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Qual è la differenza tra neurologo e psichiatra? Facciamo un po’ di chiarezza

Neurologia e psichiatria sono due branche della medicina che si occupano della salute mentale e del trattamento dei disturbi che possono comprometterla. Ma non sono totalmente sovrapponibili.

Se anche tu vorresti fare chiarezza tra i ruoli dei numerosi professionisti che popolano questo mondo, continua a leggere: in questo articolo troverai spiegata la differenza tra neurologo e psichiatra.

La differenza tra neurologo e psichiatra nella formazione e nei compiti

Non è raro vedere una collaborazione tra diversi professionisti sanitari che seguono, in parallelo, lo stesso paziente. L’esistenza delle équipe multidisciplinari, tuttavia, si deve proprio al fatto che figure diverse, anche se hanno lo stesso oggetto di studio, operano in modi e con strumenti diversi, in base a quanto hanno appreso dalla loro formazione.

Qui risiede la prima differenza tra neurologo e psichiatra: nonostante siano entrambi medici, hanno una specializzazione differente. In particolare, la neurologia si occupa più nello specifico degli aspetti organici del cervello, mentre lo psichiatra si concentra sui processi di funzionamento mentale. Di conseguenza, anche le malattie in esame possono variare, dal momento che quelle che sono materia della neurologia hanno a che fare con una modificazione morfologica e fisiologica, come gli ictus, mentre quelle psichiatriche sono sempre osservabili attraverso il comportamento del paziente, provocando ansia, variazioni nel tono dell’umore e nell’emotività, nel modo in cui vengono vissute le relazioni sociali.

Possiamo semplificare le differenze tra neurologo e psichiatra in questo modo:

  • il neurologo studia il sistema nervoso, lo psichiatra le psicopatologie;
  • il neurologo si occupa di demenze (come Alzheimer e Parkinson), sclerosi multipla, epilessia, SLA, ictus e disturbi simili, mentre lo psichiatra di disturbi d’ansi, dell’umore, dello spettro psicotico e di disturbi di personalità;
  • i sintomi che identificano le malattie neurologiche riguardano il movimento e la funzionalità occupazionale, mentre quelli delle malattie psichiatriche comportamento, emotività e pensieri.

Che cosa fanno neurologo e psichiatra?

Il neurologo, quindi, concentra la sua attenzione sulle patologie che hanno a che fare con un danno fisico o meccanico, oppure con l’insorgenza di una base organica, a discapito del cervello o del midollo spinale, che scorre nella colonna vertebrale. Da queste situazioni possono anche derivare complicazioni che riguardano il comportamento, il linguaggio o il tono dell’umore, così come le facoltà cognitive, ma come diretta conseguenza di quanto avvenuto, e non come sintomo primario. Ne discende che il neurologo deve avere una solida base di conoscenze non solo sul cervello, ma anche dell’integrazione del suo funzionamento con il resto del corpo.

Al contrario, per lo psichiatra i sintomi comportamentali e relativi ai processi mentali del paziente sono di importanza primaria, e obiettivo fondamentale del percorso terapeutico è proprio quello di ripristinare il funzionamento della persona nei suoi contesti di vita in modo da favorire il suo benessere.

Ma, a livello pratico, cosa cambia nelle loro mansioni? Come si svolgono le visite quando si entra nello studio di un neurologo o di uno psichiatra?

Generalmente, il lavoro del neurologo si estende su tre fasi che si svolgono in maniera successiva.

  • In primo luogo, il medico raccoglie la documentazione clinica del paziente in una cartella, per consultarla in vista della visita e farsi un’idea del possibile quadro. Durante il colloquio, chiede al paziente di descrivere i sintomi che lo fanno star male e indicare eventuali farmaci che sta prendendo. In questa fase il neurologo si concentra soprattutto sul dolore provato dalla persona e dalle difficoltà a livello motorio, sia in termini di movimenti che di riflessi.
  • Dopo la raccolta dei dati, il neurologo può prescrivere degli esami per ulteriori accertamenti, ad esempio la PET, l’elettroencefalogramma, l’elettromiografia, la risonanza magnetica, la TAC e l’esame per la postura lombare. Quando gli saranno comunicati i risultati, potrà decidere di richiedere ulteriori approfondimenti, fino a che il quadro diagnostico non sarà perfettamente chiaro al punto di determinare con ragionevole certezza quale sia la malattia del paziente.
  • Infine, a seconda di quanto risulta dai referti, è anche possibile che il neurologo assegni una terapia farmacologica o decida di intraprendere un intervento chirurgico per risolvere la situazione di malessere (intervento che sarà responsabilità di un neurochirurgo). Ma il lavoro dello specialista non termina qui: anche dopo aver individuato la terapia, sarà necessario un continuo monitoraggio della condizione del paziente, per verificare che compia progressi in modo costante e non accusi effetti collaterali eccessivi o che possano in qualche modo compromettere la sua salute. In caso la terapia non sia funzionale o risulti troppo faticosa in questo senso, sarà compito del neurologo valutare una modifica del dosaggio o una sostituzione del farmaco.

