Binge eating disorder: sintomi, cause e cura
Affrontare il binge eating può portare a una maggiore consapevolezza emotiva e comportamentale, consentendo di gestire in modo più sano l'alimentazione e di migliorare il benessere complessivo.

Cos'è il Binge Eating Disorder (BED)? La traduzione dall’inglese aiuta a comprenderne meglio il significato: binge eating vuol dire letteralmente “abbuffata di cibo”, espressione che descrive in modo diretto il nucleo del disturbo.
In questo articolo vedremo cos’è il binge eating, quali sono i suoi sintomi principali, le sue cause e quali percorsi terapeutici si sono dimostrati più efficaci.
Binge Eating Disorder: cos'è?
Conosciuto anche come disturbo da alimentazione incontrollata, il binge eating è a tutti gli effetti un disturbo alimentare. Secondo il DSM-5, il binge eating disorder viene diagnosticato quando si verificano episodi ricorrenti di abbuffate, durante i quali la persona consuma una quantità di cibo molto superiore al normale in un tempo ristretto, accompagnata da una netta sensazione di perdita di controllo.
Oltre ai criteri diagnostici, il DSM-5 definisce anche una classificazione della gravità basata sul numero di episodi settimanali:
- lieve: 1–3 episodi a settimana
- moderata: 4–7 episodi a settimana
- grave: 8–13 episodi a settimana
- estrema: 14 o più episodi a settimana
Questa scala consente di valutare l’impatto del disturbo sulla vita quotidiana e orientare un percorso terapeutico adeguato.
A differenza della bulimia nervosa, le abbuffate del binge eating non sono seguite da condotte compensatorie come vomito autoindotto, digiuno o esercizio fisico estremo.
Quali sono i sintomi del binge eating disorder?
II sintomi del binge eating includono una serie di comportamenti ed emozioni ricorrenti che aiutano a riconoscere il disturbo.
Gli episodi di abbuffata causano sofferenza emotiva e sono associati a comportamenti tipici come:
- consumare cibo molto rapidamente;
- continuare a mangiare fino a sentirsi dolorosamente pieni;
- alimentarsi anche in assenza di fame;
- mangiare da soli o isolarsi per evitare che altri assistano all’episodio;
- provare disgusto, tristezza, perdita di autostima o forte senso di colpa dopo l’abbuffata.
Questi sintomi tendono a creare un circolo vizioso in cui emozioni negative, abbuffate e restrizioni alimentari si rinforzano a vicenda, rendendo difficile interrompere il disturbo senza un supporto adeguato.
Test: scopri se potresti soffrire di binge eating
Se alcuni dei sintomi descritti sopra ti sembrano familiari, puoi provare un test sui disturbi alimentari. Non fornisce una diagnosi ufficiale, ma può aiutarti a individuare eventuali pattern disfunzionali nel tuo rapporto con il cibo e le emozioni.
Ricorda: l’unico modo per ottenere una diagnosi accurata è rivolgersi a professionisti esperti, come gli psicoterapeuti e i nutrizionisti esperti in DCA di Serenis.
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Quali sono le cause del binge eating disorder?
Le cause del binge eating disorder possono essere diverse e rappresentano spesso la combinazione di fattori che, nel tempo, alterano profondamente il rapporto con il cibo. Comprendere questi meccanismi è fondamentale per interpretare i sintomi e capire cos’è davvero il disturbo da alimentazione incontrollata.
Di seguito analizziamo le principali origini del binge eating.
Cause comportamentali
Una delle motivazioni più comuni riguarda le persone che seguono diete rigide o impongono severe limitazioni all’assunzione di cibo. Questa forma di deprivazione può aumentare frustrazione, stress e desiderio di cibo, diventando una delle principali scintille che scatenano le abbuffate.
In altri casi si osservano pattern simili a una dipendenza da cibo, caratterizzati da craving intensi e perdita di controllo: meccanismi che alimentano ulteriormente il circolo vizioso delle abbuffate.
È importante considerare, inoltre, che il disturbo può manifestarsi anche dopo periodi di restrizione alimentare marcata o dopo precedenti storie di altri disturbi alimentari.
Cause psicologiche e biologiche
Il binge eating può rappresentare una risposta emotiva a vissuti difficili da gestire: un modo disfunzionale per affrontare emozioni negative o senso di inadeguatezza.
Le radici possono affondare in esperienze profonde, come:
- esperienze di abuso o traumi;
- critiche ricevute durante l’infanzia per l’aspetto fisico o il peso;
- esposizione a continui conflitti familiari;
- scarsa autostima;
- sensazione di non essere mai abbastanza o di non sentirsi accettati.
Sul piano biologico, la ricerca suggerisce che ormoni coinvolti nella regolazione della fame e della sazietà, come insulina e leptina, possano contribuire alla comparsa delle abbuffate, influenzando il comportamento alimentare.

Chi è più a rischio di binge eating?
Il binge eating può colpire persone di qualsiasi età, ma alcune categorie risultano più a rischio di sviluppare il disturbo. In generale, è più frequente nelle donne, ma è molto diffuso anche tra gli uomini, più di quanto accada con altri disturbi alimentari come l’anoressia maschile.
La fascia d’età maggiormente coinvolta è quella dei giovani adulti tra i 20 e i 30 anni, che mostrano una maggiore vulnerabilità soprattutto in presenza di stress o difficoltà emotive.
Il disturbo da alimentazione incontrollata è inoltre spesso associato al sovrappeso e all’obesità: si stima che oltre il 50% delle persone obese e dei pazienti candidati alla chirurgia bariatrica soffrano di binge eating.

