Famiglie omogenitoriali: il punto di vista dei figli

In un film del 2021 intitolato Great Freedom (La grande libertà), viene raccontata la storia di Hans Hoffman, condannato ripetutamente al carcere per la sua omosessualità.

Come forse pochi sanno, in Germania l’omosessualità è stata considerata un crimine fino al 1969; mentre in altre parti del mondo è stata trattata come una psicopatologia almeno fino al 1990, anno in cui l’OMS l’ha definita come una variante del comportamento sessuale umano.

Solo negli ultimi anni, grazie ai continui sforzi del movimento LGBT, le coppie omosessuali hanno acquisito diritti civili: dal 2016, in Italia, è ad esempio legale l’unione civile tra coppie dello stesso sesso.

In questo articolo andremo ad analizzare il significato di omogenitorialità e cosa significa, per i figli, vivere all’interno di una famiglia non tradizionale.

Famiglie omogenitoriali o non tradizionali

Per famiglie omogenitoriali, chiamate anche famiglie arcobaleno, si intendono tutti quei nuclei familiari composti da genitori omosessuali. Ancora oggi, la questione risulta spinosa dal punto di vista dell’opinione pubblica, alzando di sovente dibattiti e portando a episodi di violenza molto gravi.

Secondo un sondaggio, l’Italia sarebbe un paese fortemente omofobo: quasi il 92% delle persone LGBT testimonia di aver subito discriminazioni nel corso della propria vita.

L’omogenitorialità dal punto di vista dei figli

Nel corso degli anni sono stati effettuati svariati studi sulle famiglie omogenitoriali, per comprendere il rapporto tra l’esistenza di questi nuclei familiari e una crescita emotivamente e psicologicamente sana per i loro figli.

Chi si dice contrario alle unioni omogenitoriali, non di rado porta come argomento a favore della propria ipotesi la salute mentale dei più piccoli, che potrebbero soffrire a causa dell’assenza di una madre e di un padre.

Eppure, in più di 50 studi condotti negli ultimi anni, si è dimostrato che questa paura non ha ragione di esistere: i bambini cresciuti con coppie omogenitoriali hanno le stesse possibilità dei figli nati in famiglie tradizionali di crescere in maniera sana dal punto di vista emotivo, fisico e psicologico.

Questa è l’ipotesi, appunto, dell’American Psychiatric Association. Ma è anche l’ipotesi di svariati ricercatori italiani e australiani, che testimoniano:

“Children in same-sex parent families had higher scores on measures of general behavior, general health and family cohesion compared to population normative data”.

Altre ricerche sulle famiglie omogenitoriali

Altre ricerche testimoniano che:

  • non c’è nessun legame tra genitori omosessuali e maggiore incidenza di problematiche legate alla salute mentale;
  • i bambini cresciuti con genitori omosessuali non sono portati a sviluppare confusione di genere (il loro orientamento sessuale non è influenzato da quello delle figure genitoriali);
  • l’orientamento sessuale delle figure di riferimento non influenza il benessere dei bambini;
  • questo benessere è invece influenzato dal tipo di legame, dal clima familiare e da altri fattori ambientali;
  • i bambini che crescono in famiglie omogenitoriali, soffrono per la discriminazione subita al di fuori del nucleo familiare e non per il nucleo familiare stesso.

Famiglie omogenitoriali: una sfida

La sfida vissuta dalle famiglie omogenitoriali non è una sfida interna al nucleo familiare.

Piuttosto, è un conflitto che troppo spesso viene vissuto tra l’interno (la famiglia) e l’esterno (il mondo); un mondo in cui l’omofobia è ancora all’ordine del giorno e, come testimoniano i tanti casi di cronaca, può portare a esiti tragici e a problematiche come stigma sociale e profondo disagio psicoemotivo.

Basta dare uno sguardo alla ricerca sopracitata per rendersi conto che i figli di coppie omogenitoriali non tendono a sviluppare problematiche interne al nucleo familiare, a meno che tale nucleo non sia problematico da altri punti di vista, che possono interessare sia le famiglie omogenitoriali che quelle omosessuali (conflitti tra i genitori, clima familiare poco favorevole allo sviluppo emotivo e via dicendo).

Per di più, sembra esserci un legame tra l’essere cresciuti con genitori omosessuali e l’essere più propensi al confronto e al rispetto degli altri; oltre che allo sviluppo di capacità dialogiche e di confronto su questioni spinose come il bullismo, lo stigma sociale, il razzismo e la discriminazione.

Il futuro delle famiglie omogenitoriali

La speranza è che, in futuro, i bambini cresciuti con genitori omosessuali possano vivere una vita serena nel rapporto con il mondo esterno, che andrà ad evolversi portando ad una diminuzione del tasso di discriminazione sia nei confronti degli omosessuali che nei confronti dei loro figli.

Diventa di fondamentale importanza chiedere un supporto se si vivono esperienze di discriminazione, che possono portare il bambino ad isolarsi socialmente pur di non subire il dolore causato dal giudizio degli altri.

Ricordiamo infine che non c’è nulla di sbagliato nel cercare sostegno in uno psicoterapeuta o in uno psicologo infantile: l’unico vero motivo di vergogna è l’odio e la discriminazione nei confronti degli altri.

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Revisori

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Dott. Domenico De Donatis

Medico Psichiatra

Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Pescara n. 4336

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Parma. Specializzazione in Psichiatria presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna.

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Dott. Federico Russo

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Neuropsicologo, Direttore Clinico di Serenis

Ordine degli Psicologi della Puglia n. 5048

Laurea in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a indirizzo neuropsicologico presso l’Istituto S. Chiara di Lecce.

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Dott.ssa Martina Migliore

Psicologa Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

Ordine degli Psicologi dell'Umbria n.892

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, docente e formatrice. Esperta in ACT e Superhero Therapy. Membro dell'Associazione CBT Italia, ACT Italia e SITCC. Esperta nell'applicazione di meccaniche derivanti dal gioco alle strategie terapeutiche evidence based e alla formazione aziendale.