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Insonnia familiare fatale: una malattia misteriosa e inesorabile

Hai mai sentito parlare dell’insonnia familiare fatale? Si tratta di una condizione estremamente grave, con un esito inevitabile che coincide con la morte. È una malattia di stampo neurodegenerativo che si trasmette a livello genetico, ma per fortuna estremamente rara. Il decorso varia tra i 7 e i 36 mesi, per i casi registrati dalla letteratura scientifica.

Come suggerisce il nome stesso, si presenta come una difficoltà a dormire che, in un primo periodo, non è molto accentuata, ma poi diventa sempre più grave fino a deperire completamente chi ne soffre, sia dal punto di vista fisico che da quello psichico. Da quando venne descritta per la prima volta nel 1765 non è ancora stata trovata una terapia: ad oggi questa insonnia fatale è incurabile.

Nel nostro articolo scoprirai come si sviluppa e come riconoscerla.

Le cause dell’insonnia familiare fatale

L’insonnia familiare fatale è una malattia degenerativa da prioni: viene causata da una proteina che degenera assumendo una diversa forma che comporta caratteristiche differenti: nello specifico, non si scioglie più in acqua e non viene scalfita da nessun tipo di degradazione a cui normalmente tutti i componenti cellulari vengono sottoposti. Questa proteina, quindi, invece di venire eliminata, si accumula in corrispondenza del sistema nervoso centrale, nello specifico del talamo. Lo stesso tipo di processo caratterizza l’insorgenza del cosiddetto morbo della mucca pazza, una forma particolare e purtroppo divenuta famosa anni fa del morbo di Creutzfeldt-Jakob.

Ma come avviene la modificazione proteica alla base della patologia dell’insonnia familiare fatale? Tramite trasmissione genetica, per modello autosomico dominante. Ciò significa che la parte mutata si trova su un cromosoma non sessuale (questi sono definiti autosomi) e basta che un solo cromosoma dei due presenti in ciascuna coppia la veicoli, affinché questo carattere venga irrimediabilmente trasmesso da genitore a figlio.

In pratica, assumendo che ciascun gene è formato da due cromosomi e che uno solo di ciascun genitore va a costituire il gene del figlio, se un genitore è portatore dell’insonnia familiare fatale, la probabilità che questa si trasmetta alla generazione successiva è pari a una su due. Trattandosi di una mutazione autosomica, tutto ciò avviene in maniera indipendente dal genere del bambino che dovrà nascere, e senza la possibilità di portatori sani, ovvero di bambini che, pur avendo la malattia presente nel genoma, non ne presentano i sintomi. Fortunatamente si tratta di un’evenienza estremamente rara: in tutto il mondo si stima che siano una cinquantina le famiglie affette da questa piaga.

Oltretutto, l’ereditarietà è praticamente l’unico modo possibile in cui l’insonnia familiare fatale può venire trasmessa, dal momento che mutazioni spontanee del gene che ne è responsabile sono molto difficili. Nello specifico, la mutazione può avvenire sul gene PRNP, che regola la produzione di una proteina della quale tutt’oggi ignoriamo la funzione, la proteina prionica. In questa evenienza, la modificazione avviene nel momento il cui lo spermatozoo o l’ovulo vengono prodotti, in assenza di membri della famiglia che soffrono di questa patologia. Il gene mutato, però, sarà capace di trasmettere alla prossima generazione la sua variazione nel modo che abbiamo visto prima.

I sintomi dell’insonnia familiare fatale

Abbiamo detto che questa patologia si manifesta come un’autentica insonnia fatale, che presenta specifici sintomi che devono mettere in allarme chi ne viene colpito. Generalmente le prime manifestazioni insorgono dopo i 20 anni e prima dei 60, quindi riguardano la popolazione adulta, indifferentemente per donne e uomini.

Inizialmente è molto difficile pensare all’insonnia familiare fatale, dato che i segni sono sovrapponibili a quelli dell’insonnia tipica. Il quantitativo di ore che vengono dedicate al riposo notturno diminuisce, fino a quando la malattia progredisce e il quadro si aggrava, con sempre meno ore dormite a notte.

Naturalmente ci sono effetti che si allargano anche alla vita diurna: non di rado i pazienti manifestano, esattamente come nel disturbo da insonnia, affaticamento e sonnolenza durante il giorno. Piuttosto peculiare, invece, è la frequenza di sogni lucidi, un’esperienza in cui si è coscienti di stare dormendo e per questo motivo, senza svegliarsi, ci si può muovere nel sogno come si vuole.

Sono presenti spesso anche segni neurologici che fanno pensare alla presenza di insonnia familiare fatale:

  • malfunzionamenti del sistema nervoso autonomo, ovvero la rete neurale che si occupa di regolare tutto ciò che è involontario, come i rifessi;
  • variazioni fisiologiche della temperatura corporea, nella normale respirazione (frequenti episodi di tachipnea), nella sudorazione e nella lacrimazione, che diventano eccessive, e nella pressione arteriosa, che si alza notevolmente;
  • costipazione e difficoltà a deglutire;
  • disfunzioni a livello sessuale;
  • possibilità di visione doppia e anomalie nello sguardo;
  • dal punto di vista cognitivo, molte funzioni vengono alterate, come l’attenzione, la memoria a breve termine, l’elaborazione del pensiero che diventa più lenta, il linguaggio (viene sviluppata spesso disartria, ovvero difficoltà ad articolare i suoni che compongono le parole);
  • perdita delle capacità di coordinazione e anche di massa corporea.