Conseguenze e rischi del binge eating
Le conseguenze del binge eating disorder possono interessare sia il corpo che la sfera emotiva, generando rischi che nel tempo compromettono il benessere generale. Per comprenderne l’impatto, è utile distinguere tra conseguenze fisiche e psicologiche.
Conseguenze fisiche
Tra gli effetti fisici più comuni del binge eating disorder troviamo:
- aumento di peso e tendenza al sovrappeso o obesità;
- problemi gastrointestinali, gonfiore e dolore addominale;
- mancanza di energia, sonnolenza e fiacchezza;
- reflusso acido, crampi e bruciori di stomaco;
- diarrea e costipazione;
- pressione sanguigna elevata e aumento del rischio di sviluppare diabete di tipo 2;
- aumento del rischio di malattie cardiovascolari e resistenza all'insulina.
Conseguenze psicologiche e relazionali
Oltre ai sintomi fisici, il binge eating può influire profondamente anche sulla salute mentale e sulle relazioni. Tra gli effetti più frequenti:
- sentimenti di colpa e vergogna dopo le abbuffate;
- aumento del rischio di disturbi dell'umore;
- sentimenti negativi riguardo al proprio corpo e alle proprie abitudini alimentari;
- tendenza a mangiare in solitudine per evitare il giudizio.
Considerate nel loro insieme, queste conseguenze evidenziano la complessità del disturbo e la necessità di un intervento mirato che affronti sia gli aspetti fisici che quelli emotivi.
Come si cura il binge eating?
Il trattamento per guarire dal binge eating deve essere il più possibile multidisciplinare. Un team composto da medici, psicologi, psichiatri e nutrizionisti può garantire un intervento globale che copra tutti gli aspetti della vita del paziente. I centri specializzati in disturbi alimentari offrono un supporto prezioso per affrontare e superare il binge eating e altri comportamenti disfunzionali legati all'alimentazione.
Psicoterapia per superare il binge eating
Gestire lo stress, avere il controllo dei propri pensieri e riconoscere le proprie emozioni sono aspetti fondamentali per la cura del binge eating: la psicoterapia può essere un grande aiuto per chi soffre di disturbi alimentari.
In particolare, la terapia cognitivo-comportamentale ha dei protocolli precisi con forte evidenza scientifica:
- CBT-E (Cognitive Behavior Therapy—Enhanced): un protocollo strutturato e manualizzato con compiti a casa, auto-monitoraggio, piani anti-abbuffata e lavoro su pensieri/credenze riguardo a peso, forma del corpo e controllo;
- IPT (Terapia Interpersonale): una forma di intervento che si focalizza sulla qualità delle relazioni della persona e su come difficoltà interpersonali, tensioni o cambiamenti importanti nella vita possano influenzare il disagio emotivo.
Con Serenis puoi intraprendere un percorso di psicoterapia online con i nostri professionisti, scegliendo il più adatto alle tue esigenze.
Mindful eating e consapevolezza alimentare
Un approccio all'alimentazione spesso consigliato per migliorare il proprio rapporto con il cibo è quello della mindful eating. Si tratta di una pratica che incoraggia le persone a rallentare, a essere attente alle sensazioni fisiche, emozionali e mentali legate all'atto di mangiare, e a prestare attenzione agli stimoli interni ed esterni che influenzano le scelte alimentari. Si basa dunque sull'essere consapevoli e presenti durante il consumo di cibo.
Ho seguito un paziente di quasi 50 anni con binge-eating, autolesionismo e ideazione paranoide. Il trattamento integrato, psicoterapeutico e farmacologico, ha avuto cadenza bisettimanale e si è protratto per circa un anno. Durante questo periodo, si è osservata una significativa diminuzione dell'autolesionismo e un miglior controllo dell'ideazione paranoide, migliorando la gestione degli affetti negativi. Le abbuffate sono diventate occasionali con quantitativi di cibo ridotti. Nel follow-up a 8 mesi, sono stati necessari aggiustamenti della terapia farmacologica per prevenire la ricorrenza dei sintomi paranoidi e ossessivi.
Sensibilizzazione: cos'è la giornata del Fiocchetto Lilla?
Il 15 marzo si commemora la "Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla", dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare (DCA). Queste patologie rappresentano una sfida per la salute pubblica e richiedono un'attenzione particolare sia dal punto di vista sanitario che sociale, data la loro diffusione crescente e l'insorgenza sempre più precoce.
Oltre ai disturbi più noti esistono comportamenti disfunzionali (es. chewing and spitting) e quadri correlati come la dismorfofobia muscolare (vigoressia), che richiedono comunque una valutazione specialistica.
Sitografia
Bibliografia
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de Zwaan, Martina (2001)
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Trattamento del disturbo da alimentazione incontrollata: una revisione sistematica di studi clinici randomizzati. — International Journal of Eating Disorders 40.4, pp. 337-348
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