Come si vive in assenza di emozioni?

Vi siete mai chiesti come si vive in assenza di emozioni? Esploriamo insieme questa condizione che priva la vita di colore e intensità emotiva. Scopriamo le sfide e le implicazioni di vivere senza emozioni e condividiamo strategie per affrontare questa situazione in modo sano e costruttivo.

Le emozioni sono il sale della vita. Nel bene e nel male accompagnano ogni esperienza aggiungendo un tono agli eventi, ai pensieri e ai vissuti. Avere una vita ricca di emozioni significa poter sperimentare tutte le possibili sfumature di ogni evento. Emozionarsi è una qualità umana fondamentale sia nel rapporto con se stessi che nella relazione con gli altri. Alcuni psicologi parlano di intelligenza emotiva proprio in riferimento alla capacità di entrare in contatto con le emozioni proprie e altrui. Una persona capace di utilizzare gli stati d’animo nella conduzione della sua vita ha anche maggiori probabilità di avere successo. Se si tiene conto dell’importante ruolo svolto dagli stati d’animo nel definire i nostri comportamenti sembra impossibile o inimmaginabile la sola idea di riuscire a vivere in assenza di emozioni. Eppure esiste una condizione psicologica che si caratterizza per l’incapacità di provare emozioni o di descriverle. Si chiama alessitimia e consiste nell’impossibilità di prendere coscienza dei propri stati d’animo. Questa condizione compromette anche la capacità di dare un nome alle emozioni, ad esempio non si riescono a distinguere tra loro emozioni simili come la delusione e la tristezza. I soggetti che soffrono di alessitimia non sanno nemmeno attribuire le emozioni alle rispettive manifestazioni corporee come per esempio riconoscere se un pianto è dovuto all’emozione di gioia oppure di tristezza. E’ come se queste persone non fossero in grado di tenere conto del contesto per interpretare correttamente la sfumatura emotiva corrispondente ad una data situazione. Per una persona alessitimica il pianto o il riso non sono espressioni riferite alle emozioni ma solamente delle manifestazioni somatiche. In altri casi l’alessitimia corrisponde ad una povertà comunicativa quindi la persona che ne soffre possiede un numero ridotto di vocaboli che esprimono i diversi stati d’animo oppure non è in grado di comunicarli. Infine nei casi più gravi l’alessitimia comporta una vera e propria incapacità di provare emozioni. Altrettanto difficile per le persone che soffrono di alessitimia è la capacità di riconoscere le emozioni degli altri e per questo motivo appaiono come poco empatiche.

Cosa dice la scienza sull’assenza di emozioni?


Il primo psichiatra che ha descritto scientificamente la condizione della personalità alessitimica è stato Jurgen Ruesch, ma negli anni Settanta questa sindrome è stata ulteriormente approfondita grazie agli studi di John Case Nemiah e Peter Sifneos. I due psicoanalisti americani hanno trovato che l’assenza di emozioni può essere classificata secondo due forme:

  • indifferenza emotiva: i soggetti con alessitimia usano uno stile cognitivo orientato verso l’esterno che comporta una tendenza a concentrarsi su informazioni superficiali ed evitare il pensiero correlato agli affetti. Ciò comporta una specie di torpore emotivo. Vivono come se fossero anestetizzati e anche le loro espressioni facciali appaiono come appiattite;
  • incapacità di valutazione emotiva: questo modello di alessitimia consiste nella difficoltà di identificare le emozioni, quindi si ha una ridotta consapevolezza emotiva e nel descriverle, cioè si ha un’alterata espressione delle emozioni attraverso le parole. Ciò si traduce nell’estrema difficoltà di cogliere gli stati d’animo altrui e nel riuscire a mettersi nei panni degli altri per comprenderne i motivi dei comportamenti.


A causa del coinvolgimento della parte cognitiva delle emozioni secondo molti autori l’assenza di emozioni è da ricondurre ad un deficit del pensiero che compromette la capacità di elaborazione cognitiva delle esperienze. Questo deficit può essere di origine genetica oppure derivare da eventi traumatici. L’alessitimia è stata descritta per la prima volta in pazienti che avevano sintomi psicosomatici come dolore o affaticamento ma che non riuscivano ad esprimere chiaramente ai loro medici il tipo di disagio provato. Non di rado infatti l’assenza di emozioni si accompagna a disturbi fisici come ipertensione, gastrite o coronaropatia. Altrettanto evidenti sono i collegamenti tra l’alessitimia e altri disturbi psicologici come ansia, depressione, anoressia e bulimia.