Le difficoltà psichiche, man mano che il paziente vede la situazione aggravarsi, portano a un progressivo isolamento e incapacità di interagire con il mondo in maniera adeguata. Nonostante generalmente le facoltà intellettive non subiscano un declino, la persona può giungere a uno stato di completa dissociazione dalla realtà, simile a quanto accade nei deliri psicotici.

Sempre più importanti diventano la perdita di tono muscolare, che si accompagna a debolezza e difficoltà a controllare i movimenti, oltre alle alterazioni dell’umore: l’insonnia predispone allo sviluppo di depressione e stati apatici.

Il decorso dell’insonnia familiare fatale

Abbiamo detto che l’insonnia familiare fatale si manifesta quando il paziente è già adulto. Dal momento in cui compaiono i primi sintomi possiamo distinguere quattro fasi successive.

  • La prima inizia con i primi segni di insonnia. In pochi mesi quello che sembrava un comune disturbo del sonno peggiora, anche in maniera drastica, fino a che il paziente non inizia a sviluppare fobie, attacchi di panico e ideazione paranoide. Un sintomo che deve destare allarme è la presenza di sogni lucidi.
  • Nei successivi cinque mesi peggiorano i segni di attinenza psichiatrica che si sono sviluppati e il protrarsi dell’insonnia inizia a causare allucinazioni. È a questo punto che iniziano a diventare evidenti anche le variazioni fisiologiche di cui parlavamo prima, come la stitichezza, l’iperventilazione, l’aumento della pressione.
  • Segue una fase in cui l’insonnia diventa praticamente totale, di durata di circa tre mesi.
  • L’ultima fase della malattia è un’agonia che può durare anche sei mesi, nel corso dei quali lo stato cognitivo del paziente peggiora in maniera impressionante, come accade in una demenza. La compromissione è tale che la persona non riesca più nemmeno a muoversi autonomamente né a parlare quando lo desidera. Uno stato di coma, infine, precede inesorabilmente la morte.

Come si riconosce l’insonnia familiare fatale?

Oltre alla presenza dei sintomi, c’è anche un iter diagnostico che consente di accertare la presenza di insonnia familiare fatale. Si combinano diversi metodi di valutazione, da quella osservativa, che si basa su ciò che il clinico riesce a rilevare dal paziente e dai sintomi che riporta, al netto di una precedente anamnesi (in cui vengono raccolti i dati personali e relativi alla famiglia), fino agli esami strumentali.

Il modo più ovvio per provare che si tratti proprio di questa malattia è il test genetico molecolare, ma non sempre si rivela efficace. La polisonnigrafia, invece, viene eseguita a casa del paziente e serve per registrare l’effettiva diminuzione delle ore dormite.

Anche le tecniche di neuroimmagine sono molto utili: la PET dimostra il deficit di attività cerebrale nel talamo, mentre la TAC e la risonanza magnetica sono preziose per escludere altre condizioni che presentano elementi simili all’insonnia familiare fatale.

Alla ricerca di una terapia

Chi soffre di insonnia familiare fatale non può contare, oggi, sul prezioso supporto della speranza di guarigione, dal momento che ancora non è stata trovata una terapia efficace. Del resto, si tratta di una patologia talmente rara da rendere difficile la ricerca e la pratica clinica.

Tuttavia, sono state osservati alcuni legami tra certi comportamenti e le risposte della malattia:

  • alcuni farmaci possono peggiorare i sintomi, quindi interromperli migliora la qualità della vita del paziente;
  • gli psicofarmaci ansiolitici e ipnoinducenti che normalmente apportano beneficio all’insonnia, in questo caso non funzionano, mentre uno spiraglio promettente deriva dal gamma-idrossibutirrato;
  • il sondino, in fase avanzata, permette di arginare i problemi di deglutizione;
  • è fondamentale, sia per il paziente che per i suoi cari, il supporto da parte di esperti della salute mentale ma anche da parte degli amici, valido aiuto per accompagnare questo tragico decorso.

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Revisori

reviewer

Dott. Raffaele Avico

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista certificato EMDR I

Ordine degli Psicologi del Piemonte num. 5822

Psicoterapeuta, psicotraumatologo e terapista EMDR. È membro della ESDT (European Society for Trauma and Dissociation) e socio AISTED (Associazione italiana per lo studio del trauma e della dissociazione).

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Dott. Rosario Urbani

Psicoterapeuta specializzato in cognitivo comportamentale

Ordine degli Psicologi della Campania num. 6653/A

Laureato in Neuroscienze presso la Seconda Università di Napoli. Specializzato presso l’istituto Skinner in psicoterapia cognitivo comportamentale. Analista del comportamento ABA e specializzato anche nella tecnica terapeutica dell'EMDR.

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Dott.ssa Maria Vallillo

Psicoterapeuta specialista in Lifespan Developmental Psychology

Ordine degli Psicologi del Lazio num. 25732

Laurea in Psicologia presso l'Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in psicoterapia e psicologia del ciclo di vita presso l’Università la Sapienza di Roma. Esperta in neuropsicologia e psicodiagnostica e perfezionata in psico-oncologia.