Le mansioni dello psichiatra

Anche il lavoro dello psichiatra è suddiviso in fasi, e la differenza rispetto all’operato del neurologo non riguarda tanto la procedura quanto gli strumenti che utilizza.

  • Anche lo psichiatra inizia con una prima visita in cui avviene la raccolta anamnestica della domanda del paziente e di tutte le informazioni che possono essere utili a definire il quadro. In particolare si concentrerà sulla storia di vita, sull’assunzione attuale e pregressa di psicofarmaci, sullo svolgimento in passato di terapie psicologiche o altri trattamenti psichiatrici. Inoltre verrà valutato in modo molto approfondito il funzionamento dei processi mentali della persona, quindi quelli relativi al pensiero, all’emotività, all’umore, alla socialità e ai rapporti interpersonali, tutte variabili che influenzano il comportamento e possono essere dedotte dai sintomi riportati dal paziente e dal suo racconto. Il medico utilizza delle domande mirate ma, all’occorrenza, può anche decidere di servirsi dei test psicologici, che sono indicativi anche della struttura di personalità e del livello di efficienza della persona negli ambiti della sua quotidianità.
  • Una volta raccolti questi elementi, lo psichiatra può formulare la sua diagnosi sulla base delle conoscenze acquisite e stabilire la terapia più adatta al paziente in relazione ai possibili benefici e agli effetti collaterali. La modalità di intervento preferenziale per lo psichiatra è la prescrizione di psicofarmaci, ovvero medicinali che agiscono sui meccanismi biochimici del cervello, aiutando a modificare il comportamento problematico. In ogni caso, l’ideale è l’accostamento con un percorso psicoterapeutico, in cui il paziente ha l’opportunità di lavorare su di sé e ragionare sui meccanismi disfunzionali che gli causano sofferenza. In questo modo, il farmaco risulta un accompagnamento a un percorso responsabilizzante, in cui la persona diventa protagonista attiva del suo cambiamento e fautrice del suo benessere psicofisico.
  • La prima visita è solo il primo passo: quello successivo è rappresentato dai colloqui di controllo, in cui avviene il monitoraggio dei miglioramenti che il paziente dovrebbe compiere grazie all’azione combinata di farmaci e psicoterapia. A livello concreto, lo psichiatra si accerta che l’individuo faccia progressi nella sua reintegrazione nel mondo e nella sua quotidianità e si assicura che gli effetti collaterali dei farmaci non risultino dannosi. Non sempre, infatti, la prima soluzione individuata è perfetta, e può essere necessario modificare la posologia o il medicinale. In questo modo, lo psichiatra accompagna il paziente attraverso un percorso di riacquisizione dell’autonomia.

Conclusione: la differenza tra neurologo e psichiatra

In base a quanto abbiamo detto, possiamo trarre alcune conclusioni di sintesi. Come abbiamo visto, neurologo e psichiatra sono due medici che hanno come oggetto di studio, rispettivamente, il cervello e la mente. Nonostante le apparenze, non si tratta della stessa cosa, anzi ci sono alcune differenze sostanziali che si esplicano, in primo luogo, nel tipo di patologie che sono competenza di ciascuna delle due figure. Il neurologo si concentra su ciò che causa deficit fisici, meccanici e nel movimento, mentre lo psichiatra si occupa del funzionamento psicosociale e dei processi mentali che possono causare sofferenza e indurre comportamenti disfunzionali.

Il metodo diagnostico è fondamentalmente lo steso, dal momento che consiste nella raccolta di dati scientifici per arrivare a delineare una diagnosi chiara e definita. Sono diversi, però, gli strumenti che vengono utilizzati, in ragione della differente natura delle patologie studiate.

Infine, l’obiettivo del neurologo è il miglioramento della salute fisica del paziente e, laddove possibile, rimuovere la causa patologica; quello dello psichiatra coincide con il benessere dal punto di vista mentale.

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.