Significato psicologico del film Fight Club

Il film esplora temi complessi come l’alienazione, il consumismo, l’identità e la ribellione contro il sistema.

Una delle rappresentazioni più ampiamente riconosciute di come si manifestano i sintomi di un disturbo psicologico può essere trovata nel celebre film del 1999 Fight Club diretto dal regista David Fincher. La pellicola segue la vita di un anonimo protagonista che vive un’esistenza piatta e priva di significato. Emerge fin da subito il suo dispiacere per una vita che non riesce a vivere pienamente, il senso di vuoto interiore che lo divora dall’interno e nello stesso tempo il bisogno compulsivo di colmarlo. I giorni passano tutti uguali e il narratore si sente come uno tra i tanti, non riesce a trovare il suo posto nel mondo. Cerca di migliorare la sua vita attraverso l’acquisto ossessivo di oggetti inutili che lo rendono ancora più triste e solo. Il film è incentrato sul protagonista che sembra intrappolato in una vita materiale che odia, è afflitto dall’insonnia e dalla sensazione che non ci sia modo di scappare da questa angosciante realtà. Nonostante i tentativi di sconfiggere questi sentimenti rivolgendosi a medici e rimanendo legato alla cultura materialistica che lo circonda, le condizioni del soggetto non fanno altro che peggiorare. La svolta nella trama del film avviene quando il protagonista incontra un uomo completamente diverso da lui, Tyler Durden, un individuo senza scrupoli capace di trasgredire le regole sociali. Insieme decidono di fondare un club clandestino dove le persone possano sfogare la propria frustrazione causata da una società consumista e conformista attraverso la lotta libera. Il significato di Fight Club consiste nel fatto che diventa necessario individuare un luogo in cui non ci sono regole e dove viene promossa la violenza fisica come atto di ribellione contro un mondo chiuso da rigidi schemi di comportamento. L’idea dei protagonisti però sfugge presto alle loro capacità di controllo e il gruppo di lotta clandestina si espande fino a diventare un fenomeno di portata mondiale basato su atti vandalici e violenze inaudite. E’ solo quando subentra la figura femminile di Marla Singer che nel film si comincia a comprendere che in realtà il narratore e Tyler sono la stessa persona. Il ruolo di Marla è fondamentale in questa svolta perchè per la prima volta il protagonista sente di poter ricevere un amore autentico e reale. Si scopre dunque che il personaggio principale aveva costruito un’altra immagine di se stesso in cui identificarsi per riuscire a superare le difficoltà di una vita insopportabile. Il momento in cui il protagonista realizza che Tyler è di fatto una sua invenzione rappresenta anche la chiusura di un cerchio che consente finalmente di liberarsi della doppia personalità e ritrovare il proprio equilibrio mentale.

Qual è il disturbo mentale che emerge in Fight Club?


In ogni sequenza della storia si possono cogliere quelli che sono i tratti caratteristici di un disturbo dissociativo dell’identità. Si tratta di un disturbo mentale che comporta l’esperienza di una disconnessione dalla realtà e una mancanza di continuità tra pensieri, ricordi, azioni e identità. Le persone con un disturbo dissociativo sfuggono al mondo esterno in modo involontario e hanno numerosi problemi di funzionamento nella vita di tutti i giorni. Il protagonista di Fight Club esprime pienamente questo stato mentale quando è costretto ad immaginare un alter ego capace di affrontare una realtà per lui impossibile da sopportare. I disturbi dissociativi di solito si sviluppano come reazione ad un trauma e servono a tenere a bada i ricordi difficili che tendono a riaffiorare. I sintomi, che vanno dall’amnesia alla personificazione allucinatoria di identità alternative sono ascrivibili ad un tentativo malsano di trovare una forma di adattamento all’ambiente circostante. Apparentemente capace di rimanere fedele alle aspettative sociali, il protagonista di Fight Club in realtà soffre di un profondo disadattamento che lo porta a rifugiarsi in un mondo distorto e irreale. Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) riporta tre principali disturbi dissociativi:

