico, ad esempio una pensione di invalidità: si tratta, ad esempio, di persone che non sono in grado di lavorare a causa della loro condizione, quindi parliamo di situazioni piuttosto gravi.
Molte volte, invece, la somministrazione del test si deve alla segnalazione, da parte dei genitori o degli insegnanti, di comportamenti che fanno pensare a una dislessia, una discalculia o una disgrafia (ovvero quelli che vengono chiamati DSA, disturbi specifici dell’apprendimento). In questo caso il ragionamento è opposto: per poter fare diagnosi occorre dimostrare che l’intelligenza del ragazzino sia entro la media oppure la superi, altrimenti le difficoltà possono essere spiegate con la presenza di un deficit cognitivo. Provare che il QI è uguale o superiore alla norma consente di ottenere una certificazione che assicura alcuni aiuti a scuola. Ad esempio, gli insegnanti concederanno, a seconda dei casi, più tempo per svolgere i compiti in classe, l’utilizzo di alcuni strumenti facilitatori come calcolatrice e pc oppure delle verifiche semplificate e più brevi.
Infine, un altro motivo per richiedere un test del quoziente intellettivo è verificare la presenza di una plusdotazione. Questa domanda riguarda gli alunni che in classe appaiono svogliati, rendono al di sotto delle loro capacità e tendono a isolarsi. Queste difficoltà possono ridursi o addirittura scomparire dando loro una spiegazione e adottando degli accorgimenti che siano in grado di stimolare l’intelligenza dello studente.
Come interpretare il test di intelligenza?
In conclusione, nonostante i moderni test che misurano il QI siano degli strumenti attendibili, hanno dei limiti. Come abbiamo già visto, ad esempio, non indagano tutti gli aspetti dell’intelligenza, motivo per cui non li si deve considerare esaustivi nel tracciare il profilo cognitivo di una persona.
Inoltre ci sono molte variabili che possono influire sulla prestazione. Ad esempio, un bambino che viene sottoposto al test un venerdì pomeriggio appena tornato da scuola o subito dopo gli allenamenti di calcio, sarà probabilmente stanco e non riuscirà a mettere tutto il suo impegno. Allo stesso modo la mancanza di sonno è nemica della concentrazione, così come lo sono un umore depresso e l’ansia: tutti vogliamo fare bella figura e apparire intelligenti, ma alcune persone fanno fatica a reggere lo stress e la paura di essere giudicati, che possono compromettere le loro capacità.
Ad ogni modo è importante non soffermarsi solo sul punteggio del QI ma analizzare anche quelli parziali dei singoli indici, che possono dare un’idea più precisa dei punti di forza e debolezza di ciascuno, anche se lontana dall’essere un’idea completa.
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