Assenza di emozioni: causa o conseguenza di altri disturbi psicologici?


Ci si potrebbe aspettare che una ridotta consapevolezza emotiva protegga le persone con alessitimia da disturbi psicologici in cui la componente emotiva risulta alterata come avviene nell’ansia o nella depressione. Le ricerche invece dimostrano che l’incapacità di differenziare gli stati emotivi nel soggetto con alessitimia causa enormi difficoltà sul piano psicologico. Per questo motivo è possibile affermare che nelle persone con alessitimia esiste un rischio più alto di ricevere una diagnosi di disturbi affettivi come il disturbo d’ansia generalizzato, disturbo di panico e disturbo post-traumatico da stress. Secondo studi più recenti l’alessitimia è un deficit che comporta una disregolazione emotiva dovuta alla difficoltà di regolazione delle emozioni sia sul piano del pensiero che della valutazione degli stati affettivi. Questa compromissione è altamente correlata anche ad un aumento dei comportamenti di dipendenza come ad esempio il gioco d’azzardo patologico e un uso eccessivo di telefoni cellulari e Internet. Gli studi sull’assenza di emozioni inoltre affermano che l’alessitimia è prevalente in diversi disturbi ereditari dello sviluppo neurologico suggerendo che potrebbe avere almeno in parte una componente genetica. In particolare gli individui con disturbo dello spettro autistico hanno forme di alessitimia clinicamente significative. L’alessitimia può anche essere la conseguenza di un danno cerebrale o di un disturbo neurologico. In questi casi si parla di alessitimia acquisita e si riferisce alla presenza di una ridotta consapevolezza emotiva nei pazienti a seguito dell’insorgenza di una malattia o di un trauma che comporta un disturbo cerebrale.

E’ possibile misurare l’assenza di emozioni?


Per misurare l’alessitimia esistono diversi questionari che servono a valutare la difficoltà del soggetto nel descrivere le emozioni oppure nel distinguerle dalle sensazioni fisiche. Altri test cercano di comprendere la mancanza di introspezione, la ridotta capacità di immaginazione e di produrre fantasie. Tra i test più utilizzati al mondo ci sono gli strumenti diagnostici messi a punto dai ricercatori dell’Università di Toronto. Gli psicologi hanno formulato un questionario chiamato Toronto Alexithymia Scale che consiste in 20 affermazioni. Il soggetto deve attribuire a ciascuna di queste un punteggio da 1 a 5 sulla base di quanto si sente in accordo. I limiti di questo test consistono nel fatto che le descrizioni soggettive degli stimoli possono compromettere i risultati. Per questo motivo gli studiosi hanno elaborato un altro strumento che si è rivelato ancora più efficace per diagnosticare l’assenza di emozioni. Si tratta della Toronto Structured Interview for Alexithimya, un’intervista strutturata che riesce a raccogliere risposte più oggettive migliorando di fatto i risultati forniti dal test precedente.

Come si fa a vivere in assenza di emozioni?


Vivere in assenza di emozioni è un’esperienza particolarmente dolorosa che genera sofferenza in chi la sperimenta. L’alessitimia infatti comporta numerose difficoltà sul piano personale e sociale. Questa condizione non permette di collegare le esperienze con i rispettivi stati d’animo. Una persona alessitimica potrebbe ad esempio essere in grado di raccontare nel dettaglio una situazione senza riuscire ad esprimere il vissuto emotivo che l’ha accompagnata. Quando non si entra in contatto con la sfera emotiva si perde una serie importante di informazioni anche a livello introspettivo. I soggetti alessitimici tendono perciò a concentrarsi maggiormente su quello che accade all’esterno piuttosto che elaborare i propri processi interiori. Inoltre nelle relazioni interpersonali l’assenza di emozioni rappresenta un forte limite sociale. Una persona alessitimica appare spesso come indifferente o incapace di lasciarsi coinvolgere dalle esperienze. Nella comunicazione dunque sembra non interessarsi dello stato d’animo altrui e risulta poco empatica. E’chiaro che le conseguenze di questi sintomi possono comportare un isolamento sociale che si aggiunge al problema già in atto.

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Revisori

reviewer

Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.