Claustrofobia: cos'è, cause, sintomi e trattamento
La claustrofobia è la paura intensa e irrazionale degli spazi chiusi o stretti, che provoca ansia, panico e sintomi fisici come battito veloce e difficoltà a respirare.

Che cos’è la claustrofobia?
La claustrofobia è una paura intensa e non razionale degli spazi chiusi o piccoli. Chi ne soffre può provare forte ansia o panico. I sintomi fisici possono includere battito accelerato, difficoltà a respirare e sudorazione e quelli psicologici invece la sensazione di essere bloccati o in pericolo.
Questa malattia rientra nella categoria delle fobie specifiche come ad esempio anche l'agorafobia o la talassofobia, e fanno parte dei disturbi d'ansia, come descritto nel DSM-5.

Quali sono i sintomi della claustrofobia?
I sintomi della claustrofobia si dividono in tre gruppi principali: sintomi legati alla situazione, sintomi mentali e sintomi fisici.
Sintomi legati alla situazione e anticipatori:
- Paura di restare bloccati: si presenta quando la persona sente di non poter uscire facilmente dal posto in cui si trova come ad esempio un ascensore bloccato.
- Paura di spazi stretti: è collegata alla sensazione di essere fisicamente bloccati. Potrebbe capitare anche nel bagno di un treno o in aereo.
- Evitare la folla: la persona evita posti affollati come eventi o mezzi pubblici pieni.
- Evitare spazi piccoli: come cantine basse o bagni senza finestre. La persona preferisce non entrare in questi posti per non sentirsi chiusa.
Sintomi psicologici o cognitivi:
- Paura di perdere il controllo: la persona teme di non riuscire a gestire l’ansia o la paura in uno spazio chiuso e piccolo.
- Paura di soffocare: anche se respira normalmente, ha la sensazione che manchi l’aria.
- Ansia anticipatoria: pensa che, in caso di pericolo, non riuscirebbe a uscire da un luogo particolare come un ascensore, un tunnel o una strettoia.
Sintomi fisici:
- Difficoltà a respirare
- Sudorazione eccessiva
- Tachicardia
- Tremore muscolare
- Vertigini
- Sensazione di svenimento
L'entità di questi sintomi può variare notevolmente da persona a persona, e vanno da un lieve disagio a veri e propri attacchi di panico.
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Quali sono le cause della claustrofobia?
Secondo il DSM, le origini della claustrofobia possono essere diverse e possono includere fattori psicologici, biologici e ambientali.
Spesso, sono associate a un evento traumatico come spiega la teoria del condizionamento classico. Una persona che ha vissuto una situazione in cui è rimasta chiusa in uno spazio chiuso e ha avuto una forte paura, può successivamente sentire paura nel momento in cui si trova in una situazione simile.
Il ruolo giocato dalla genetica è stato studiato nel 2013 (Ziegler et al., 2013) che ha collegato la claustrofobia a un gene chiamato GPM6A, che produce una proteina presente nei neuroni e attiva in situazioni di stress. Negli esseri umani, gli scienziati hanno trovato varianti del gene GPM6A più comuni tra le persone con claustrofobia: una di queste varianti si trova in una parte del gene che non produce proteine ma regola l’attività del gene stesso. Questa variante impedisce a una molecola chiamata miR124 di regolare il gene in risposta allo stress. Senza questa regolazione, il cervello può reagire in modo eccessivo a situazioni che sembrano minacciose. Lo studio suggerisce che un malfunzionamento del gene GPM6A, unito a esperienze stressanti, può aumentare il rischio di claustrofobia.

Quanto dura la claustrofobia?
Tra i criteri che vengono consultati per stabilire se si possa fare diagnosi di claustrofobia, è presente anche un criterio temporale. Pertanto, i sintomi devono durare almeno sei mesi e presentarsi con costanza ogni volta che lo stimolo fobico si presenta.
Ovviamente la durata della claustrofobia è in realtà strettamente legata al suo trattamento. Ci sono persone che vanno avanti a soffrirne per tutta la vita, mentre altre trovano delle strategie di gestione efficaci in breve tempo e riescono a raggiungere la remissione dei sintomi.
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Trattamento per la claustrofobia
Il trattamento della claustrofobia si basa su percorsi terapeutici che aiutano la persona a ridurre la paura e a gestire le situazioni difficili. Il metodo più usato è la psicoterapia cognitivo comportamentale, che insegna a riconoscere i pensieri negativi legati agli spazi chiusi e a sostituirli con pensieri più realistici. Spesso si usano anche tecniche di esposizione graduale, dove la persona ha la possibilità di affrontare situazioni claustrofobiche in modo controllato e progressivo, per abituarsi poco a poco. Tecniche di rilassamento e respirazione aiutano a gestire i sintomi fisici come il battito accelerato o la mancanza d’aria.
Nei casi in cui i sintomi siano intensi tanto da limitare il normale svolgimento delle funzioni quotidiane, il terapeuta può decidere di rimandare il paziente ad uno psichiatra che può prescrivere farmaci ansiolitici o antidepressivi, ma solo per brevi periodi e sotto controllo medico.
Se soffri di claustrofobia e senti il bisogno di un supporto psicologico, puoi rivolgerti a noi di Serenis. I nostri terapeuti hanno in media 13 anni di esperienza e si occupano anche di disturbi d'ansia, in particolare di fobie specifiche. Per poter prenotare un primo colloquio gratuito, ti basta compilare il nostro questionario. Successivamente le sedute costano 49 € l'una.
Fonti:
- El-Kordi, A., Kästner, A., Grube, S., Klugmann, M., Begemann, M., Sperling, S., Hammerschmidt, K., Hammer, C., Stepniak, B., Patzig, J., de Monasterio-Schrader, P., Strenzke, N., Flügge, G., Werner, H. B., Pawlak, R., Nave, K. A., & Ehrenreich, H. (2013). A single gene defect causing claustrophobia. Translational psychiatry, 3(4), e254.
- Vadakkan, C., & Siddiqui, W. (2023). Claustrophobia. In StatPearls. StatPearls Publishing.
- Björkman-Burtscher I. M. (2021). Claustrophobia-empowering the patient. European radiology, 31(7), 4481–4482