  • Amnesia dissociativa: il sintomo principale è la perdita di memoria. Chi soffre di questo disturbo non riesce a ricordare episodi o persone che fanno parte della propria vita. L’amnesia dissociativa può avere diversi livelli di gravità che vanno dalla dimenticanza di specifici eventi traumatici alla completa perdita di memoria. Un episodio di amnesia di solito si verifica improvvisamente e può durare minuti, ore o in casi più rari mesi o addirittura anni. A volte il disturbo comporta anche la fuga dissociativa che consiste in forme di allontanamento mentale dalla realtà;
  • Disturbo dissociativo dell’identità: questo disturbo nella precedente edizione del DSM era definito come disturbo della personalità multipla. Il protagonista di Fight Club potrebbe soffrire di questo disturbo che è caratterizzato dal passaggio improvviso e involontario a identità alternative. Si manifesta con la presenza di due o più persone che parlano o vivono contemporaneamente nella testa del soggetto. Ogni identità può avere un nome, una storia personale e caratteristiche proprie, comprese le differenze nella voce, nel genere sessuale o qualità fisiche come la necessità di portare gli occhiali. Ci sono anche differenze nella familiarità che ciascuna identità ha con le altre. Le persone con disturbo dissociativo dell’identità in genere hanno anche una forma di amnesia dissociativa;
  • Disturbo di depersonalizzazione-derealizzazione: questo tipo di disturbo comporta un senso di distacco continuo o episodico da se stessi. La persona che soffre di depersonalizzazione vive a tratti in una condizione in cui si sente al di fuori del suo corpo e può osservare le sue azioni, sentimenti o pensieri a distanza come se stesse guardando un film. Un altro sintomo riguarda la derealizzazione, che consiste nel sentire le persone e le cose intorno come se fossero confuse o parte di un sogno. Anche la percezione del tempo può essere alterata, attraverso una sensazione di rallentamento o accelerazione irreali. Questi sintomi possono essere profondamente dolorosi da sopportare e possono durare solo pochi istanti oppure, nei casi più gravi, rimanere presenti per molti anni.

Analisi psicologica di Fight Club

Utilizzando le teorie psicodinamiche è possibile fare un’analisi psicologica più approfondita della trama del film che ha a che fare anche con il rapporto tra l’individuo e un certo tipo di società. E’ indubbio che il regista del film abbia voluto rappresentare le difficoltà che incontrano le persone che vivono in un contesto capitalista e consumista. Come direbbe il sociologo Bauman ci troviamo in una società dei consumi dove le nostre stesse identità dipendono dalla nostra capacità di consumare. In altre parole “siamo ciò che consumiamo”. Ma cosa succede quando non si vuole cedere al richiamo del consumismo? In quest’ottica si può comprendere quello che già Freud aveva intuito parlando di disagio della civiltà. Vivere con gli altri presuppone sempre la rinuncia di una parte di noi. Secondo la psicoanalisi i nostri profondi desideri e le pulsioni inconsce devono essere rimossi per fare spazio alle componenti capaci di adattarsi alla vita sociale. Naturalmente qualcuno riesce meglio di altri a tenere in equilibrio questo conflitto interiore tra mondo inconscio e parte cosciente e razionale. L’Io del protagonista di Fight Club evidenzia l’incapacità di mediare tra le diverse componenti della mente, non riesce a tollerare una frustrazione così grande ed è costretto ad operare una scissione tra mondo reale e mondo immaginario. Il sintomo dissociativo si rivela dunque come l’unica risposta possibile che il narratore riesce a trovare per far fronte al suo disagio interiore. Emergono anche alcuni traumi del passato che sembrano aver inciso profondamente nella psiche del protagonista, come ad esempio il rapporto conflittuale con il padre e l’assenza di un contenimento affettivo capace di rassicurare il bambino durante la sua crescita. La società intera viene dunque vissuta come un luogo che genera solo sofferenza e il disturbo mentale si configura come un’ancora di salvezza per sfuggire a questo mondo ingiusto.

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Redazione

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.